“Vieni a lavorare con noi”. S’intitola così l’inchiesta di copertina del numero
di Wired di febbraio dedicata ai Fab Lab, in edicola da venerdì 31
gennaio. Si tratta delle officine e dei luoghi di trasferimento di conoscenze
dove si realizzano prototipi con le stampanti 3D; dove con le frese, con le
macchine a controllo numerico e con i laser cutter si reinventa la tradizione
artigiana e manifatturiera del paese. Quando un anno e mezzo fa Wired
iniziò a occuparsi del fenomeno, in Italia ce n’era solo uno. Oggi i Fab Lab
sono 43 e continuano a crescere di mese in mese. In essi c’è l’opportunità di
agganciare il nostro Paese – ancora tra i leader mondiali della manifattura,
della personalizzazione, della creatività, della cultura e della bellezza – al
treno della terza rivoluzione industriale, il cambiamento che su scala globale
sta investendo la produzione tradizionale. Il mensile Condé Nast ha realizzato
un censimento delle strutture e racconta tre storie emblematiche di persone che
stanno cambiando l’idea stessa di Made in Italy: la Sgv di Giorgio Villa e
Silvia Salami, in procinto di aprire un Fab Lab a Milano; la Dws di Maurizio
Costabeber, che ha prsentato le sue stampanti 3D al Ces di Las Vegas; la
fabbrica lenta di Giovanni Bonotto, che ha trasformato la propria azienda
tessile rendendo gli operai maestri artigiani. L’inchiesta è completata da
un’analisi di Stefano Micelli, direttore scientifico della Fondazione Nord Est,
docente universitario e autore di Futuro artigiano: «Queste linee di
evoluzione» sottolinea Micelli, «segnano altrettante opportunità per il
nostro paese. Una tecnologia più accessibile e facile da personalizzare consente
di riportare in Italia attività manifaturiere innovative»