Cd della Stradivarius http://stradivarius.it/scheda |
In collaborazione con
Alessio Miscin
L’IMBALSAMATORE
monodramma giocoso da camera
musica e regia di Giorgio Battistelli
testo di Renzo Rosso
Ensemble “Giorgio Bernasconi”
dell’Accademia Teatro alla Scala
Marco Angius, direttore
con Riccardo Massai
Milano, Piccolo Teatro Studio
25, 26 ottobre 2013
COMUNICATO STAMPA
Venerdì 25 ottobre 2013 (ore 20.30) con replica sabato 26, al Piccolo Teatro Studio,
nell’ambito della 22ª edizione del Festival di Milano Musica, l’Ensemble “Giorgio Bernasconi”
dell’Accademia Teatro alla Scala, diretto da Marco Angius, porta in scena per la prima volta a
Milano L’imbalsamatore, monodramma giocoso da camera di Giorgio Battistelli, autore anche
della regia, su testo di Renzo Rosso.
Protagonista del monodramma, Riccardo Massai. Scene, luci e costumi sono affidati ad Angelo
Linzalata, live electronics ad Alvise Vidolin.
Commissionato nel 2001 dall’Almeida Festival di Londra a Giorgio Battistelli, uno dei più raffinati
compositori contemporanei, L’imbalsamatore giunge a Milano dopo essere stato rappresentato in prima
italiana a Siena nel 2009, nell’ambito della 66ª Settimana Musicale Senese, per l’Accademia Musicale
Chigiana.
Nel monologo, l’imbalsamatore Alessio Miscin, qui interpretato da Riccardo Massai, incaricato della
conservazione del corpo di Lenin, intrattiene con la salma una stravagante conversazione, in cui, in preda
ai fumi dell’alcool, disserta della dissoluzione della propria vita, specchio della dissoluzione degli ideali
comunisti. Un inaspettato incidente impone nel finale una scelta drammatica e grottesca allo stesso
tempo.
Osserva Giorgio Battistelli: «Nel comporre ho adottato un procedimento di accumulazione, o meglio ho
creato una sequenza di fotogrammi sonori sottoposti a un lavoro di montaggio che si svolge, tuttavia, con
la continuità di cui la musica è capace. L’orchestra ha dimensioni cameristiche, sono 14 strumenti con un
percussionista che suona un vasto organico. Ho rinunciato a violini e viole restringendo la famiglia degli
archi a 3 violoncelli e 3 contrabbassi, anche nei fiati ho prediletto una timbrica scura. Il fraseggio,
compreso quello dei passaggi più lirici, è tutto affidato a questa sorta di profondità del suono che fa da
contrappeso all’ironia della situazione, sottolineandola a tratti per contrasto».
Per i giovani componenti dell’Ensemble dell’Accademia lo spettacolo costituisce una prova significativa nel
percorso formativo, che li vede approfondire un repertorio ancora inesplorato quale quello
contemporaneo e risulta particolarmente preziosa l’occasione di esibirsi nell’ambito di un festival
prestigioso come quello di Milano Musica, dedicato quest’anno alla memoria di Luciana Abbado
Pestalozza, promotrice instancabile fino alla scomparsa nel 2012.
L’Ensemble “Giorgio Bernasconi”, così denominato in ricordo del Maestro che ne è stato fondatore e
animatore, oggi si avvale del coordinamento didattico di Marco Angius, direttore sensibile e attento,
specialista di tale repertorio.
Biglietti: in vendita durante tutto il Festival, tutti i giorni, dal lunedì al sabato, dalle ore 12 alle
18 (domenica solo nei giorni dei concerti) e durante gli spettacoli, presso il Piccolo Teatro Studio, un’ora
prima della rappresentazione.
Intero € 20 / Ridotto (under 30, over 60) € 13
Convenzionati e Soci Milano Musica/La Scala Under30 € 10
Info Biglietteria 02 861 147, ore 12-18 (nei periodi di apertura) e-mail
Informazioni: Milano Musica tel. 02.20403478 – informazioni@milanomusica.it – www.milanomusica.org
L’IMBALSAMATORE
Cd della Stradivarius http://stradivarius.it/scheda |
di Giorgio Battistelli
Monodramma giocoso da camera
su testo di Renzo Rosso
Ensemble “Giorgio Bernasconi” dell’Accademia Teatro alla Scala
Marco Angius, direttore
Giorgio Battistelli, regia
Angelo Linzalata, scene, costumi e luci
Alvise Vidolin, live electronics
Bozzetto di Angelo Linzalata
L’imbalsamatore racconta gli ultimi momenti di vita dell’imbalsamatore del corpo di
Lenin, Alessio Miscin, che – appena abbandonato dalla moglie fuggita con un ballerino
assai più giovane di lui – si consola con birra e vodka e si lascia andare a riflessioni
disincantate, amare e dissacranti sulla sua vita personale e sul comunismo,
apprestandosi al periodico lavoro di conservazione della salma. Miscin, a tu per tu con
la salma di Lenin, decide di sperimentare una nuova sostanza che però
malauguratamente fa sbriciolare pezzo per pezzo il corpo del leader russo. Il finale è
grottesco e surreale: preso dal panico, Miscin decide di sostituire il suo corpo a quello
svanito di Lenin, si trucca e si inietta il liquido per l’imbalsamazione.
L’imbalsamatore è nato nel 2000 in seguito a una commissione del Teatro Almeida di Londra
dove è stato eseguito nel 2001 con la direzione di David Parry. Lo spunto risale al mio rapporto
di collaborazione e di amicizia con Renzo Rosso, drammaturgo italiano a mio avviso
ingiustamente dimenticato, del quale lessi molti anni fa Esercizi spirituali, un lavoro precedente
e speculare a Prova d’orchestra di Fellini. Fra i testi teatrali che mi aveva sottoposto rimasi
immediatamente colpito dalla forza dell’immagine contenuta nell’Imbalsamatore, da tutto quel
che significava sia dal punto di vista politico, sia dal punto di vista di una domanda sull’umano
come tale: la ritualità della conservazione di un corpo, la monumentalizzazione religiosa del
Capo, la convinzione che le idee possano sopravvivere alla morte e la constatazione che sono
mortali anch’esse, anzi che si disfano proprio come la salma di Lenin cade a pezzi sotto lo
sguardo incredulo di Miscin. Che alla fine l’imbalsamatore prenda il posto di Lenin, che il corpo
da esporre e da contemplare non sia quello del Capo, ma di un uomo qualunque, mi sembrava
una rivalsa dell’anonimato che fa la storia, quasi che il Milite Ignoto si fosse travestito da
grande condottiero per esporsi alla vista di tutti con l’astuzia dell’inganno. Il corpo morto è un
corpo privo d’identità. Se si tenta di restituirgliela inserendola in un contesto cerimoniale non si
fa che esporre, in realtà, l’uomo qualsiasi, privato di tutto ciò che dentro al corpo contribuiva a
dar forma all’esteriorità: gli organi, che sono uguali per tutti, e il pensiero, che è diverso in
ciascuno. L’associazione immediata, per me, è quella con la pittura di Francis Bacon, con il
fascino brutale della macelleria nella quale le carcasse sono appese, aperte, e lasciano vedere
un interno svuotato, privato di tutto il suo segreto, e conseguentemente della vita. La
sostituzione finale di Lenin con Miscin conferisce un valore letterale a questa intuizione.
Oltretutto si dice – non so se sia la verità, ma la fonte che me l’ha raccontato è attendibile –
che la vera salma di Lenin, quella per cui si fanno le code sulla Piazza Rossa, ha bisogno di una
manutenzione continua e che per questo, quando l’originale è sotto le cure estetiche di nuovi
imbalsamatori, la si sostituisce con quella di alcuni sosia conservati appositamente. Mi sono
detto sorridendo che la vita imita l’arte, ma in realtà niente mi sembra più ovvio
dell’intercambiabilità dei vari Lenin offerti all’ammirazione pubblica.
Certamente in tutto questo gioca un ruolo importante l’ironia, che Luciano Berio considerava la
grande assente nel panorama della musica contemporanea (ovviamente con alcune grandi
eccezioni, fra le quali un rilievo speciale spetta a Mauricio Kagel). Qui, però, l’ironia non è parte
del procedimento di scrittura, bensì mezzo di espressione, di racconto. Ma per me è stato
importante anche un altro aspetto, che legherei a una sorta di autobiografia musicale. Negli
anni che precedono la composizione dell’Imbalsamatore, la stagione del cosiddetto “impegno”
si era dissolta improvvisamente, il far musica era andato a sua volta incontro a processo di
imbalsamazione, evidente quando si limita a riciclare il già noto o a giocare con le forme del
passato considerandole come oggetti da manipolare a piacere.
In questa partitura, come in altre partiture precedenti (ad esempio Giacomo mio salviamoci e I
Cenci), ho ricavato alla dimensione della prosa un suo spazio naturale, grazie al quale la
recitazione assume un aspetto discorsivo che si riflette nella continuità della concezione
musicale senza però aderirvi in modo rigido. Questa impostazione aiuta i vari attori a muoversi
nella musica e aiuta quest’ultima a sorreggere l’intera arcata drammaturgica senza fungere né
da accompagnamento, né da commento. Un tessuto musicale continuo è infatti il ductus che
guida il discorso e permette ai singoli personaggi di definirsi, di individuarsi, senza forzare le
voci a entrare in uno schema ritmico predefinito, senza costringerle alla scansione metrica,
poetica, tipica del “verso” musicale. L’imbalsamatore è un monologo, ma in realtà è un testo
abitato da altri personaggi molto ben scolpiti, a cominciare da Lenin stesso e dalla moglie
diMiscin, Irina.
Nel comporre ho adottato un procedimento di accumulazione, o meglio ho creato una sequenza
di fotogrammi sonori sottoposti a un lavoro di montaggio che si svolge, tuttavia, con la
continuità di cui la musica è capace. Lavorare per sottrazione è anche una maniera per
facilitare il processo creativo. Lavorare per accumulazione è una sfida più complessa, perché
richiede il controllo di ogni dettaglio. Da questo punto di vista, un aiuto al controllo del
materiale musicale viene indubbiamente dalla libertà lasciata alla recitazione, al modo di
incastonare il testo nella partitura senza dargli l’ordine di un’adesione puntuale al processo
sonoro.
Le atmosfere che avevo in mente rinviavano alla tradizione della musica russa, una tradizione
lirica, cantabile, sentimentale se si vuole, che non rinvia solo ai nomi dei grandi autori
dell’Ottocento, da Čajkovskij a Musorgskij, ma che passando per Stravinskij e Šostakovič
arriva fino ai compositori delle generazioni più recenti, penso a Sofia Gubaidulina o ad Alfred
Schnittke. Non ci sono citazioni, è vero, o se ci sono non sono volute. Per me si trattava di
evocare un timbro russo, che a tratti diventa lapalissiano, per esempio quando compare un
tema di valzer, e in altri momenti magari è più nascosto, ma rimane sempre in qualche misura
riconoscibile perché metabolizzato nella condotta del fraseggio. Credo che il fraseggio sia
sempre importante nella musica, ma certo qui assume un rilievo speciale di cui ero
perfettamente consapevole mentre scrivevo, e che mi riportava a un’ambientazione russa.
L’orchestra ha dimensioni cameristiche, sono 14 strumenti con un percussionista che suona un
vasto organico. Ho rinunciato a violini e viole restringendo la famiglia degli archi a 3 violoncelli
e 3 contrabbassi, anche nei fiati ho prediletto una timbrica scura. Il fraseggio, compreso quello
dei passaggi più lirici, è tutto affidato a questa sorta di profondità del suono che fa da
contrappeso all’ironia della situazione, sottolineandola a tratti per contrasto. Benché piccola,
l’orchestra cerca di simulare gesti strumentali ampi. L’enfasi mi è sembrata inseparabile dal
faccia a faccia con il corpo di Lenin, tanto dal punto di vista orchestrale quanto da quello del
fraseggio lirico. È come se Miscin scoprisse che in Lenin tutto era smisurato – polmoni enormi,
fegato enorme, cuore grandissimo, pensieri giganteschi – e questo fosse l’effetto di una
retorica dell’enfasi che culmina nel populismo. L’azione è chiusa in una stanza, il dialogo mette
l’uno a cospetto dell’altro un corpo vivo e uno morto. Solo i pensieri dell’imbalsamatore vagano
al di fuori della stanza, anzi c’è persino una telefonata che lo mette in contatto, per un
momento, con la moglie. Ma il mondo esterno irrompe nell’opera solo quando l’enfasi tocca il
suo apice, ovvero quando compare l’unica vera citazione musicale dell’opera, quella
dell’Internazionale. Elementi di psicofonia lacerano gli ambienti interni, in teatro si sente la
vera voce di Lenin che viene spazializzata in teatro e, tramite una presa microfonica dei rumori
all’esterno del teatro, questi si materializzano in una bolla di presente nel finale dell’opera. La
sostituzione del corpo di Lenin con quello di Miscin funziona, allora, come un principio di realtà
che smaschera le finzioni della retorica, il che è paradossale proprio perché ciò avviene tramite
una finzione ulteriore.
Giorgio Battistelli
GIORGIO BATTISTELLI
Nato ad Albano Laziale nel 1953, Giorgio
Battistelli ha studiato composizione al
Conservatorio dell’Aquila dove si è diplomato nel
1978, frequentando contemporaneamente i
seminari di Karlheinz Stockhausen e Mauricio
Kagel a Colonia. Tra il 1978 e il 1979 ha seguito i
corsi sul teatro musicale contemporaneo di Jean
Pierre Drouet e Gaston Sylvestre. Dal 1981, anno
di Experimentum Mundi, ha inizio un’intensa
attività di scrittura di opere per il teatro musicale.
Le sue composizioni sono state rappresentate
presso il Festival d’Automne al Centre Pompidou
di Parigi, i Festival di Salisburgo e di Lucerna, la
Biennale e la Gasteig di Monaco, la Biennale di
Berlino, l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, in
teatri quali La Scala di Milano, l’Opera di Roma, il Teatro Comunale di Firenze, nei teatri dell’opera di
Anversa, Strasburgo, Ginevra, Brema, Mannheim, Almeida di Londra, e inoltre a Hong Kong, Adelaide,
Brisbane, Melbourne, Sydney, Wellington, Taipei, Tokyo, New York, Washington, Singapore, La Paz,
Pechino. La sua musica è stata eseguita da direttori come Riccardo Muti, Antonio Pappano, Lorin Maazel,
Daniele Gatti, Daniel Harding, Ádám Fischer, Jukka-Pekka Saraste, Myung Whun Chung, Susanna Mälkki,
Zoltán Peskó. Ha collaborato con i registi Robert Carsen, Luca Ronconi, Georges Lavaudant, Mario
Martone, Michael Londsdale, David Pountney, Daniele Abbado, Fura dels Baus e Studio Azzurro, e con
interpreti come Toni Servillo, Bruno Ganz, Ian McDiarmid, Philippe Leroy, Moni Ovadia, Vladimir Luxuria.
Insignito del titolo di Chevalier de l’Ordre des Arts et des Lettres dal Ministero della Cultura Francese e di
Commendatore dell’Ordine “al merito della Repubblica italiana”, è stato compositore in residenza
all’Opera di Anversa, alla Deutsche Oper am Rhein di Düsseldorf e al Teatro San Carlo di Napoli. Ha
un’ampia esperienza di direzione artistica maturata presso l’Orchestra della Toscana (dove è tornato dal
2011), la Biennale di Venezia, la Società Aquilana dei Concerti, l’Accademia Filarmonica Romana, la
Fondazione Arena di Verona, il Cantiere d’Arte di Montepulciano. Recentemente si segnalano le prime dei
lavori sinfonici commissionati dall’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai (Tail Up, diretto da Susanna
Mälkki), dall’Orchestra Sinfonica di Münster (Pacha Mama), dalla Saint Paul Chamber Orchestra (Mystery
Play),dall’Orchestra Haydn di Trento e Bolzano (Sciliar). In campo teatrale il 2012 ha visto la prima de Il
Duca d’Alba per il Teatro dell’Opera di Anversa, completamento di un lavoro incompiuto di Gaetano
Donizetti, e dell’oratorio per il San Carlo di Napoli Napucalisse. In campo didattico, ha insegnato alla
Aldeburgh Music e nell’estate 2012 ha tenuto il corso “Progetto Opera” presso l’Accademia Chigiana di
Siena. Nel 2013 Battistelli ha intrapreso la lavorazione di Lot, la sua opera su soggetto biblico
commissionata dalla Hannover Staatsoper. Nel maggio 2015, per l’inaugurazione dell’Expo di Milano,
verrà rappresentata in prima mondiale una nuova opera per il Teatro alla Scala.
MARCO ANGIUS
Marco Angius è un direttore di riferimento per il
repertorio musicale contemporaneo. Ha diretto
Ensemble Intercontemporain (Agorà 2012), Tokyo
Philharmonic, Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai
di Torino, Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino,
Teatro Comunale di Bologna, Orchestra Sinfonica
Giuseppe Verdi di Milano, Orchestra della Svizzera
Italiana, Orchestre de Chambre de Lausanne,
Orchestra della Toscana, Sinfonica di Lecce, I
Pomeriggi Musicali, Luxembourg Philharmonie,
Muziekgebouw/Bimhuis di Amsterdam, La Filature di
Mulhouse, Teatro Lirico di Cagliari. È stato invitato da
numerosi festival quali Biennale Musica di Venezia,
MITO, Warsaw Autumn Festival, Ars Musica di
Bruxelles, deSingel di Anversa (con l’Hermes
Ensemble di cui è principale direttore ospite),
Traiettorie, Milano Musica, Romaeuropa Festival. Già assistente di Antonio Pappano per il Guillaume Tell
di Rossini (Emi records, 2011), è fondatore dell’ensemble Algoritmo con cui ha vinto il Premio del Disco
Amadeus 2007 per Mixtim di Ivan Fedele e con cui ha realizzato numerose registrazioni tra cui Luci mie
traditrici di Salvatore Sciarrino (per la Euroarts di Monaco in DVD e per Stradivarius su CD). Con
l’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai ha inciso tutta l’opera per violino e orchestra di Ivan Fedele
(Mosaïque, Stradivarius) e, con l’Ensemble Prometeo, l’integrale degli Imaginary Landscapes di John
Cage. Marco Angius è autore di una monografia sull’opera di Salvatore Sciarrino (Come avvicinare il
silenzio, Rai Eri, 2007), Ali di Cantor (La musica di Ivan Fedele, Esz 2012) e di numerosi scritti sulla
musica contemporanea tradotti in varie lingue. Tra le produzioni più recenti: Jakob Lenz di Rihm (Teatro
Comunale di Bologna), La piccola volpe astuta di Janáček (Accademia Nazionale di Santa Cecilia), L’Italia
del destino di Luca Mosca al Maggio Musicale Fiorentino e l’intensa attività concertistica con l’Ensemble
dell’Accademia Teatro alla Scala, giovane formazione di cui è anche coordinatore.
ENSEMBLE DA CAMERA “GIORGIO BERNASCONI”
DELL’ACCADEMIA TEATRO ALLA SCALA
specializzato nel repertorio del XX secolo
L’Ensemble dell’Accademia Teatro alla
Scala costituisce una delle molteplici
proposte didattiche dell’Accademia
Teatro alla Scala, ente di caratura
internazionale che, attraverso i suoi
quattro dipartimenti -Musica, Danza,
Palcoscenico-Laboratori, Managementforma
tutti i profili professionali legati
al teatro musicale, avvalendosi della
docenza dei migliori professionisti del
Teatro alla Scala e dei più qualificati
esperti del settore.
Presieduta da Pier Andrea Chevallard e
diretta da Luisa Vinci, l’Accademia
offre percorsi formativi di altissimo
livello per cantanti lirici, professori
d’orchestra, maestri collaboratori,
ballerini, scenografi, costumisti, truccatori e parrucchieri, sarti, attrezzisti, meccanici, falegnami,
macchinisti, lighting designer, fotografi di scena, manager, tecnici del suono, videomaker.
Il progetto didattico, nato nel 2007 nell’ambito del Corso di Perfezionamento per Ensemble da
camera specializzato nel repertorio del XX secolo grazie al sostegno del Fondo Sociale Europeo, del
Ministero del Lavoro e della Regione Lombardia, è frutto della collaborazione con Giorgio Bernasconi
(scomparso nel 2010) che ha voluto proporre una lettura diversificata della letteratura musicale del
XX secolo, con l’obiettivo di promuoverne la conoscenza presso i giovani musicisti che raramente
hanno l’occasione, in Conservatorio, di confrontarsi con questo repertorio.
Dal 2012 la direzione didattica è affidata a Marco Angius e l’Ensemble ha assunto la
denominazione Ensemble da camera Giorgio Bernasconi.
Il percorso formativo, che spazia fra autori italiani e stranieri dal Primo Novecento fino a
compositori contemporanei, prevede la preparazione di programmi musicali sotto la guida di noti
direttori, specializzati nel repertorio contemporaneo, con l’ausilio delle Prime Parti dell’Orchestra del
Teatro alla Scala e comprende un’intensa attività concertistica presso il Teatro alla Scala e in sedi
prestigiose.
Ad oggi, sotto la guida di Giorgio Bernasconi, Francesco Angelico, Marco Angius, Francesco
Bossaglia, Olivier Cuendet, Georges-Elie Octors, Fabián Panisello, Renato Rivolta, Jonathan
Stockhammer, Yoichi Sugiyama, l’Ensemble, costituito da quindici giovani musicisti, ha tenuto concerti
in noti teatri e nell’ambito di festival di rilievo proponendo anche prime esecuzioni italiane: a Milano al
Teatro alla Scala e nell’ambito del Festival MiTo Settembre Musica, a Venezia per il Festival di Musica
Contemporanea della Biennale Musica, a Caserta al Teatrino della Reggia, a Como al Teatro Sociale, a
Roma al Palazzo del Quirinale per i concerti Euroradio, a Cremona al Teatro Ponchielli, a Cortina
nell’ambito del Festival Dino Ciani.
Fra gli impegni più significativi si segnala, nel 2012, per il Wiener Festwochen di Vienna l’esecuzione
di Quartett di Luca Francesconi, con la direzione di Peter Rundel e la regia di Alex Ollé de “La Fura dels
Baus”, opera liberamente tratta da Le relazioni pericolose di de Laclos, che ha riscosso un notevole
successo al suo debutto al Teatro alla Scala nella stagione 2010/2011, in una coproduzione con il Wiener
Festwochen e l’Ircam. L’opera è andata in scena nell’ambito del prestigioso Holland Festival di
Amsterdam nel 2013, sotto la direzione di Susanna Mälkki.
RICCARDO MASSAI
Laureato in lettere, disciplina storia dello spettacolo, ha lavorato con Pierluigi
Pieralli (Pier’Alli), Gabriele Bartolomei, Federico Tiezzi, Sandro Lombardi,
Sylvano Bussotti, Giancarlo Sepe, Lanfranco Puggelli, Michele Placido, Stefano
Massini, Paolo Bonacelli, Gianrico Tedeschi, Mariangela Melato, Maria Paiato; dal
2006 inizia la sua collaborazione, prima nell’opera lirica al Teatro del Maggio
Musicale Fiorentino poi nella prosa al Piccolo Teatro di Milano e in altri teatri
stabili, come regista assistente di Luca Ronconi. Oltre ad aver collaborato con
alcune delle maggiori strutture italiane (dal citato Piccolo Teatro di Milano al
Teatro Stabile di Genova, all’Orchestra Regionale Toscana, col Massimo di
Palermo e il Comunale di Treviso) e con Festival (Due Mondi di Spoleto, Città
Spettacolo di Benevento, Magna Grecia in Calabria e Teatri di Pietra), è chiamato
più volte come voce recitante in RAI, cura diverse regie di opere liriche a Palazzo
Pitti di Firenze ed arricchisce la sua esperienza con la regia di film e concerti di
musica pop (Anna Oxa); è direttore artistico e cura le regia della compagnia
Archètipo con residenza al Teatro Comunale di Antella a Bagno a Ripoli (FI) da
dieci anni. Ha affiancato per lunghi periodi all’attività tradizionale quella di teatro
sociale, con detenuti minorenni, per più di dodici anni con non vedenti (Festival
Internazionale di Teatro Zagabria) e per nove anni con ragazzi disabili intellettivi
anche presso il Teatro della Pergola di Firenze. Nell’anno (2012) ha portato, al Teatro Maly di Mosca, S.
Giovanna dei Macelli di Brecht, regia di Ronconi, l’ultima produzione del Piccolo Teatro per il quale, a
rappresentare l’Italia, ha partecipato alla conferenza internazionale East Meets West a Cracovia; ha
curato la regia di Metamorfosi di Ovidio presso il Museo Archeologico Nazionale di Firenze, ha partecipato
come attore al Progetto Opera per la classe di composizione dell’Accademia Chigiana tenuta da Giorgio
Battistelli ed ha partecipato, come attore, al Mix Festival di Cortona nell’Histoire du soldat di Stravinskij,
con l’Orchestra della Toscana. A novembre cura la regia di Lì ma dove, come, racconto di J. Cortázar,
(prima nazionale), interpretato magistralmente da Giovanni Crippa. Nella presente stagione (2013) come
regista assistente ha seguito Luca Ronconi al Piccolo Teatro di Milano nella produzione Panico di R.
Spreghelburd e sempre con Ronconi, con il Centro Teatrale Santa Cristina, per Pornografia di Witold
Gombrowicz, spettacolo presentato al Festival dei Due Mondi di Spoleto. Ha già collaborato come attore
nel monodramma giocoso L’imbalsamatore di Giorgio Battistelli partecipando ad aprile alla 54° Biennale
diMusica contemporanea di Zagabria in Croazia, dove ha prestato il proprio lavoro come attore anche per
la produzione di Icarus Ensemble di Reggio Emilia Demoni e Fantasmi nella città di Perla del musicista
triestino Gianpaolo Coral in prima assoluta.
ANGELO LINZALATA
Si è diplomato in scenografia presso l’Accademia di Belle Arti di Brera a
Milano, specializzandosi al biennio di lighting designer all’Accademia del
Teatro alla Scala. Inizia l’attività disegnando le scene per progetti di
teatro contemporaneo per il Mittelfest 2002 e il Rec Festival di Reggio
Emilia del 2003. Collabora a due produzioni dell’Accademia del Teatro
alla Scala: Ugo conte di Parigi (Teatro Donizetti di Bergamo, Teatro alla
Scala, Teatro Bellini di Catania) e Il borghese gentiluomo di Lulli al
Teatro Litta di Milano. Nello stesso anno firma le luci del Re pastore di
Mozart al Teatro delle Muse di Ancona, Nabucco per il Teatro Lirico di
Cagliari, l’Olimpiade di Metastasio, Patto di sangue al 72°Maggio
Musicale Fiorentino, Cyrano de Bergerac al Teatro Argentina di Roma
(2009). Collabora come assistente scenografo con lo scenografo
Graziano Gregori per importanti teatri e festival: Festspielhaus Baden-
Baden, Edinburgh International Festival, Festival Mozart La Coruña, ROF
di Pesaro, Maggio Musicale Fiorentino, Teatro Massimo di Palermo,
Teatro Filarmonico di Verona, Teatro Petruzzelli, Teatro La Fenice di
Venezia, Beijing National Centre for the Performing Arts, Wiener
Staatsoper. Firma le luci di Pinocchio, Amleto e Giovanna al rogo per la
compagnia del Teatro del Carretto. Nel 2005 firma le scene di Nabucco,
regia di Francesco Micheli per l’Aslico, La traviata prodotta dal Teatro Lirico di Cagliari con la regia di
Boris Stetka, L’Imbalsamatore di Giorgio Battistelli produzione dell’Accademia Chigiana di Siena, Die
Fledermaus al TNO di Bucharest (2010), Conversazione con Chomsky di Emanuele Casale. Collabora in
qualità di scenografo con il regista Daniele Abbado per i seguenti progetti: Il signor Bruschino
(Auditorium Parco della Musica di Roma) Miracolo a Milano di Giorgio Battistelli (Teatro Valli di Reggio
Emilia 2007), Oberon di Weber (Théâtre du Capitole Toulouse), La traviata al Teatro Municipal de São
Paulo (2012).
ALVISE VIDOLIN
Regista del suono, musicista informatico, interprete di live electronics,
nasce a Padova nel 1949 dove compie studi scientifici e musicali. Ha
curato la realizzazione elettronica e la regia del suono di molte opere
musicali collaborando con compositori quali Claudio Ambrosini, Giorgio
Battistelli, Luciano Berio, Aldo Clementi, Franco Donatoni, Adriano
Guarnieri, Luigi Nono, Salvatore Sciarrino, per esecuzioni in festival quali
Biennale di Venezia, Maggio Musicale Fiorentino, Milano Musica, Festival
delle Nazioni di Città di Castello, Ravenna Festival, Settembre Musica e
MITO, Festival d’Automne e IRCAM di Parigi, Festival di Salisburgo, Wien
Modern, Münchener Biennale, Konzerthaus e Musik Biennale di Berlino,
Donaueschinger Musikstage, Warszawska Jesie´n, CCOT Festival di Taipei,
e in teatri quali Scala, Fenice, Opera di Roma, Comunale di Bologna,
Almeida di Londra, Alte Oper di Francoforte, Staatstheater di Stoccarda,
Théâtre National de Chaillot, Odéon e Opéra Bastille di Parigi, Opéra
National du Rhin di Strasburgo. Collabora dal 1974 con il Centro di
Sonologia Computazionale (CSC) dell’Università di Padova partecipando
alla sua fondazione, svolgendo attività didattica e di ricerca nel campo
dell’informatica musicale ed è tuttora membro del direttivo. Co-fondatore
dell’Associazione di Informatica Musicale Italiana (AIMI) ne ha assunto la presidenza nel triennio 1988-
1990. Dal 1977 ha collaborato in varie occasioni con la Biennale di Venezia soprattutto in veste di
responsabile del Laboratorio permanente per l’Informatica Musicale della Biennale (LIMB). Dal 1992 al
1998 ha collaborato con il Centro Tempo Reale di Firenze come responsabile della produzione musicale e
dal 1976 al 2009 è stato titolare della cattedra di Musica Elettronica presso il Conservatorio B. Marcello di
Venezia. È inoltre docente di Musica Elettronica all’Accademia Internazionale della Musica di Milano,
membro del comitato scientifico della Fondazione Archivio Luigi Nono e socio dell’Istituto Veneto di
Scienze Lettere e Arti. Ha pubblicato lavori di carattere scientifico e divulgativo e tenuto numerose
conferenze sui rapporti fra musica e tecnologia. Svolge attività didattica e di ricerca nel campo del Sound
and Music Computing, studiando le potenzialità compositive ed esecutive offerte dai mezzi informatici e
dai sistemi multimodali.