Teatro Goldoni: “Amerika” di Kafka e Scaparro, racconto in musica contro tutti i razzismi

www.teatrodellapergola.com

Maurizio Scaparro

Da mercoledì 21 a domenica 25 gennaio

Compagnia
Gli Ipocriti

in collaborazione conFondazione Teatro della Pergola di Firenze

presenta

AMERIKA

diFranz Kafka

traduzione e adattamentodi Fausto Malcovati

con

Giovanni Anzaldo

Ugo Maria Morosi

Carla Ferraro

e

Giovanni Serratore

Fulvio Barigelli

Matteo Mauriello

musiche ispirate alla cultura yiddish della vecchia Europa
e al jazz nero di Scott Joplin
adattate da
Alessandro Panattieri

eseguite
dal vivo da

Alessandro Panattieri, pianoAndy
Bartolucci
, batteriaSimone
Salza
, clarinetto

sceneEmanuele Luzzati
riprese da Francesco Bottai

costumiLorenzo Cutuli movimenti
coreografici
Carla Ferraro

regiaMaurizio Scaparro

regista assistenteFerdinando Ceriani

organizzazione generaleMelina Balsamo

Amerikadi Franz Kafka e Maurizio Scaparro inaugurano il 2015 del Teatro
Goldoni. Al ritmo di melodie yiddish e del jazz nero di Scott Joplin, con la
traduzione e l’adattamento di Fausto Malcovati, Scaparro torna a narrare la
storia dell’emigrante Karl Rossmann, dopo la prima fortunata edizione del 2000.
Un racconto in musica contro tutte le discriminazioni, i razzismi, le violenze
e gli ottusi autoritarismi.

«Quando il sedicenne Karl Rossmann, mandato in America
dai suoi poveri genitori perché una cameriera l’aveva sedotto e aveva avuto un
figlio da lui, entrò con la nave a velocità ridotta nel porto di New York, vide
la Statua della Libertà, che già stava contemplando da tempo, come immersa in
una luce d’un tratto più intensa. Il braccio con la spada sembrava essersi
appena alzato, e attorno alla sua figura spiravano liberi i venti.
»

Così ha inizio il romanzo incompiuto Amerika di Franz
Kafka, scritto cento anni fa,tra il 1911 e il 1914,e pubblicato postumo nel 1927.

Karl Rossmann, giovane ebreo europeo, viene
inviato in America come un pacco postale per sfuggire a uno scandalo che lo
vede coinvolto con una domestica; deve raggiungere lo zio Jacob, un autentico
“zio d’America”, affinché gli trovi un lavoro e una sistemazione. Lo spettacolo,diretto da Maurizio Scaparro (che
già nel 2000 aveva avuto una prima fortunata edizione con Max Malatesta e poi
il film tre anni dopo), racconta, attraverso vari quadri, la storia di un
ragazzo boemo che va in America, incontra un fuochista tedesco, fa un pezzo di
strada con un disoccupato irlandese e uno francese, ha come compagno di lavoro
un ragazzo italiano. Il protagonista è Giovanni Anzaldo, Premio UBU per Roman e il suo cucciolo di Alessandro Gassmann
e nel cast dell’ultimo film di Paolo Virzì, Il
capitale umano
. Al suo fianco, tra gli altri, Ugo Maria Morosi e Carla
Ferraro.

“Riprendo Amerikaa distanza di 14 anni”, ha spiegato il
regista romano, “è uno dei libri più straordinari dello scrittore praghese,
descrive nei dettagli fisici, ma soprattutto psicologici, i sogni di tanti
emigranti europei che tra la fine dell’800 e l’inizio del ‘900 lasciarono il
proprio Paese attratti dalla speranza di un mondo nuovo, ricco di opportunità e
di imprevedibile felicità.”

Nell’adattamento di Fausto Malcovati, Scaparro ripercorre
così le tribolazioni dell’emigrante Rossmann, del suo viaggio nel Nuovo Mondo,
della sua vita errante in cerca di un benessere che sembra sempre a portata di
mano, ma che rimane inafferrabile (il sogno americano?).

“Importante nella
costruzione dello spettacolo è la colonna sonora”, ha aggiunto Scaparro, “piano,
batteria e clarinetto suonano melodie yiddishe il jazz nero di Scott Joplin, come se la musica
fosse un rifugio, l’alternativa ai tempi che viviamo, che hanno i loro prodromi
proprio nell’Amerika di Kafka.”

L’America,nella visione fantastica, ma sorprendentemente
profetica dello scrittore praghese, non ha necessariamente a che fare con
l’America reale, tuttavia ne rivela tanto i suoi mali e le sue incoerenze, quanto
la sua travolgente vitalità.

“Kafka non andò mai Oltreoceano”, ha concluso il regista, “ma
dalla cose che scrive doveva averne un’idea vicinissima alla realtà. Ho pensato
che fosse il momento di riproporre lo spettacolo per l’attualità dei temi
trattati, vedendo ogni giorno enormi flussi umani che cercano un futuro in Europa.
Dobbiamo riflettere bene sulle nostre origini e contraddizioni.”

Amerikaè stato presentato con grande
successo l’estate scorsa al Napoli Teatro
Festival Italia
, anche in occasione del semestre di Presidenza Italiana
dell’Unione Europea, proprio per richiamare l’attenzione sull’emarginazione, la
diversità e la condizione dell’emigrante, contro tutte le discriminazioni, i
razzismi, le violenze e gli ottusi autoritarismi.

Note di regia di Maurizio Scaparro

Kafka,
Scaparro e l’Europa delle diversità
a cura di Fausto
Malcovati

Bisognerà pur scrivere, un giorno o l’altro, la storia
delle riduzione teatrali a cui Maurizio Scaparro ha messo mano: tutte
singolari, riuscite, attualissime. È certo il caso di Amerika, a cui ho cominciato a lavorare con Maurizio nella prima
edizione e che rinasce oggi, mentre per anni America ed Europa si sono trovate
a riflettere, anche inutilmente, sulle proprie origini, sulla propria storia,
sui propri malesseri. Mentre lavoravo con Maurizio mi venivano in mente almeno
altri due titoli di suoi spettacoli, che qui vanno comunque ricordati: Don Chisciotte e Memorie di Adriano.

Don Chisciotteaveva come sottotitolo Frammenti di un discorso teatrale, (che mi serve per proseguire il
mio discorso). Sì, anche Amerika
avrebbe potuto avere lo stesso sottotitolo: anche perché il romanzo stesso di
Kafka non è compiuto, è una serie di capitoli, di frammenti. E questo credo sia
stato uno dei motivi che ha attirato Maurizio.

È curioso osservare come l’occhio e l’orecchio di
Maurizio lavorano di fronte a un testo: curioso soprattutto per uno come me,
che della lettura ha fatto un mestiere, e che ritiene (almeno fino all’incontro
con Maurizio) di averlo svolto con soddisfazione. Maurizio mi ha insegnato
molte cose che mi hanno inizialmente del tutto spiazzato.

Il primo livello, quello iniziale, di base, mi è
abbastanza familiare: si tratta di decidere quello che si vuole far dire oggi a
un dato testo. E questo Maurizio lo ha chiarissimo fin dai primi passi. È
lapidario nel mettere a fuoco le linee su cui vuole orientare lo spettacolo.
Qui, nella nostra Amerika, ce n’erano
tre, nate, credo, contemporaneamente nel vulcanico cervello di Maurizio.

Anzitutto Amerika
è un testo visionario: Kafka, come si sa, non è mai stato in America, dunque
tutto quello che dell’America vede, racconta, descrive è tutto frutto della sua
fantasia, a cominciare dalla spada che la Statua della Libertà brandisce nella
prima pagina del romanzo e che, come si sa, non esiste. Prima linea: l’America
come un grande sogno kafkiano, come l’allegoria di un mondo che non
necessariamente deve avere a che fare con l’America reale.

Seconda linea, legata in modo indissolubile alla prima
a quella visionaria: l’emarginazione, la diversità, la condizione
dell’emigrante. Maurizio me l’ha subito posta di fronte come chiave dello
spettacolo all’inizio del nostro lavoro. E ancora di più oggi, in un’Europa
dove i flussi migratori sono sempre più massicci e spesso drammatici, dove
l’intolleranza affiora sempre più dura accanto all’accettazione, ecco uno
spettacolo dove un ragazzo boemo va in America, incontra un fuochista tedesco,
fa un pezzo di strada con un disoccupato irlandese e uno francese, ha come
compagno di lavoro un ragazzo italiano. Maurizio teneva molto a questa linea,
voleva addirittura che ogni personaggio dicesse qualcosa nella sua lingua
(anzitutto, il tedesco di Karl, ma anche il francese, l’inglese e l’italiano);
voleva che questa sua America fosse una sorta di Torre di Babele, che è poi la
direzione verso cui si è mosso.

La terza linea, la più sorprendente, quella in cui mi
trovavo meno a mio agio, è quella musicale: qui Maurizio ha sfoderato tutto il
suo istinto teatrale, il suo infallibile fiuto da uomo del palcoscenico. Nella
sua prassi registica, credo, c’è un’incessante koinè di linguaggi (spaziale e scenografico, gestuale e vocale,
musicale), ciascuno dei quali non può fare a meno dell’altro, ciascuno dei
quali condiziona e stimola l’altro. Mentre leggeva le pagine di Amerika, nel suo cervello pullulavano le
associazioni musicali, gli si disegnavano continue proposte per una possibile
colonna musicale. Di fronte alla mia stupefatta reticenza professorale, con una
sicurezza un po’ divertita e perfino un po’ spudorata, mi diceva: qui penso a
un pezzo di rag – time, qui ci vuole assolutamente una vecchia canzone boema,
qui bisogna trovare una nenia ebraica, qui invece una marcia militare. In un
primo momento ho pensato: ma questa è pura follia, come si può unire il cupo
discorso kafkiano, tutto centrato sulla sopraffazione e sulla frustrazione, con
il rag – time? Invece, nonostante le mie iniziali perplessità (i salti nel
buio, nella vita come nel lavoro, mi hanno fatto sempre una gran paura), mi son
reso conto che Maurizio aveva ragione, che l’elemento musicale doveva esserci,
che questa terza linea doveva mescolarsi alle altre due, la visionaria e la
sociale: diventava anzi un elemento indispensabile al collegamento, alla mediazione.

Vorrei aggiungere un’altra nota al metodo di lavoro di
Maurizio: la suggestione che su di lui esercita la parola. Come già nelle
precedenti esperienze di riduzioni teatrali di testi narrativi, Maurizio vuole
nei confronti dell’originale massimo rigore e rispetto. Non si riscrive Kafka,
non si inventano battute diverse da quelle esistenti: dove c’è materiale
dialogico dell’autore, lo si deve conservare e utilizzare al massimo. E
tuttavia per la parola dell’autore Maurizio ha una sensibilità tutta speciale:
ci sono frasi, battute che afferra, lascia risuonare dentro e su cui poi
costruisce una proposta di lettura del tutto originale. Mi è capitato molte
volte, nel corso del lavoro insieme, di sentirmi dire: guarda che Karl a tale
pagina dice questo, tienine conto, oppure non dimenticare che la cuoca a pagina
tale guarda una fotografia, è importante.

Così Maurizio mi ha condotto per mano, nel suo modo
apparentemente distratto, casuale, in realtà assolutamente rigoroso e coerente,
attraverso suggestioni che mescolano il testo kafkiano con la sua sensibilità e
responsabilità registica, verso scelte precise, verso lo spettacolo che si
costruiva sul palcoscenico del Piccolo Eliseo e che nel 2014 (a cento anni
esatti dalla nascita di questo testo incompiuto) è ripartito da Napoli per l’Italia
e l’Europa.

Parlavo prima di koinè
di linguaggi: prima ancora che io mettessi mano ai primi abbozzi di copione,
già Maurizio sapeva come voleva che cominciasse lo spettacolo e mi descriveva
lo stupore di Karl di fronte alla Statua della Libertà, mi faceva sentire gli
odori e gli umori del porto di New York, mi guidava all’interno della nave
piena di emigranti in cui si perde Karl, vedeva sbucare da una porta scura il
rozzo fuochista dall’accento tedesco. E mi raccomandava il “tema” della
fotografia, che è poi quello del ricordo, del passato boemo ed ebraico del
protagonista, il “tema” del teatro, presente in Brunelda e in Oklahoma, il
“tema” della scrivania americana, allusione, con le sue misteriose manovelle, i
suoi infiniti scomparti, a tutti gli attuali marchingegni della nuova
tecnologia che avanza, altrettanto misteriosi (per me, almeno), e infine il
“tema” del lungo viaggio verso Oklahoma, attraverso la grande America.

Come un veggente, che coglie con la sola imposizione
delle mani il senso di un libro, così Maurizio ha visto, senza il bisogno di
studi filologici, chiose, note e ricerche, quello che voleva far uscire dal
testo. Da Amerika è uscito un
discorso in cui Maurizio crede, e di cui abbiamo bisogno: un discorso contro
tutte le discriminazioni, contro tutti i razzismi, contro tutte le violenze e
gli ottusi autoritarismi.

Tournée

Firenze – Teatro Goldoni dal 21 al
25 gennaio

Milano – Teatro Menotti dal 5 al 15
febbraio

Mestre – Teatro Toniolo 19 e 20 febbraio

Treviso – Teatro Comunale dal 6
all’8 marzo

La tournée completa sul sito www.ipocriti.com

Biglietti

INTERI

Platea € 15,00 ● Posto palco € 12,00

Ridotti (escluso domenica)

OVER 60

Platea
€ 12,00 ● Posto palco € 10,00

UNDER
26

Platea € 12,00 ● Posto palco € 10,00

SOCI UNICOOP FIRENZE

Platea € 12,00 ● Posto palco € 10,00

BIGLIETTERIA: Teatro della Pergola, via della Pergola
18, 055.0763333 biglietteria@teatrodellapergola.com.

Orario: dal lunedì al sabato dalle 9.30 alle 18.30.

Online su www.teatrodellapergola.com  

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