FIDELIO di Ludwig van Beethoven – Inaugurazione Stagione 2014/2015 del Teatro alla Scala

Teatro alla Scala, dal 7
al 23 dicembre 2014

FIDELIO

Con il Fidelio di Ludwig van Beethoven che va in scena il 7 dicembre 2014
per la regia di Deborah Warner Daniel Barenboim apre la Stagione di Opera e
Balletto 2014/2015 del Teatro alla Scala e conclude un percorso scaligero di 9
anni (ma il primo concerto di Barenboim alla Scala è del 1970) iniziato proprio
con Beethoven – la Sinfonia n° 9 – il 23 dicembre 2005. Alla Nona hanno fatto seguito nel corso degli
anni le integrali delle Sinfonie, dei Concerti per pianoforte, delle Sonate: al
termine della sua esperienza come Direttore Musicale del Teatro alla Scala il
M° Barenboim completa ora con Fidelio
un percorso interpretativo che resterà come occasione per il pubblico milanese
di tornare ancora una volta a confrontarsi con un corpus musicale che è tra i
fondamenti della cultura occidentale, e come prezioso patrimonio di esperienza
e sapere per i complessi del Teatro. Risulta assai significativo in questo
contesto che nel finale di Fidelio
risuonino i versi di Schiller “Chi ha conquistato una cara sposa si unisca al
nostro giubilo” (“Wer ein holdes Weib errungen /
Mische seinen Jubel ein!”) tratti dall’Inno
alla Gioia
che sarà musicato nella Nona sinfonia. 

Lo spettacolo è firmato dalla
regista britannica Deborah Warner, che dopo essersi imposta nella prosa grazie
alla sua collaborazione con la Royal Shakespeare Company si è dedicata con
sempre maggiore assiduità all’opera realizzando tra l’altro una produzione di Death in Venice di Britten  che aveva conquistato il pubblico del
Piermarini nel 2011. Scene e costumi sono di Chloe Obolensky, allieva di Lila
De Nobili e storica collaboratrice di Peter Brook, le luci di Jan Kalman.

Il cast, capitanato da Anja
Kampe (Leonore) e Klaus Florian Vogt (Florestan), comprende Falk Struckmann
(Don Pizarro), Kwangchoul Youn (Rocco), Peter Mattei (Don Fernando), Mojca
Erdmann (Marzelline) e Florian Hoffmann (Jaquino).

Fidelio,di cui quest’anno si festeggia il
bicentenario della terza versione, si inserisce perfettamente nel palinsesto “Milano
Cuore d’Europa” promosso dal Comune di Milano: l’intreccio di umanità, affetti
e aspirazione alla libertà espresso da Beethoven è davvero al centro del
patrimonio culturale e civile del nostro continente.

Quale Fidelio?

Fidelioha gestazione tormentata e tre edizioni
principali (vedi oltre): quella che andrà in scena alla Scala sarà in massima
parte l’ultima del 1814 con i dialoghi di Treitschke, ma con uno sguardo
rivolto alle versioni precedenti sia nella scelta dell’Ouverture (che sarà Leonore n° 2, scritta da Beethoven per
la prima del 1805 utilizzando temi dell’opera e che verrà trasformata l’anno
seguente nella grande Leonore n° 3)
sia nella collocazione dei primi due brani, che seguirà l’edizione del 1806, di
cui Beethoven era evidentemente soddisfatto se ne fece stampare nel 1810 la
versione per canto e pianoforte.

Con Leonore
n° 2, spiega il M° Barenboim, Beethoven supera la tradizione settecentesca
delle ouverture i cui temi non hanno relazione con l’opera (pensiamo a Mozart: Le nozze di Figaro, Così fan tutte) per creare una vera introduzione al clima del
dramma, come avverrà nel teatro musicale successivo: “tutta la vicenda vi è già
contenuta, l’opera la riprende e racconta i dettagli”. Leonore n° 2 non ha però le dimensioni imponenti, da movimento di
sinfonia, che caratterizzano Leonore
n° 3:  il M° Barenboim ricorda le parole
di Furtwängler:  “Se si fa la n° 3 non è
più necessario eseguire il resto dell’opera”. Tra le modifiche apportate nel
1806 c’è anche il cambio dell’ordine dei primi due brani (l’aria di Marzelline
viene eseguita prima del duetto Marzelline – Jaquino), che il Maestro ritiene
preferibile per ragioni sia drammaturgiche sia musicali: dal punto di vista
tonale si osserva che l’ouverture termina in do maggiore, l’aria di Marzelline
è in do minore, mentre il duetto è in la maggiore. Nella versione del 1814
l’ouverture sarà in mi maggiore. Dal punto di vista drammaturgico l’aria
all’inizio contrasta meno del duetto scherzoso con la grandiosità
dell’ouverture e soprattutto garantisce un maggior spessore al personaggio di
Marzelline che ha così la possibilità di presentarsi.

Lo sguardo di Daniel Barenboim e Deborah
Warner verso la versione del 1806 (che Beethoven volle intitolare “Leonore, o
il trionfo dell’amor coniugale”) nasce però soprattutto dalla volontà di
approfondire l’aspetto umano e affettivo del dramma. “Le due opere più famose
del repertorio tedesco – spiega Barenboim – sono oggetto di malintesi
interpretativi: di Tristano si parla
come di un’opera sull’amore mentre in realtà è un’opera sulla morte. L’amore in
Wagner è piuttosto nel primo atto di Walkiria.
Fidelio invece è spesso letto
esclusivamente come dramma politico, mentre è la storia di una donna pronta a
tutto per salvare l’uomo che ama”. Aggiunge Deborah Warner: “La ricerca della
verità nel buio di una prigione, la scoperta dell’ingiustizia alla luce del
sole e il potere dell’amore di vincere tutto: Fidelio è fatto di questo. Non credo che al centro ci sia l’idea
della libertà, credo che ci sia assolutamente l’idea dell’amore”. A parte la
grande ouverture, ricorda Barenboim, l’orchestra di Fidelio è mozartiana. Uno dei problemi esecutivi risiede nel fatto che
storicamente la parte di Leonore sia stata sostenuta da cantanti wagneriani,
dalla vocalità troppo pesante per la scrittura. La Warner ha lavorato con
particolare intensità sul rapporto tra parti cantate e parti parlate: “i
dialoghi sono comici e scialbi se trattati con superficialità, umani e toccanti
se resi con cura”.

Le versioni del Fidelio

Per la sua unica opera (che non fu
tuttavia il suo unico progetto teatrale: da ricordare il balletto Die Geschöpfe des Prometheus del
1800/1801, le numerose musiche di scena tra le quali spicca Egmont del 1809/10 e il progetto per
l’opera Vestas Feuer, Il fuoco di Vesta, su libretto di
Schikaneder) Beethoven sceglie la forma del Singspiel:
una struttura di teatro musicale che alterna brani cantati e parlati e in area
tedesca include titoli mozartiani tra cui Die
Zauberflöte
, ma che all’epoca di Beethoven tornava in auge soprattutto
grazie alla voga dell’opéra comique che attraversava l’Europa. Il compositore
sceglie infatti un testo francese, Léonore
ou l’amour conjugal
, scritto da Jean-Nicolas Bouilly nel 1794, poco dopo la
caduta di Robespierre, inserendosi nella moda delle pièces à sauvetage (in tedesco Rettungsoper)
che mettevano in scena personaggi salvati all’ultimo istante da gravi pericoli.
La composizione, iniziata mentre l’autore attendeva alla Terza Sinfonia (1804),
è alquanto travagliata e comprende tre differenti versioni:

1.    
Fidelio oder Die eheliche Liebe, opera in tre atti:
prima rappresentazione 20 novembre 1805, Theater an der Wien.Libretto di Joseph Ferdinand
Sonnleithner. L’ouverture eseguita è quella oggi conosciuta come Leonora n° 2. La
prima, a una settimana dall’entrata dei francesi a Vienna, è un disastro: il
pubblico, formato soprattutto da ufficiali occupanti, capisce assai poco. Dopo
due repliche a teatro vuoto l’opera viene ritirata. Gli amici di Beethoven, in
una riunione a casa del principe Lichnovsky, gli consigliano una radicale
revisione.

2.    
Leonore oder Der Triumph der ehelichen Liebe, opera in
due atti; prima rappresentazione 29 marzo 1806, Theater an der Wien.Il titolo annunciato, nonostante il
volere di Beethoven, è sempre Fidelio,
per timore di un conflitto di diritti con il compositore Paër che aveva
presentato la sua Leonore nel 1804 (la
dizione Leonore sarà però ripristinata
nell’edizione per canto e pianoforte della versione 1806 realizzata da Carl
Czerny e pubblicata nel 1810 da Breitkopf & Härtel). Il libretto di
Sonnleithner è rimaneggiato da Stephan von Brauning e l’aria di Marzelline
collocata prima del duetto Marzelline – Jaquino. L’ouverture eseguita è la Leonore n° 3 e la rappresentazione è un
successo. Un litigio di Beethoven con il barone Braun, direttore del Teatro,
porta a una nuova interruzione delle recite. Una ripresa dell’opera viene
progettata a Praga nel 1807: è probabilmente questo il contesto in cui
Beethoven compone una nuova ouverture, più agile delle precedenti. Il progetto
resta però incompiuto, e l’ouverture viene pubblicata postuma nel 1838 come Leonore n° 1 op. 138: la numerazione
dipende dal fatto che la si è considerata una prima versione della n° 2,
opinione oggi abbandonata dalla maggior parte dei commentatori.  

3.    
Fidelio, opera in due atti; prima
rappresentazione 23.5.1814, Kärtnertortheater. Libretto rivisto da Georg
Friedrich Treitschke: il finale non si svolge più nel carcere ma all’aria
aperta, dopo il definitivo salvataggio dei due coniugi, accentuando insieme ai
nuovi, ottimistici finali delle arie di Leonore (per la quale viene composto
anche il nuovo recitativo accompagnato “Abscheulicher!”) e Florestan, gli
aspetti simbolici di una liberazione “universale”. Si esegue l’ouverture Fidelio in mi maggiore (Beethoven però
non la finisce in tempo per la prima, ove si esegue l’ouverture “Le rovine di
Atene”), che a differenza delle precedenti non contiene citazioni dirette
dell’opera tornando così alla tradizione settecentesca, e si taglia il terzetto
del I atto “Ein Mann ist bald genommen”. Il nuovo cambio di scena prima del
finale è probabilmente all’origine dell’uso ottocentesco, consolidato da Gustav
Mahler e proseguito fino ad anni recenti, di interpolare l’imponente Leonore n° 3 (circa 14 minuti di musica)
come anticipazione sinfonica dell’epilogo.

Fidelioalla Scala

Fidelio, titolo sconosciuto all’Italia
ottocentesca (in tutto il secolo si contano solo una rappresentazione a Bologna
e una a Milano) è opera di costante se non frequente rappresentazione alla
Scala ed è, per tradizione e per necessità, appannaggio dei più grandi Maestri.
Il debutto avviene solo nel primo centenario della morte di Beethoven, nel
1927, auspice Arturo Toscanini e con Francesco Merli e Elisabetta Ohms Pasetti.
Nel 1939 Wilhelm Sieben dirige Iva Pacetti e Giovanni Voyer in uno spettacolo
di Mario Frigerio, scene di Nicola Benois; l’opera torna per l’ultima volta in
italiano dieci anni più tardi con Jonel Perlea sul podio, scene e costumi di
Felice Casorati e un cast di lusso: Maria Rigal e Mirto Picchi sono affiancati
da Boris Christoff, Giuseppe Taddei e Hilde Güden. Nel 1952 Herbert von Karajan
è direttore e regista della prima produzione scaligera in tedesco, che schiera
Martha Mödl e Wolfgang Windgassen nelle parti principali; ancora Karajan nel
1960 si avvale della regia di Paul Hager con Birgit Nilsson e Jon Vickers in
palcoscenico. Il titolo torna per l’inaugurazione della stagione 1974/75:
dirige Karl Böhm, la regia è di Günther Rennert, cantano Leonie Rysanek e James
King. Nel 1977 la Scala accoglie i complessi della Wiener Staatsoper che,
guidati da Leonard Bernstein, presentano lo spettacolo di Otto Schenk con
Gundula Janowitz e René Kollo protagonisti. Fidelio
resta assente dalla Scala fino al 1990, quando Lorin Maazel dirige Jeanine
Altmeier e Thomas Moser nello spettacolo di Giorgio Strehler; ancora Thomas
Moser, accanto a Waltraud Meier, è protagonista nove anni più tardi
dell’inaugurazione di stagione diretta da Riccardo Muti con la regia di Werner
Herzog. L’ultima apparizione del titolo nella sala del Piermarini è
un’esecuzione in forma di concerto realizzata dai complessi della Wiener
Staatsoper diretti da Franz Welser-Möst il 9 settembre 2011 con Nina Stemme e
Peter Seiffert.  

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