PINO DANIELE_Acustico1x1_foto di Roberto Panucci_b |
PINO DANIELE: i funerali
mercoledì 7 gennaio a Roma
I funerali di PINO
DANIELE, tragicamente scomparso nella
tarda serata di ieri (domenica 4 gennaio), saranno celebrati mercoledì 7
gennaio a Roma, alle ore 12.00 presso il Santuario della Madonna del Divino
Amore a Castel di Leva (via del Santuario 10, Roma – nei pressi di via
Ardeatina). I funerali saranno celebrati in forma
pubblica.
La famiglia dell’artista
ringrazia per il calore ricevuto da ogni parte in queste ore di
dolore.
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PINO
DANIELE
Biografia
Una voce, una chitarra e un po’ di
blues, di rock, di soul, di funky, di suoni arabi, di radici napoletane, di
jazz, di salsa, di samba, di taramblù, quel posto magico dove la tarantella
incontra Robert Johnson, ora anche di melòrock.
Pino Daniele? Il nero a metà, l’americano della nuova
Napoli che sognava di veder passare la nuttata, il mascalzone latino, il Lazzaro
felice, l’uomo in blues, il musicante on the road, il neomadrigalista,
cantautore che negli anni in cui dominava il messaggio non mise mai in secondo
piano la musica, pur avendo cose da dire, e che cose.
Giuseppe Daniele, napoletano del
centro storico, classe 1955. Oggi che la sua carriera ricomincia da
un’indipendenza discografica-artistica a cui ha da sempre aspirato, appare
ancor più chiara e ricca e complessa e diversa da qualsiasi routine la parabola
che l’ha portato dai vicoli dove non entra mai il sole alle hit parade,
l’Olympia di Parigi, Umbria Jazz,
l’Apollo di New York, il Festival di
Varadero a Cuba, gli stadi di tutt’Italia, l’Earth Day al Circo Massimo, il Crossroad
Guitar Festival di Chicago….
A cavallo tra gli anni Settanta e
Ottanta Pino inventa una nuova lingua, anzi un lingo, gioca con le melodie
assimilate in piazza Santa Maria La Nova, i racconti di munacielli e belle
’mbriane delle zie, il rock e il jazz come sogno americano, il vento di
rivoluzione che scuote Napoli negli anni dell’impegno che naufragherà nel
disimpegno poi detto riflusso.
Come Carosone riflette
sull’America che è in lui e nella sua musica, utilizzando la rabbia al posto
dell’ironia, un piglio da capopolo newpolitano al posto dello sfottò, che pure
permea il suo canzoniere da Masaniello ma non troppo. Il suo leggendario
supergruppo mostra all’Italia che nella canzone c’è un Sud competitivo, che sa
parlare alla nazione intera anche usando il dialetto, segna l’apice del
neapolitan power, ma anche la fine: quando il sogno collettivo dell’orgoglio
vesuviano lascia il passo alle carriere soliste, Daniele prende il volo, ma ha
già scritto pagine destinate a rimanere, fondendo la melodia partenopea con il
rock-blues, la canzone di protesta con la saudade del Vesuvio.
Il brano che dà il titolo al suo
disco d’esordio, “Terra mia”, del 1977, sta a Partenope come “This land is my
land” sta all’America di Woody Guthrie con un’aggiunta di sofferenza e
consapevolezza storica che non è mai autocompatimento, ma il brano che apre il
disco, “Napule è” è qualcosa di più, il canto di una generazione, l’ultima
speranza prima della disillusione, poesia e rabbia, il dolore e il sogno
impossibile di una città/nazione salvata dai ragazzini, anzi dai “criature”,
dal loro canto ingenuo, pulito. E, sia detto senza dubbio alcuno, una melodia
da applausi.
Nel 1979 “Pino Daniele” mette
insieme capolavori come “Je sto vicino a te”, “Chi tene ‘o mare”, “Je so’
pazzo”, “Chillo è nu buono guaglione”, “Ue man!”, “Il mare”, “Putesse essere
allero”, E cerca ‘e me capì” con un’ispirazione che lascia allibiti per
lucidità e varietà: mente la canzone d’autore italiana si piega al messaggio,
lui la libera da ogni stilema, rischia le parolacce che lo fanno trasmettere
alla radio, parla di diversità e di ecologia prima che i temi diventino di
moda. Il sound è travolgente, attorno a lui i colleghi cantautori puntano solo
sulle parole, qui c’è ritmo da vendere, grondano groove imparati nei locali
degli americani della Nato a Napoli.
“Nero a metà”, omaggio a Mario
Musella e prima autodefinizione in musica, è il disco del grande successo,
l’incrocio definitivo tra melodie veraci e richiami rock applicati a raccontare
sentimenti come l’”Alleria” o l’”Appocundria”, prima di dichiarare la propria
passione: “A me me piace ‘o blues”. Nell’Italia degli slogan politici
accompagnati da chitarre scordate, il treno del supergruppo newpolitano fa faville,
quel blues latino apre il mitico concerto di Bob Marley a San Siro. L’apoteosi
di quella prima stagione, l’apice e la fine di quell’orgoglio napoletano si
registra il 19 settembre 1981: piazza del Plebiscito, allora un parcheggio e
non certo il salotto buono della città, si riempie di duecentomila persone,
nessuno se le aspettava, forse è il primo megaconcerto italiano. Tullio De
Piscopo, Joe Amoruso, Rino Zurzolo, Tony Esposito e uno straordinario James
Senese accendono una notte tenerissima, indimenticabile.
Ma Pino, che pure cattura quella
stagione in un altro lp epocale come “Vai mò” (1981) e in brani come “Yes I
know my way”, “Viento ‘e terra”, “Sulo pe’ parlà” e “Have you seen my shoes”, è
talento irrequieto, ha bisogno di guardare al mondo, Napoli non gli starà mai stretta,
ma il suo futuro ora è una raccolta impressionante di collaborazioni
internazionali, di aperture ad altri suoni, altre storie.
“Bella ‘mbriana”, del 1982, parla
di tradizioni dimenticate, anticipa la stagione della world music che sarà,
eppure coinvolge jazzisti del calibro di Wayne Shorter ed Alphonso Johnson,
continuando a mischiare napoletano, italiano ed inglese: “Tutta ‘n’ata storia”
e “I got the blues” si muovono tra monacielli ed antiche leggende della città
nata con il canto delle sirene. Due anni dopo, “Musicante” incontra le
percussioni brasiliane di Nanà Vasconcelos, la tromba terapeutica di Don Cherry
e i suoni d’Africa, senza dimenticare il genius loci di “Lazzari felici” o la
capacità di parlare di argomenti-tabù come quelli del contrabbando in mano alla
camorra in “Stella nera”.
Dal vivo, poi, non ce n’è per
nessuno, come sintetizza “Sciò live” (’84) che si spara i sassofoni solisti di
Gato Barbieri e Bob Berg accanto a una sezione di fiati formata da Larry Nocella,
Juan Pablo Torres e Adalberto Lara. “Ferry boat (’95) guarda ancora ai Sud del
mondo, balla la “Dance of baia”, fa salire a bordo nuovi sessionmen stellari
come Steve Gadd e Richard Tee. Il Festival
di Montreux, il Canada, l’Olympia di Parigi, il Festival di Varadero a Cuba e l’Arena di Verona aprono le porte
alla corrente del golfo che arriva con Pino, italiano da esportazione, ora
anche produttore, di Richie Havens (“Non ci potevo credere, sono cresciuto con
il mito di “Woodstock” ed ora lavoro con l’uomo di “Freedom”) in “Common
ground” (’83).
Esplorate le strade del blues, del
jazz-rock, di quella che in quegli anni si chiama fusion, Daniele guarda sempre
di più ai suoni del mondo, i concerti in Francia gli mostrano che esiste una
musica “altra”, lontana dal dominio angloamericano, vicina tra l’altro a quella
delle sue radici. “Bonne soirèe” (’87) è un canto latino, mediterraneo,
africano, arabo, impreziosita dai contributi di Mino Cinelu e Jerry Marotta.
L’arab rock inizia qui e prosegue in “Schizzichea with love” (’88), mentre
continua anche la collaborazione con l’amico Massimo Troisi, per cui ha già
scritto le colonne sonore di “Ricomincio da tre” (’81) e “Le vie del signore
sono finite” (’87), prima di sfociare nel capolavoro di “Quando”, scritta con
l’amico per “Pensavo fosse amore e invece era un calesse” (’91).
“Mascalzone latino” (’89) è un
ritorno all’acustico, tra omaggi alla Magnani (“Anna verrà”) e San Gennaro
(“Faccia gialla”), tra “Sambaccussì” e “Carte e cartuscelle”. Un disco delicato,
importante, ma anche di transizione, mentre il fronte del palco fa registrare
il tour europeo di “The night of the guitar”, supergruppo di virtuosi
della sei corde che vede il napoletano al fianco di gente del calibro di Randy
California, Robby Krieger, Leslie West, Phil Manzanera, Steve Hunter…
Gli anni Novanta incombono con un
altro cambio di pelle, con un’altra svolta creativa: Un uomo in blues” (’91) sa
cantare l’Italia che cambia: ”’O scarrafone” denuncia la xenofobia nell’aria
con ironia e ritmo, mentre in “Che soddisfazione” garrisce la chitarra di Mick
Goodrick e il titolo del disco, un successo in hit parade, gioca ancora una
volta a trovare un nuovo appellativo per il cantautore. “Sotto ‘o sole” (’92)
schiera la voce recitante di Troisi in “Saglie, saglie”, due anni dopo arriva
il boom di “Che Dio ti benedica” con Ornella Muti protagonista del videoclip
del brano che dà il titolo all’album, uno straordinario successo commerciale
che presenta Daniele a una nuova generazione di fans e con lui i suoi ospiti
d’eccezione: Chick Corea, Ralph Towner, ma anche Bruno De Filippi.
La forma canzone, la scelta
dell’italiano come lingua principale, una maturità vocale evidente, il sound
d’impatto sono le caratteristiche di questa nuova stagione, che dal vivo
convive sempre con gli antichi splendori come testimonia il live “E sona mò”
(’94). Un pop-rock coinvolgentissimo abbinato a raffinatezze strumentali e
testi sempre più attenti all’allarme ecologico, come confermato da “Non
calpestare i fiori del deserto” (’95) che – forte dei contributi di Jovanotti e
di Irene Grandi – non a caso ritorna sulle strade della world music tra una
vittoria al Festivalbar e due concerti con Pat Metheny, che peraltro arrivano
dopo lo storico tour con Jovanotti ed Eros Ramazzotti.
Pino è l’uomo delle
collaborazioni, non dei duetti tanto per fare, divide il palco o lo studio di
registrazione con i grandi jazzisti come con Luciano Pavarotti, è sempre più un
suonautore, lasciando spesso alla sua chitarra il compito di parlare per lui.
Noa, Giorgia e Raiz degli Almamegretta sono le guest star di “Dimmi cosa
succede sulla terra” (’97), forte di superhit come “Che male c’è” e “Dubbi non
ho”, “Yes I know my way” (’98) rivitalizza l’antico cavallo di battaglia con
Jim Kerr dei Simple Minds.
“Come un gelato all’equatore”
(‘99) e “Medina” (2001) alternano l’italiano al napoletano, le canzoni d’amore
a quelle più sociali, il pop al ritorno all’Africa (ci sono Faudel, Salif Keta
e Lotfi Bushnaq al fianco di Peter Erskine, Victor Bailey, Rachel Z, Miriam
Sullivan, Mike Manieri), ai temi antirazzisti, alla collaborazione con i 99
Posse, a confermare l’interesse del nero a metà per i suoi nipotini, la sua
volontà di intercettare sempre le novità di qualità che arrivano dalla sua
Napoli. “Zio Pino” lo chiamano, con affetto Raiz come Zulù, a spiegare quanto
sia importante la sua lezione anche per le scene successive.
“Passi d’autore” (2004) è forse il
più ambizioso dei progetti danieliani, tra omaggi a Che Guevara, Django
Reinhardt e Maradona, tra world music e il richiamo ai madrigali di Gesualdo da
Venosa. Mentre critica e nostalgici vorrebbero inchiodarlo al suo passato, Pino
studia musica, cerca nuovi stimoli e nuovi approdi. “Iguana cafè” (2005) è una
sintesi, spiega il sottotitolo, di “Latin blues e melodie” che riprende “It’s
now or never”, ovvero “’O sole mio” nella versione presleyana, come singolo,
reclamando insieme il doppio passaporto di napoletano d’America.
Prima c’era stato un altro
supertour, quello con Francesco De Gregori, Fiorella Mannoia e Ron, questa
volta fortunatamente testimoniato da un cd e un dvd, in cui i quattro si
dividono e si scambiano i repertori come mai visto prima, né dopo, nella storia
della canzone italiana.
“Il mio nome è Pino Daniele e vivo
qui” (2007) ritrova Tony Esposito e prepara la strada a un evento storico,
quello del triplo cd antologico con inediti “Ricomincio da 30”, che cita Troisi
e riforma il supergruppo (Tullio De Piscopo, James Senese, Tony Esposito, Rino
Zurzolo e JoeAmoruso) con l’aggiunta di Chiara Civello e Al di Meola. L’8
luglio il ritrovato dream team vesuviano espugna di nuovo piazza del
Plebiscito, ma questa volta ci sono pure Giorgia, Irene Grandi, Avion Travel,
Nino D’Angelo, Gigi D’Alessio.
Poi è storia recente tra “Electric
jam” del 2009 con il rap di J-Ax e “Boogie boogie man” dell’anno successivo, in
cui, oltre all’ex Articolo 31 spuntano Mina, Franco Battiato e Mario Biondi per
continuare il gioco delle rivisitazioni eccellenti di un passato che non passa
perché è ancora presente, così presente da brillare persino con la griffe di
Eric Clapton che cesella alla sua maniera una “Napule è” nell’estate
2011 in quello stadio di Cava de’ Tirreni che ha già visto protagonista tante
volte il Lazzaro felice.
Poi è il momento del melòrock de
“La Grande Madre” (2012), il primo disco prodotto dalla sua etichetta Blue Drag, grazie alla quale il
cantautore entra nel novero degli artisti indipendenti. Segue il grande ritorno
di Pino Daniele in concerto, con un tour (in teatri e palasport) nelle principali
città italiane, in Svizzera e negli Stati Uniti, dove fa registrare il tutto
esaurito.
Ed è con le sei date sold out al
Teatro Palapartenope, con l’evento “Tutta N’Ata Storia – Live in Napoli” che il “mascalzone latino” fa un
regalo alla sua città e al suo pubblico: uno spettacolo nuovo, che parte dalle
radici della canzone napoletana per raccontare i vari percorsi artistici
intrapresi dai grandi musicisti che hanno fatto la storia della musica moderna
“Made In Napoli” degli ultimi 40
anni, come Enzo Gragnaniello, Tony Esposito, Tullio De Piscopo, James Senese,
Joe Amoruso e lo stesso Rino Zurzolo. Un evento imperdibile per tutti gli
amanti del rock, del blues e del jazz dal sapore mediterraneo, “marchio di
fabbrica” che Pino Daniele è riuscito ad esportare in tutto il mondo e a far
apprezzare da grandi artisti internazionali, come Eric Clapton, Wayne Shorter,
Pat Metheny e tanti altri.
Il 22 gennaio 2013 esce “Tutta
N’Ata Storia – Vai Mo’ – Live in Napoli”,il Cd+Dvd dello storico concerto
del con cui Pino Daniele festeggiò i 30 anni di carriera in Piazza del
Plebiscito a Napoli (2008): il cofanetto, oltre a 2 brani inediti con Phil
Palmer (coproduttore insieme a Pino Daniele), Lucy Jules, Steve Ferrone e
Michael Feat, contiene 3 importanti duetti con Giorgia, Irene Grandi e Avion
Travel.
Il 10 luglio 2013, presso Il
Centrale Live – Foro Italico di Roma, Pino Daniele è protagonista di
“Sinfonico”, un evento unico dove ripercorre i momenti più
significativi della sua straordinaria carriera riletti per la prima volta in
chiave sinfonica. Sul palco è accompagnato, oltre che dalla sua storica band,
dall’orchestra “Roma Sinfonietta”, composta da un organico di 50 elementi
diretti dal M° G.Podio.
Nel dicembre 2013/ gennaio 2014
Pino Daniele, accompagnato dalla sua band storica, torna al Teatro
Palapartenope con “Napule È – Tutta N’ata Storia”, 5 serate-evento dedicate al
progressive napoletano, dove registra ancora una volta il sold out. Una storia
musicale e non solo, raccontata insieme agli artisti che hanno reso grande il
progressive napoletano e ai giovani artisti che oggi ne proseguono il cammino.
Nell’estate 2014 Pino Daniele è
impegnato in una serie di concerti in cui reinterpreta i suoi brani più belli
in acustico, con lo spettacolo “ACUSTICO”, e con orchestra sinfonica, con lo
spettacolo “SINFONICO A METÀ”, per alcune date esclusive che lo portano a
suonare nei festival più prestigiosi e nelle località più belle della Penisola,
da Nord a Sud.
Il 3 giugno esce, pubblicato da
Universal Music Italia, “NERO A METÀ”
Special Extended Edition, la riedizione dello storico terzo album di Pino
Daniele. Sono stati recuperati i nastri originali e rimasterizzati i 12 brani
che costituivano l’album. Inoltre da quelle stesse registrazioni del 1980 sono
stati tratti due preziosi brani inediti (“Tira
A Carretta” e lo strumentale “Hotel
Regina”) e nove brani in versioni alternative e demo mai pubblicate prima.
Il 1 settembre 2014 il cantautore
napoletano porta sul palco dell’Arena di Verona i brani dell’omonimo terzo album
con l’evento “NERO A METÀ”,
accompagnato dalla sua band originale del 1980, da 50 elementi dell’orchestra
Roma Sinfonietta diretta dal M° Gianluca Podio e da numerosi special guests. In
occasione del concerto, il 1° settembre Universal Music Italia pubblica “NERO A
METÀ” Special Extended Edition in doppio vinile da 180 grammi, in edizione
limitata e numerata in 1.000 esemplari. Il tour di “NERO A METÀ” continua a
dicembre 2014 con 6 date esclusive a Conegliano (6 dicembre), Bari (11
dicembre), Roma (13 dicembre), Napoli (16 e 17 dicembre) e Milano (22 dicembre).
Il 30 dicembre Rai 1 gli dedica lo speciale “Canzone”.