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GIOVEDI 30 GENNAIO
GHITA
Presentazione cd “Per Quello Che Sono”
INGRESSO LIBERO
ORE 22,30
Ghita è una giovane cantante e cantautrice romana. L’album di debutto è il risultato di anni di concerti live e di tante canzoni, scelte con cura, per un disco ricco di emozioni e sentimento. Dieci canzoni per descrivere l’amore in tutte le sue forme. Un percorso forte e determinato, tutto al femminile, in bilico tra la canzone italianissima degli anni che furono e musiche che sanno di blues e di folk.
Il titolo dell’album è “Per quello che sono”: il concerto di presentazione vedrà l’esecuzione di tutti i brani del disco e di qualche omaggio alla musica che da sempre ha appassionato Ghita e il suo gruppo, i “Piccoli Pacchetti Perduti”.
Ghita Casadei, in arte semplicemente Ghita, nasce a Roma nel 1984 e inizia a sei anni lo studio del canto. Dopo anni di canto corale all’Accademia Filarmonica Romana, studia tecnica del canto moderno con Antonella De Grossi. Contemporaneamente inizia a suonare la chitarra e più tardi il pianoforte, cominciando così a scrivere canzoni.È laureata in storia del teatro ed è vicepresidente dell’associazione culturale A.R.P.A. (Accademia Romana per la Promozione delle Arti) dove svolge attività di insegnamento del canto moderno. Collabora inoltre con l’Emporio delle Arti e la Compagnia dell’Albero di Minerva in diversi spettacoli teatrali in qualità di cantante.
La formazione: Ghita – voce, chitarre, ukulele, pianoforte, toy piano Simone Battista – chitarre Emanuele Frascà – basso, u-bass Daniele Russo – batteria
VENERDI 31 GENNAIO
THE BULLDOGS
“Beatles revolution”
INGRESSO LIBERO
ORE 22,30
“Bene. Grazie a tutti da parte mia e del gruppo, e speriamo proprio di aver superato questo provino!”: nemmeno John Lennon, dette queste parole, avrebbe immaginato che sarebbe finito tutto, che quello “sul tetto” sarebbe stato l’ultimo concerto dei Beatles. Era mezzogiorno del 30 gennaio 1969, gli studi della Apple Records, al numero 3 di Savile Row, a Londra, avevano vissuto ore molto difficili per i Beatles. Litigavano spesso, Lennon aveva minacciato di lasciare il gruppo, Harrison se ne era proprio andato e gli altri tre avevano pensato di sostituirlo con l’amico Eric Clapton. Ma poi Ringo andò da George e rimise le cose a posto. Però il malessere proseguiva. Ognuno si sentiva stretto nel mondo Beatles, che sembrava dorato e immenso soltanto per chi guardava da fuori. Lo stato di depressione fu accentuato dalle riprese (di mattina: che insulto per chi lavorava solo di notte, tutta la notte!) per un documentario sui Beatles in sala d’incisione, che avrebbero dovuto realizzare per contratto. Così, per dare un taglio all’operazione McCartney propose un concerto. Dove? Su un transatlantico, nel deserto? Nessuno voleva tornare all’incubo dei live, dopo aver avuto paura di morire, dopo quell’agosto del 1966. E nessuno voleva andare lontano. Così quasi per gioco venne fuori l’idea del tetto di Savile Row: tutti furono d’accordo, perché avrebbero soltanto dovuto salire delle scale.
La musica dei Beatles arrivò e avvolse la frenetica strada londinese in un’atmosfera surreale, fra bombette e minigonne, strada paralizzata, fan impazziti che cercavanno di salire sui tetti adiacenti per cogliere un’immagine. La polizia provò a formare la performance e, per quanto nessuno dei quattro sembrava aver voglia di quell’esibizione, per un attimo prevalse il vecchio spirito di gruppo e nel filmato si vede chiaramente George che, con aria di sfida, riaccende l’amplificatore e la band pretende di terminare Get Back.
Un concerto “da Beatles”, da grande band, che testimoniò quanto avrebbero avuto ancora da dire quei quattro ragazzi (i più vecchi, John e Ringo, avevano 28 anni). E del resto, mentre quel materiale sarebbe finito in archivio per essere pubblicato come testamento dell’aprile del 1970, il valore della band emerse nell’album Abbey Road, composto nell’estate successiva.
Paradossalmente, proprio in quei giorni, 5 anni prima, ma sembrava un secolo, i Beatles in concerto a Parigi, ebbero la notizia che I wanna hold your hand aveva ottenuto la prima posizione in America, avevano conquistato la terra dei loro miti, di Elvis. E parteciparono all’Ed Sullivan Show trovando un’America ancora sotto shock per la morte di Kennedy, ma pronta a iscriversi alla Beatlemania, il club che aveva invaso l’Europa.
I Bulldogs ricreeranno quell’atmosfera proponendo i brani registrati in quelle session e tutto il contenuto del concerto: Let it Be, The Long and Winding Road, For You Blue, I Me Mine, Get Back, I’ve Got a Feeling, Dig a Pony, Don let me down, Two of us….
La band si è formata nel 2009, circa 150 concerti, attraversano tutta la produzione Beatles, proponendo anche brani della carriera solistica dei Fab Four. Puntano sull’impatto di chitarre, basso, piano e batteria, anche per i pezzi più elaborati. Tutto questo per immaginare che cosa sarebbe stato un vero concerto di John, Paul, George e Ringo, davvero “naked”, spogliato e ridotto a puro rock’n’roll, la molla che ha scatenato i Beatles, la band che ha cambiato la musica e probabilmente ha contribuito alla svolta sociale degli anni Sessanta.
Alessandro Errichetti (voce, chitarra, basso), Fabiano De Biagi (voce, basso, tastiere), Fabio Maccheroni (voce, chitarra), Andrea Secli (voce, batteria)
SABATO 1 FEBBRAIO
ROMA BLUES BAND
INGRESSO LIBERO
CONCERTO ORE 22,30
La prima esibizione della Roma Blues Band risale al 30 marzo del 1984, in occasione della inaugurazione della Casa del Blues. E’ un graditissimo ritorno, quello della band guidata dai fratelli Fortezza. Il gruppo è stato per anni un vero e proprio laboratorio Blues nella capitale, ospitando artisti affermati e giovani emergenti, italiani e stranieri: Roberto Ciotti, Alex Britti, Louisiana Red, sono solo alcuni degli artisti che si sono esibiti con la Roma Blues Band.
La formazione si presenta rinnovata, ma con la consueta spina dorsale formata dai fratelli del Blues romano: Roberto Fortezza, cantante e armonicista, e Piero Fortezza, batterista e anima organizzativa della band. In repertorio grandi classici del blues, eseguiti con grande gusto e la consolidata passione per le 12 battute, pescando a piene mani dai tesori musicali di Howlin’ Wolf, Little Walter, John Lee Hooker, Jimmy Reed, Lowell Fulson, Etta James, Albert King e tanti altri grandi interpreti della Musica del Diavolo.
ROBBY LITTLE FORTEZZA (voce, armonica), DOMENICO TUDINI (chitarra), GABRIELE GIOVANNINI (chitarra), ALBERTO BOLLI (tastiere, voce), ALBERTO BIASIN (basso), PIERO FORTEZZA (batteria, cori)
MERCOLEDI’ 5 FEBBRAIO
BRIAN TEMPLETON
con Umberto Porcaro & The Shuffle Kings
INGRESSO LIBERO
CONCERTO ORE 22,30
“Brian Templeton è uno dei vocalist di maggior talento, come da tempo non se ne sentivamo. Una combinazione di potenza e convinzione, unite a un timbro di voce sicuro e a un brillante senso del tempo rendono le sue performance uniche, inoltre la dinamicità della sua presenza sul palco fanno di Brian uno spettacolo “da non perdere”.
(JERRY PORTNOY – Maestro d’armonica, ha suonato con Muddy Waters, The Legendary Blues Band e la Band di Eric Clapton)
Nel 1989 un volto nuovo si è presentato sulla scena blues di Boston. Con la sua voce potente e la sua presenza scenica, Brian Templeton si è fatto un nome in brevissimo tempo. Dopo un periodo di jam e sit-in blues con alcuni dei maggiori esponenti del New England, come Ronnie Earl e Sugar Ray and the Bluetones, gli è stato offerto di unirsi alla band Rockin Jake and the Rollercoasters. Capeggiati dall’asso dell’armonica Rockin Jake Jacobs, i Rollercoasters facevano blues ad alto tasso di energia, e mentre Brian imparava a lavorarsi le folle e affinava le proprie doti vocali, si è sparsa la voce dell’esistenza di questo nuovo personaggio, uno che sapeva davvero spaccare. Dopo la sua uscita dalla band dei Rollercoasters, è stato chiamato da tre delle band più popolari della zona, The Movers, Boston Baked Blues e Little Frankie and the Premiers. Alla fine, a causa della loro grande capacità strumentale, ha deciso di unirsi a questi ultimi, riscuotendo grande successo come membro di questa band di prima qualità. Nel 1991 tuttavia, Brian ha deciso che era il momento di diventare il leader di una propria band, e ha formato i Radio Kings, con il promettente mago della chitarra Michael Dinallo. Templeton ha iniziato a lavorare sulle sue capacità musicali con l’armonica e dopo soli 4 mesi con i Radio Kings ha vinto la Boston Blues Society’s Battle of the Blues Bands, facendosi strada in mezzo ad alcuni tra i migliori performer di quel tempo. Si dice che Ted Drosdowski, critico musicale/giornalista per il Boston Phoenix, abbia detto “Questi ragazzi sono la band da tenere d’occhio”. Al Blues Harp Master Jerry Portnoy, di Chicago, (Muddy Waters, Eric Clapton) sono piaciuti così tanto che li ha ingaggiati come backing band e li ha portati con sé “on the road”, dando loro un assaggio di quello che avrebbe riservato loro il futuro, e per tutto il 1992 hanno girato gli USA in un carro merci, facendo una one night stand dopo l’altra e adorando farlo. Subito dopo, a Brian è stato chiesto di unirsi alla house band della House of Blues di Cambridge (MA) appena inaugurata, e poi ha iniziato a comporre le canzoni per quello che sarebbe diventato il primo disco dei Radio Kings. “It Ain’t Easy” è stato distribuito nel 1994 per l’etichetta Icehouse Records, con sede a Memphis; sul disco è presente un duetto di Brian con la leggenda del blues Little Milton. Il disco è stato accolto estremamente bene dai fan e dalla critica in USA ed ha anche aperto loro il mercato europeo, diventando il disco numero uno in Belgio in termini di vendite. Dopo un acclamato album live, “Live at B.B. Kings”, e dopo molte miglia on the road, compresi spettacoli di alto profilo come il King Biscuit Blues Festival e il Peer Rhythm and Blues festival in Belgio, nel 1997 i Kings hanno firmato un contratto con la Bullseye Blues (Rounder Records) e realizzato il disco “Money Road”, con il quale sono stati costantemente in tour fino al loro scioglimento nel 1999.
“Brian Templeton ha poi iniziato la carriera solista in modo brillante, con la sua voce imbevuta di soul fino al midollo, e che si muove attraverso diversi stili con incredibile facilità. “Templeton canta (e scrive) canzoni di prima categoria, imbevute di passione.” Steve Morse, The Boston Globe –
Il nuovo millennio ha portato con sé una grande partenza per Templeton come solo artist e l’opportunità di mettere il suo nome in una posizione di primo piano. La neonata etichetta Stone Cold Records mise Brian sotto contratto, offrendogli completa libertà artistica, e il risultato è stato il tanto acclamato CD “Home”.
Dopo sei anni, Templeton ha finalmente realizzato il suo secondo CD solista. Con questo disco auto-prodotto ed auto-distribuito, intitolato Bloozin’, Brian voleva fare una registrazione più blues e come band ha messo insieme quella che lui stesso ha chiamato il “Dream Team”. Il CD include Michael Mudcat Ward al basso e Per Hanson alla batteria. Insieme, questi due musicisti hanno suonato in centinaia di registrazioni blues, accompagnando artisti leggendari come James Cotton, Ronnie Earl e Hubert Sumlin, solo per citarne alcuni. Alle chitarre, Templeton ha chiamato di nuovo Monster Mike Welch ed anche il grande Kid Bangham (Fabulous Thunderbirds) garantendosi così il suono della vecchia scuola del blues. Apparizioni speciali da parte di David Maxwell al Piano e
Greg Piccolo al sax tenore, membro fondatore e primo front-man dei leggendari Roomful of Blues. Scott Aruda alla tromba e Travis Colby alla Hammond B3 chiudono questo “ensemble” killer. Il disco presenta 7 canzoni composte da Templeton ed è un disco “da avere” per i fan blues di tutto il mondo. **Finalmente un Disco Live di Brian Templeton!** Dopo sedici anni di attività, otto anni come leader dei Radio Kings di Boston e otto anni come solo artist, durante i quali sono usciti due grandi registrazioni in studio, finalmente è stata realizzata una registrazione live, che cattura l’essenza e l’energia di Brian Templeton dal vivo.
Registrata in due serate nel Marzo 2007 al Bluesiana Rock Café a Velden (Austria), questo doppio unico vede Templeton accompagnato da una band di grandi musicisti italiani, che sposano perfettamente il groove “rocking and rolling” di Templeton.
Al Big Mama di Roma si presenterà con la band Umberto Porcaro & The Shuffle Kings.
UMBERTO PORCARO, cantante e chitarrista palermitano. debutta discograficamente con “You Belong To Me” del 2002, a cui seguono partecipazioni ad importanti Festival Blues e Jazz.
Vince le selezioni di Obiettivo Blues In, un concorso per emergenti svoltosi nell’ambito del Pistoia Blues Festival, ha così l’opportunità di condividere il palco con artisti come B.B.King, Buddy Guy, Robben Ford, Roy Rogers, Canned Heat, The Blues Band, e di essere inserito nella compilation discografica realizzata successivamente alla manifestazione. Nel 2005 pubblica il suo secondo CD Burn The Day Away ottenendo ottimi consensi dalla stampa italiana e estera. Nel 2006 Umberto si trasferisce negli States per diversi mesi, sulla West Coast, tra Los Angeles e San Francisco. Un’esperienza che lo avvicinerà a grandi esponenti della scena blues tra i quali Kim Wilson, Kid Ramos, Junior Watson, Hollywood Blue Flames, Mark Hummel e R.J Mischo, con i quali stringe un vero e proprio sodalizio artistico.
Umberto, dopo anni di roventi esibizioni “live”, ha dimostrato di essere un musicista di un certo spessore artistico, che ha saputo guadagnarsi il rispetto della critica e del pubblico diventando uno dei più esperti veterani della scena blues contemporanea, e non solo italiana! Dotato di una voce intensa, graffiante e appassionata, un fraseggio alla chitarra pungente e pirotecnico,
THE SHUFFLE KINGS:
Umberto Porcaro – chitarra
Luca “Loppo” Tonani – basso
Lele Zamperini – batteria