In onda su RAI3 lunedì 20 gennaio, ore 21.05
Ignazio Cutrò, testimone di giustizia a Presadiretta: “ Nessuno capisce che siamo dei morti che camminano! Fanno prima a spararci un colpo dietro la nuca, almeno smettiamo di soffrire”
Ignazio Cutrò, l’imprenditore originario di Bivona (AG), divenuto testimone di giustizia nel 2006 e da allora sottoposto a programma di protezione, ha aperto le porte dell’abitazione siciliana in cui ha deciso di restare, nonostante la richiesta da parte del Viminale di cambiare città e identità, per mostrare le misure di sicurezza che dovrebbero garantire l’incolumità sua e della sua famiglia.
Se infatti la casa è guardata a vista da due uomini di scorta durante il giorno, la notte, non essendoci abbastanza uomini, l’unico deterrente è il sistema di telecamere collegato con la locale stazione dei carabinieri “Sono telecamere a 2 megapixel, a supporto di luce – spiega Cutrò nell’intervista a Federico Ruffo – il mio telefonino ne ha 8! In più i fari che hanno montato sono fulminati,ma nessuno viene a sostituirli!”.
“Questo è il risultato delle mie denunce – spiega Cutrò mostrando le sue ruspe ferme – non lavoro più. Non mi arrivano più commesse, i privati non mi chiamano, e visto che sono testimone di giustizia in loco non percepisco stipendio e in più Equitalia ci ha inviato 130mila euro di cartelle per mancato guadagno contestatoci dall’Agenzia delle Entrate: mi sono rimasti 1380 euro, dopodiché non ho più nulla”.
“Io non chiedo soldi – conclude Cutrò – chiedo solo un lavoro, uno stipendio con cui pagare le bollette, le rate. Altrimenti fanno prima ad ammazzarci: un colpo dietro la nuca e smettiamo di soffrire! Tanto non siamo tanti noi testimoni, siamo 80!”.
Marisa Garofalo a Presadiretta: Lo Stato ha fatto in modo che arrivasse prima la ‘ndrangheta. Mia sorella Lea, si poteva salvare, se lo Stato avesse fatto il proprio dovere
Marisa Garofalo in un’intervista che andra’ in onda lunedì sera, su Rai3, nel corso della puntata di PRESADIRETTA dedicata alle storie dei TESTIMONI DI GIUSTIZIA ricorda gli ultimi anni di vita della sorella, Lea Garofalo.
Lea Garofalo, moglie del boss della ‘ndrangheta Carlo Cosco, aveva deciso di collaborare con gli inquirenti ed era entrata nel programma di protezione, era diventata un testimone di giustizia. Ma lo Stato non aveva mantenuto le promesse e la vita, con la figlia Denise era diventata impossibile. Ricorda ancora la sorella Marisa:
“A volte non poteva nemmeno mandare Denise a scuola perché non aveva soldi, non poteva fare nemmeno un controllo medico perché non aveva una tessera sanitaria”.
“Un giorno ricevetti una telefonata in cui lei mi disse: voglio abbandonare il programma di protezione, venitemi a prendere. Appena sono arrivata sono rimasta impressionata perché quasi non la riconoscevo più. Era dimagrita, era una persona spenta, mi è venuto da piangere quando l’ho vista perché ho detto: quasi non riconosco più mia sorella”
Lea Garofalo disperata, lascia il programma di protezione e nel 2009 viene rapita dal marito e altri tre uomini, torturata e barbaramente uccisa. E’ il marito stesso a strangolarla. Il suo corpo viene bruciato.
Ancora la sorella Marisa denuncia: “Lo Stato ha fatto in modo che arrivasse prima la ‘ndrangheta. Mia sorella si poteva salvare, se lo Stato avesse fatto il proprio dovere”.
La testimone di giustizia Carmelina Prisco a PRESADIRETTA: Io dico che se mi sparano mi fanno un piacere, tanto ormai la vita non ha più senso.
Carmelina Prisco intervistata da Federico Ruffo nella puntata di PRESADIRETTA sui TESTIMONI DI GIUSTIZIA racconta la sua storia. Originaria di Mondragone, nel 2003 assiste ad una sparatoria nella quale viene ucciso uno spacciatore ed è l’unica a testimoniare. Le sue dichiarazioni portano alla condanna all’ergastolo uno dei killer dei Casalesi.
“Mi dissero: ti prendono in consegna dal Ministero e stai sicura che avrai una casa, un lavoro, avrai una vita sicuramente migliore di quella che potresti avere qui perché adesso la tua vita è compromessa”
Ma presto, scopre che le cose vanno diversamente:
“Nel frattempo rimani senza soldi. Nella tua regione puoi usare solo i tuoi documenti falsi. E hai solo una carta di identità falsa. Non ti convertono i titoli di studio, che sarebbe la cosa indispensabile per andare a lavorare, per trovare un lavoro”.
Carmelina Prisco racconta a PRESADIRETTA la sua vita di oggi, condannata a trascorrere le giornate a casa. “A mangiare, a ingrassare, a impazzire, ad andare in depressione. Io dico a questo punto preferisco farmi ammazzare, dico che se mi sparano mi fanno un piacere, tanto ormai la vita non ha più senso. Se mi ammazzano mi fanno un piacere. Io voglio morire, non ce la faccio più perché io non ho futuro, non ho aspettative”.
Fabio Falcone, della Direzione Investigativa Antimafia e sindacalista del Silp Cgil afferma a PRESADIRETTA: L’impressione è che la DIA sia scomoda. La nostra lotta contro la mafia è impari
Fabio Falcone, uno degli appartenenti alla DIA sin dai tempi di Falcone in un’intervista a Elena Stramentinoli per PRESADIRETTA sui tagli dei governi alla sicurezza:
“La nostra lotta contro la mafia è una lotta completamente impari dal punto di vista economico. La DIA, un organismo fortemente voluto da Giovanni Falcone, era un organismo forte. Oggi il sentore da parte mia e dei colleghi è quello che le indagini particolarmente delicate che sono state fatte sui rapporti di Cosentino con i Casalesi, di Dell’Utri con Cosa Nostra e di Belsito tesoriere della Lega, con la ndrangheta, ci fanno pensare che il nostro tipo di attività sia scomoda. Ora capire se questo è vero o non è vero non lo so. Sta di fatto che quando è avvenuto il taglio del 20% il ministro dell’Interno era Maroni, al quale abbiamo scritto una lettera a cui non è ancora stata data una risposta”.
E i successivi ministri? – viene chiesto a Fabio Falcone – “Purtroppo devo dire che siamo ancora fermi. Vorremmo che almeno il presidente Letta mettesse questo tema in agenda perché attualmente sembra non esserci”