“Pe’ i ndò” è il nuovo lavoro di Mimmo Epifani, grande virtuoso del mandolino e della mandola,
dotato di una voce straordinaria, già al fianco di Roberto De Simone, Eugenio Bennato
e Ambrogio Sparagna.
“Pe’ i ndò” è anzitutto una festa che coinvolge, trascina,
commuove.
Nella festa (che qualcuno definirebbe un cronotopo, una
specie di isola spaziotemporale) il “normale” corso del tempo viene bloccato,
sospeso, alterato e si aprono tempi e spazi nuovi, sconosciuti, sorprendenti:
si evade dalla cronologia e si riesce persino a viaggiare, anche da fermi. La
festa – come la musica, anzi grazie alla musica – può diventare essa stessa un
viaggio, un vagabondaggio infinito fra cose, persone e sentimenti.
Proprio come avviene in questo caso: e infatti il restare e
l’andare, le radici e la viandanza sono – fin dal titolo del lavoro e
naturalmente nella title track, che è un vero inno programmatico, di grande
forza evocativa – temi e immagini ricorrenti in questa festa (portatile) a cui
Epifani ci ha invitati.
Per di più, non è una festa qualsiasi: a guardar bene, si tratta
di un vero e proprio carnevale di suoni, voci e ritmi, di una sfilata di
allegorie musicali nelle quali l’anima della civiltà contadina e le tradizioni
– popolari e colte – del Sud d’Italia vengono rilette in una chiave attuale e
creativa, “piùchemediterranea” e di respiro internazionale.
Nel carnevale, si sa, trionfano il travestimento, la parodia e
l’ironia; bisogna saper prendere le distanze da sé e farsi altro (anche questo
è un modo di viaggiare): solo così il giogo dell’identità diventa un gioco,
libero, sorridente. Ecco perché Epifani effettua anzitutto un trattamento
ironico, quasi parodico, dei materiali di una tradizione popolare diventata
“luogo comune”, li desacralizza e, in qualche modo, li profana; così, facendosi
beffe di un’autenticità pietrificata, paradossalmente la trasforma in un
oggetto vivo e proprio in questo modo la realizza, cioè la rende reale,
attuale, pulsante.
Nel quasi-rap di “Mosse mosse mosse”, nella quasi-ortodossa
“Pizzica mbriaca” e in “That’s tarantella” (tre potenziali singoli tutti da
ballare) avviene tutto questo ed Epifani può definire con precisione il suo
approccio: la sua è una “versione scorretta di una musica maledetta”, qui si
offre un menu tanto sgangherato quanto gustoso, come si canta, anzi si dice, in
mezzo ai suoni e ai ritmi dell’autoironica “That’s tarantella”.
Questo stesso gioco, poi, si fa tanto più coraggioso e
irriverente quanto contagioso e trascinante negli altri brani dell’album. E
così la pizzica, la taranta, le tammurriate, la scuola napoletana del ‘700 si
“mettono in maschera” e si travestono, incontrandosi, misurandosi e
mescolandosi con tanti altri Sud, reali-immaginari-fantastici: il forrò, il
fado e il klezmer di “Scaminante” e “A nott”, le venature balcaniche (quasi un
omaggio all’etnoprog degli Area di Demetrio Stratos) e afro (addirittura
pseudo-soukous) della bucolica “Pasquella”, gli echi country-raga di “Imu
venuti”, addirittura il bhangra di “Core core” con cui si chiude l’album.
Prima, però, ci sono ancora spazio e tempo per una ballata
struggente e poetica, l’elegia di “Naufrago”, che trasforma un’assenza in
presenza e riporta al centro del discorso l’andare e il tornare, la nostalgia,
il viaggio incerto e l’approdo sognato.
Così, alla fine, non si può non pensare alle parole con cui
Gianni Celati conclude le sue Quattro novelle sulle apparenze:
“[…] per andare dove? Dove? Ma chi può dirlo dove un uomo sta
andando? Spesso si crede di saperlo, ma è un errore. Tutto quello che si sa è
che bisogna continuare, continuare, continuare come pellegrini nel mondo, fino
al risveglio, se il risveglio verrà”.
Ecco: “Pe’ i ndò”, “per andare dove” – la festa, il viaggio,
l’inno e l’elegia, le maschere, l’ironia, il tempo strano, il qui e l’altrove,
le tarantelle senza tarantella – è davvero un risveglio per la musica popolare
di questo paese assonnato.
SITO
artista http://www.mimmoepifani.it/
SitoCNIhttp://www.cnimusic.it/products-page/catalogo/mimmo-epifani-pe-i-ndo/
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