1418308785_Il pifferaio magico – scena VI |
Compagnia
Marionettistica
Carlo
Colla e Figli
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IL
PIFFERAIO MAGICO
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fiaba in due tempi diEugenio Monti Colla
Musica diDanilo Lorenzini e Giuseppe Azzarelli
Scene diFranco Citterio
Costumi di Eugenio Monti Colla
realizzati dalla Sartoria della
Associazione Grupporiani
Parrucche diCarla Colla
Luci di Franco Citterio
Direzione tecnica diTiziano Marcolegio*****************
Voci recitantiLoredana Alfieri, Marco Balbi,
Roberto Carusi, Piero Corbella, Fabio Mazzari,
Lisa Mazzotti, Gianni Quillico, Franco
Sangermano, Giovanni Schiavolin
Registrazione musicale: LaRiS – Milano
SopranoPatrizia Roca, Tenore Andrea Thomas Gambetti,
BassoFrancesco Sorichetti
Strumentisti delLaRiS Ensemble: Erika Barba, flauto e ottavino;
Paolo Sportelli, clarinetto; Daniele Moretto, tromba;
Antonio Papetti, violoncello; Danilo Lorenzini, pianoforte.
Effetti specialiPaolo Sportelli e Giuseppe Azzarelli
Assistente di studioClaudio Marra
DirettoreGiuseppe Azzarelli Supervisione
Danilo Lorenzini
Registrazione effettuate presso lo
studioGLANCE – MILANO
Tecnico del suonoRino Carbone Montaggio
Giovanni Schiavolin
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Regia diEugenio Monti Colla*****************
ProduzioneASSOCIAZIONE GRUPPORIANI
Comune di Milano – Cultura – Teatro convenzionato
Premessa
Metafora? Percorso
poetico? Suggestione onirica? Forse “Il Pifferaio magico” vuole
essere un poco di tutto questo. Certamente le marionette hanno, per il loro
specifico linguaggio, dovuto vivere di vita propria: da qui la rielaborazione
della celebre fiaba dei Fratelli Grimm, che vede situazioni drammaturgiche più
complesse e personaggi nuovi. Ma, soprattutto, è stata restituita alle
marionette l’antica funzione satirica che, nel passato, le consacrò al ruolo di
acute commentatrici degli eventi storici e dei mutamenti sociali. Ma accanto
alla satira come non cedere allo struggente bisogno di nostalgia, di malinconia
e di semplice poesia che questi “oggetti” in movimento suscitano: creature
nuove nelle fattezze come nei ruoli, proiezione del fantasticare sui luoghi,
sui suoni e sui momenti dell’azione, pronte a rivestire abiti sgargianti e
colorati per “essere” sulla scena, finalmente attori. Numerosi gli
spunti per parlare di sé, di noi tutti, del tempo che fu, sottovoce come si
conviene a questo mondo in miniatura, a metà fra i sogni ed i pensieri.
Eugenio Monti Colla
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I personaggi
Il Borgomastro di Hamelin
Lise, sua figlia
Messer Gropius, banchiere
Mastro Jacob, notaio membri del Consiglio Municipale
Dottor Gunther, cerusico
Otto, maniscalco
Fritz, barbiere
Kurt, fornaio
Franz, oste
Mathias paggi del Borgomastro
Wilhelm
Hans
Frida, vecchia contadina
La Ronda
I mastri birrai
La banda musicale
I giovani fidanzati
Bambini, fanciulli, uomini e donne di Hamelin
Lo straniero
Il Messo Imperiale
L’azione
teatrale
PRIMO TEMPO
Quadro I
La città di Hamelin,
ricco centro della Sassonia, celebra la festa della vendemmia. Le fanciulle
recano ceste d’uva mentre i carri sfilano trasportando enormi botti di birra.
Ovunque regna l’allegria. Il Borgomastro, rispondendo alle acclamazioni della
folla, loda la laboriosità dei cittadini e la ricchezza della città, vanto e
fama di tutto l’Impero. Alcuni degli abitanti, in mezzo al giubilo generale, si
dichiarano turbati dalla presenza di Hans, il giovane poeta, il quale, anziché
operare attivamente, si trattiene cogli animali e coi fanciulli, a giocare, a
leggere poesie, a raccontare fiabe e leggende, a contemplare le bellezze della
natura. Il Borgomastro, preoccupato che questo possa distogliere i giovani
dalle ferventi occupazioni quotidiane e dal loro dovere futuro, ordina che gli
animali siano rinchiusi in gabbie, condotti fuori dalle mura e abbandonati nel
bosco al loro destino e che venga impedito ai bambini di frequentare Hans.
Mentre tutti si affaccendano per obbedire all’ordine impartito, Lise, la
giovane figlia del Borgomastro, interviene per convincere il padre a desistere
da un tale proposito. Sopraggiunge anche Hans disperato per l’insensibilità
degli abitanti. Ma questo provoca l’ira del Borgomastro che lo insulta e lo
scaccia dalla città.
Il pianto dei fanciulli,
in lontananza, accompagna il triste viaggio degli animali verso il bosco.
Quadro II
Una radura nel bosco
Hans tenta di consolare
gli animali che sono, tristi e malinconici, accovacciati sull’erba.
Sopraggiunge Lise la
quale invita il giovane a rientrare ad Hamelin e a fare atto di sottomissione
al Consiglio della Municipalità che ha deciso di bandirlo per sempre dalla
città.
Hans rifiuta, però, di
cedere alle minacce. All’improvviso appare lo Straniero. Ai due giovani,
sorpresi, egli raccomanda di non rinunciare alla purezza dei loro cuori e
promette che nulla verrà a turbare il loro affetto. Mentre il sole cala
all’orizzonte, lo Straniero si avvia verso le porte di Hamelin.
Quadro III
Le contrade di Hamelin
La notte è scesa sulla
città. L’uomo di ronda invita al riposo e alla quiete gli abitanti immersi nel sonno.
All’orizzonte appare lo straniero che intona col piffero una dolce melodia.
Improvvisamente da ogni parte un’orda di topi affamati invade la città
divorando ogni cosa.
Quadro IV
La taverna
Il Consiglio Municipale
è riunito per decidere come arginare l’invasione dei roditori che distruggono
la città. Da ogni parte giungono notizie terribili che gettano tutti in preda
allo sconforto. Il Borgomastro decide di promulgare un editto che promette una
ricompensa a chi salverà Hamelin da tanta calamità. Lo Straniero, fra lo
stupore generale, si avanza e promette di salvare la città dal flagello che la
distrugge richiedendo un premio di mille monete d’oro.
Tutti si prostrano
davanti a lui promettendogli riconoscenza eterna ed egli si congeda per
mantenere quanto promesso.
Quadro V
Le sponde del Weser
Lo straniero intona col
piffero una dolce melodia.
Dalle porte della città
i topi, richiamati dal suono, escono a frotte gettandosi nelle onde del fiume
Weser e scomparendo per sempre.
SECONDO TEMPO
Quadro VI
La Sala del Municipio di Hamelin
Il Borgomastro e i
membri del Consiglio sono in preda all’agitazione: da cinque giorni lo
Straniero attende sulla piazza di ricevere la ricompensa. Il Borgomastro,
deciso ad evitare l’esborso delle mille monete d’oro, riceve l’uomo e lo
alletta con la promessa di un monumento con cui tramandare ai posteri il nobile
gesto compiuto per la città di Hamelin.
Di fronte al rifiuto
dello Straniero, il quale ha ben compreso la manovra dei Consiglieri, tutti
negano di aver promesso del denaro, mostrandosi scandalizzati che un’opera
compiuta per il bene dell’umanità debba essere premiata con vile moneta. Lo
Straniero, indignato per tanta ipocrisia, lascia il Municipio affermando che
Hamelin conserverà un ricordo incancellabile del suo operato.
Quadro VII
La Piazza di Hamelin
Lo Straniero modula col
piffero una dolce melodia. Dalle case escono i bambini e le bambine di tutta
Hamelin che, seguendo il magico suono, si inoltrano nel bosco lasciando i padri
e le madri in preda alla disperazione.
Quadro VIII
La Piazza di Hamelin
Sono trascorsi cinque
interminabili giorni. Gli abitanti di Hamelin vivono nello sconforto. Il
Borgomastro e i Consiglieri assistono impotenti al dolore dei genitori. La
vecchia e saggia Frida si avanza e richiama alla memoria di tutti il bel tempo
in cui gli abitanti di Hamelin godevano di una vita semplice e serena, libera
dall’ambizione e dalla cupidigia. Colpito dalle parole della donna, il
Borgomastro decide di recarsi nel bosco e consegnare il premio pattuito allo
Straniero. Ma il Pifferaio appare all’improvviso. Dalle sue parole tutti
comprendono che dalla scomparsa dei topi non è passato che un solo giorno, non
vi è stato nessun inganno né alcuna punizione. I figli degli abitanti di
Hamelin giocano nel bosco con Hans, come in una qualunque giornata. Egli
annuncia, altresì, un futuro brillante per il giovane poeta e, prima di
lasciare Hamelin, dona le mille monete d’oro a Lise affinché possa sposare
Hans. Ed ecco che, sulla melodia del piffero, i bambini, Hans e gli animali
fanno ritorno nella città fra la gioia
generale. Preceduto da squilli di trombe un Messo Imperiale annuncia al
Borgomastro e a tutti gli abitanti di Hamelin che il giovane Hans è chiamato
dall’Imperatore a ricoprire il ruolo di poeta di Corte. Tutta Hamelin festeggia
con danze e canti i lieti avvenimenti. La melodia, intonata dal Pifferaio
Magico compie, infine, l’ultimo prodigio: agli occhi di tutti Hans appare
guarito. E la notte scende misteriosa sulla città di Hamelin.
FINE
Note
sulla musica
Risulta sempre un po’ difficile per un compositore
parlare della propria musica, forse per un senso del pudore o per un’ingenua
gelosia che lo inibiscono dallo svelare quei segreti attraverso i quali è
possibile scoprire il suo gioco.
Ma spesso il compositore
osservando con attenzione la sua partitura, vi trova cose che all’apparenza
sembrano nuove ed inaspettate, frutto inconsapevole, ma certamente non casuale,
della sua creatività.
In un lavoro come “Il Pifferaio Magico“, realizzato
“in duo” con Danilo Lorenzini, le sorprese sono state molte, non
ultima quella di notare la stretta correlazione melodica esistente tra alcuni
temi musicali, pur essendo composti da mani diverse.
I più importanti sono
certamente quelli proposti per primi dopo l’Ouverture, ossia quello della città
di Hamelin, quello di Hans lo zoppo e il melisma del Pifferaio Magico.
Questi tre temi
rappresentano la base dell’intera composizione, ma oltre alla loro funzione
strutturale essi rivestono un valore simbolico: il tema della città rappresenta
l’uomo e il suo rapporto con la terra e la sfera materiale; il tema del
pifferaio il cosmo ovvero la sfera metafisica;
il tema di Hans incarna la speranza, il tentativo di redenzione attraverso
la natura e la via che permette di congiungere la sfera materiale dell’uomo con
la sfera metafisica del cosmo.
Forse si esprime in
questo la “magia” del Pifferaio, il suo incantesimo non vuole
inebetire, ma ridare consapevolezza con l’esperienza del dolore e della
sofferenza suscitata dal rapimento dei bambini della città. Spetta ad un tempo
di marcia inesorabile ed inquietante caratterizzare questo momento, marcia al
cui culmine parossistico che incarna la disperazione dei genitori, fa eco la
citazione della sequenza gregoriana del Dies
irae.
Il linguaggio
utilizzato, pur essendo complesso, vuole sempre mantenere una incisiva
comunicabilità, rispettando le caratteristiche proprie della drammaturgia
musicale del teatro marionettistico. Qui però non ci si limita a rispettare
forme e convenzioni, nel tentativo (dopo il percorso intrapreso da Danilo
Lorenzini nei due precedenti spettacoli “La lampada di Aladino” e “La leggenda di Pocahontas“) di perfezionare al massimo
l’intervento musicale, anche in funzione del tempo storico in cui ci troviamo
ad operare.
Le influenze stilistiche
quindi non sono più di esclusiva pertinenza del mondo operistico, ma provengono
dalla musica leggera, dalla musica cinematografica, nonché da spiccate
personalità del ‘900 storico e contemporaneo quali F Poulenc, L. Dallapiccola
ed O. Messiaen.
Ciò che si rifa’ più
direttamente alla tradizione si rispecchia nel mantenimento di alcune
situazioni (quali la Marcia iniziale per il “corteo” ed il Valzer
conclusivo per la danza generale) senza dimenticare l’esigenza di uno stile che
riconduca tutto all’essenziale. La forma musicale ridotta ai minimi termini si
esprime in tempi ristrettissimi, come accade ad esempio nell’Ouverture che, in
un condensato di emozioni, riassume il percorso drammaturgico ed il clima
dell’intero spettacolo.
Anche l’orchestrazione
si pone come obbiettivo l’utilizzazione del piccolo organico vocale-strumentale
al massimo delle sue possibilità. Le voci si esprimono non solo in modo
consueto, ma anche in modo puramente coloristico (come nella III scena della I
parte “Notte e invasione dei topi“)
divenendo un ingrediente quanto mai efficace per l’ambientazione drammatica di
taluni momenti.
L’opera sembra,
comunque, mantenere una solida omogeneità scandendo i ritmi e le vicende dello
spettacolo e cercando di superare e rinnovare i cliché della tradizione in
rapporto alle nuove esigenze linguistiche e drammaturgiche.
Nonostante la premessa
iniziale sembra che ogni pudore sia stato abbandonato e sono sicuro del fatto
che in queste parole siano racchiusi solo alcuni di quei “segreti”
che, in parte, io stesso ho dovuto pazientemente scoprire, pur nella
convinzione che chi scrive musica si espone sempre e comunque svelando di sé
anche aspetti che gli sono sconosciuti.
Giuseppe Azzarelli
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