Uno
sguardo sulla pittura
SESTO MENGHI 33,5X29 |
a
Rimini nella prima metà del Novecento
fra tradizione e
innovazione
Rimini, Museo della
città, via L. Tonini 1– Manica lunga
a cura di Marco Gennari
7 dicembre 2013
-7 gennaio 2014
Inaugurazione sabato 7 dicembre ore 17,30
Orario:
da martedì a sabato 8,30-13/16-19
Domenica
e festivi 10-12,30/ 15-19 -Lunedì non festivi chiuso, aperto il 30 dicembre
mattino
Chiuso
la mattina del 25 dicembre e del 1° gennaio
Info:
0541 793851/0541 704414 www.museicomunalirimini.it
Comunicato stampa
Si
inaugura sabato 7 dicembre 2013 alle 17,30 al Museo della Città di Rimini (via
L.Tonini,1) la mostra dal titolo Uno sguardo sulla pittura a Rimini nella
prima metà del Novecento, fra tradizione e innovazione, a cura di Marco Gennari, promossa dal Comune di
Rimini, Musei Comunali.
La mostra offre uno spaccato eloquente di una lunga stagione
pittorica che va dallo scorcio dell’ultimo Ottocento agli anni ’60 del ‘900
attraverso una selezione di opere provenienti da collezioni private e pubbliche.
Saranno esposti anche dipinti inediti conservati nei depositi del Museo della
Città.
Si tratta di una indagine conoscitiva sulla pittura e sugli
artisti che hanno nel tempo mantenuto un profondo legame con la città, nel solco
di una tenace e durevole tradizione accademica, tra ansie di nuovo, tentativi di
aggiornamento e di lettura verso le più rutilanti ricerche artistiche prodotte
dalla ribalta nazionale. Non è il primo tentativo di rileggere l’arte del ‘900
riminese, ma come espressamente indicato dal curatore si è voluto qui
interpretare il periodo sulla scorta di un tema, “quello appunto più
appassionante e divisivo in quegli anni e da sempre: l’essere il linguaggio
dell’arte divaricato e scisso fra tradizione e innovazione”.
“Attorno
agli anni Cinquanta e Sessanta la città venne sfiorata da questo dibattito,
anche se, nei fatti, prevalse la continuità con la tradizione accademica
ottocentesca, malgrado la tremenda cesura venutasi a creare con la Seconda
Guerra Mondiale. La gran parte della borghesia e l’ambiente culturale cittadino
chiesero agli artisti di non stare a guardare la catastrofe in atto e di non
raccontare, in definitiva, le ferite, le lacerazioni e la fatica di vivere”.
Ai più vecchi Norberto Pazzini, Guglielmo Bilancioni,
Mariano Mancini, Silvio Bicchi, Francesco Brici, Alberto Bianchi si avvicendano
sulla scena riminese i pittori Curugnani, Pasquini, Edoardo Pazzini, Della
Bartola, Moroni, Corrà, Miselli, Antonini, Piombini solo per citarne alcuni che
andarono ad arricchire molte raccolte private.
“Ecco allora proliferare serene rappresentazioni campestri,
rassicuranti scorci cittadini e luminose vedute portuali; salvo poi doversi
confrontare di lì a poco con tre eventi culturali che misero improvvisamente, e
forse inaspettatamente, Rimini di fronte a mondi sino ad allora sconosciuti: la
Biennale del Mare del 1953 e i Premi Morgan’s Paint del 1957 e
1959”.
La mostra al Museo della Città in un breve percorso, denso e
articolato, mette in luce quei generi mai abbandonati dai pittori riminesi e
romagnoli tra ‘800 e ‘900, quali il ritratto, la natura morta, il paesaggio: una
produzione che non si arresterà nemmeno quando la profonda esperienza nel
secondo dopoguerra dei Morgan’s Paint e della Biennale del Mare scuoterà il
panorama e l’humus artistico
riminese.
“Giulio Carlo Argan prima e Francesco Arcangeli poi
turbarono proprio in quella occasione la quiete balneare facendo approdare a
Rimini i grandi ‘maestri’ del Novecento italiano: costoro da tempo parlavano un
linguaggio nuovo nella pittura, più aderente ad una visione del mondo
irrimediabilmente spezzata e frantumata, ma viva e reattiva, bisognosa di parole
ed espressioni diverse da quelle divenute ormai convenzionali, per raccontare un
rapporto irrequieto fra l’io e la realtà, fra l’io e la natura, fra la ragione
stessa e i sensi. Come meteore,
attraversarono allora il cielo della piccola ribalta riminese espressioni del Sintetismo plastico, del tardo Simbolismo, del Realismo, dell’Informale e dell’Astrattismo. Poi, ancora come meteore,
altrettanto rapidamente scomparvero lasciando libero campo alla generale
indifferenza, quando non all’aperta ostilità del mondo intellettuale cittadino.
Rare furono le eccezioni: alcune tiepide ed effimere frequentazioni del Realismo
e dell’Astrattismo e poche, pochissime adesioni di artisti disposti a valutare
sino in fondo la novità e l’importanza di quella stagione”.