Too Early, Too Late | a cura di Marco Scotini | 22 gennaio – 12 aprile 2015

Con
ARTE FIERA 2015 ci si potrà trovare immersi in un viaggio alla scoperta di
terre, stili e nuove forme di pensiero creativo con la tanto attesa mostra
Too early, too late. La scommessa Ú questa: un viaggio virtuale in cui
sia possibile conoscere e capire a fondo anche culture distanti, una conoscenza
che faccia da cura contro ogni estremismo e pregiudizio soprattutto in un’epoca,
la nostra, in cui l’onda globalizzante,  quella buona, Ú e deve essere vista
solo come un’ottima opportunità di crescita.

 

Dopo
il successo riscosso lo scorso anno dalla mostra Il Piedistallo Vuoto, dedicata
all’ex-blocco sovietico, ArteFiera Collezionismi presenta, all’interno del
proprio programma espositivo 2015, la più ampia rassegna mai realizzata in
Italia sulla scena artistica medio-orientale: Too
early, too late. Middle East and Modernity
a cura di Marco Scotini, con la presenza di quasi
sessanta artisti, oltre cento opere – provenienti dalle più prestigiose
collezioni private italiane – e documenti storici, volti a indagare il rapporto
dell’Oriente con la modernità occidentale e raccontare la complessa struttura
sociale di un’“area culturale” in transizione.

Too
early, too late
occuperà gli spazi delle esposizioni temporanee della
Pinacoteca Nazionale di Bologna ma si estenderà anche all’interno delle
prestigiose collezioni del Trecento (da Vitale da Bologna alle scuole
tardogotiche). Questo per sottolineare il fatto che Bologna “la dotta” era
tra le cinque città (con Parigi, Oxford, Avignone e Salamanca) in cui il Concilio di Vienna del 1312 decise
l’istituzione delle cattedre di arabo, ebraico e siriaco, ovvero le basi
dell’orientalismo nell’Occidente cristiano. Ma la data che segna
l’irruzione della modernità nel campo discorsivo del pensiero musulmano
coincide con l’impresa Napoleonica in
Egitto
(1798), quando Bonaparte sbarcò col suo esercito per esplorare il
Paese. Ricostruzioni documentarie e materiali originali d’archivio si
alternano a opere d’arte di natura installativa, fotografica e filmica, in
modo tale da poter marcare alcuni passaggi fondamentali delle vicende culturali
e politico-sociali di questa progressiva occidentalizzazione dell’Oriente –
dall’introduzione dello ‘stato-nazione’ all’importazione delle
spettacolari istituzioni museali negli Emirati Arabi – attraverso alcune
testimonianze storiche per interrogare la produzione artistica e culturale più
recente, proiettando la macchina espositiva in una pluralità di tempi, spazi e
narrazioni.
Nell’urgenza della situazione geopolitica in atto,
la mostra Too early, too late cerca di
analizzare, attraverso l’arte, i luoghi comuni che hanno accompagnato nel
tempo lo scontro e il confronto tra l’idea di una tradizione orientale
rispetto alla modernità di matrice occidentale.

<Con il collasso dell’Unione
Sovietica
– scrive il curatore della mostra Marco Scotini – il bipolarismo della Guerra Fredda sembra
sia stato sostituito da una nuova dicotomia, quella tra Islam e Occidente, così
come il vuoto lasciato dall’alternativa al capitalismo sembra sia stato
colmato da identità nazionalistiche, etniche e religiose. Alla vecchia
opposizione “politica” sarebbe subentrato piuttosto un “conflitto di
civiltà”, a diversi regimi temporali, tra forme culturali arcaiche e
avanzate, con l’idea di modernità
(al-hadatha)
quale discrimine>.

Medio Oriente Ú un termine geopolitico europeo
coniato da un giornale inglese alla svolta del secolo scorso. Da allora ha
continuato a esistere più come oggetto teorico che come regione geografica.
Così viene assunto in Too early, too late per
rappresentare un’area che si estende anche al Nord Africa, Caucaso e Asia
Centrale, tanto più che il centro di gravità tende a spostarsi dal mondo arabo
a quello turco-iranico: dall’Egitto all’Iraq e all’Arabia Saudita, così
come dall’Azerbaijan ai margini del Kazakistan e dell’Afghanistan. Proprio a
causa della loro particolare posizione, Istanbul e la Turchia rivestono nella
mostra un ruolo cruciale quale porta d’Oriente, sia in senso geografico che
politico, con la Repubblica di Ataturk del 1924.

L’esposizione,
nella visione curatoriale, non tenta di registrare o riscrivere una storia, pur
confrontandosi con un ampio spettro di accadimenti epocali, né di affrontare in
una prospettiva post-orientalista i codici visivi e linguistici delle
rappresentazioni dell’Oriente da parte dell’Occidente. Too
Early, Too late
cerca di ricostruire l’incontro dell’Occidente con
il mondo musulmano e, concentrandosi sulla scena artistica contemporanea, si
posiziona intorno a un preciso “punto
topografico
”, da cui osservare quest’area aprendo a una costellazione
tematica che articola lo spazio espositivo e discorsivo della mostra attraverso
una serie di concatenamenti, a partire dal ritrovamento dell’unica copia
rimasta dei filmati di Tel al Zaatar
(1977) e attraverso il quadro tracciato dal “Taccuino Persiano” di Michel
Foucault per il Corriere della Sera sull’insurrezione pro-Komeini a Teheran
(1979).

Fino
al titolo della mostra Too early, too late, tratto dal film
sull’Egitto di Jean-Marie Straub e
DaniÚle Huillet Trop tÎt/Trop tard del 1981 che
ridefinisce i confini negoziabili del tempo storico.

Vero
e proprio capolavoro della storia del cinema, il film si concentra sulle lotte
contadine della Francia del 1789 e dell’Egitto del 1952. Diviso tra la
campagna bretone e quella egiziana, nella prima parte una voce fuori campo legge
il testo di una lettera di Engels a Karl Kautsky del 1897 a proposito di ciò
che rimane della rivoluzione francese. Nella seconda parte viene recitato un
frammento dalla postfazione del libro La
lutte des classes in Égypt
de 1945 à 1968 di due autori arabi che scrivono
sotto lo pseudonimo di Mahmoud Hussein (Maspero, 1969). Per tutto il film la
nota coppia di cineasti cerca di inquadrare l’orizzonte della campagna deserta
trovando un punto di vista ideale tra il cielo e la terra, lì dove Engels
avrebbe precisato “se la Comune del 1793 con le sue aspirazioni di fraternità
Ú venuta troppo presto, Babeuf a sua volta Ú giunto troppo
tardi”.

Uno
dei pochi film in cui si Ú tentato di filmare il vento (Serge Daney), così la
metafora di questo secondo capitolo espositivo, che ne Il Piedistallo Vuoto era lo spettro, Ú
ancora una forza invisibile, qualcosa che c’Ú ma non si vede: dal vento che
scuote gli alberi della campagna prima francese poi egiziana, nelle sequenze di
Straub-Huillet, al vento dei processi rivoluzionari che rovescia l’ordine
della storia. Una revisione dello sguardo su ll’Oriente, invenzione
dell’immaginario coloniale occidentale, offre, in un segmento spazio-temporale
differente, quello della mostra, una diversa narrazione, tra percorsi di dominio
e di emancipazione.

La
mostra sarà accompagnata da una pubblicazione edita da Mousse Publishing in cui oltre a
un’intervista con Jean-Marie Straub sul film che dà il titolo al progetto
compaiono numerosi contributi degli artisti sulla loro visione del rapporto con
l’Occidente, insieme a un saggio di Hamadi Redissi e un testo critico del
curatore Marco Scotini.

L’esposizione
Ú stata resa possibile grazie alla consulenza curatoriale di Lorenzo Paini e ai prestiti delle
maggiori collezioni private italiane, tra cui la Fondazione Sandretto Re
Rebaudengo, la Collezione Enea Righi, Collezione La Gaia di Torino, Fondazione
Giuliani, Fondazione Fotografia Modena, Collezione Agiverona, Collezione
Palmigiano, Fondazione Nomas, Fondazione Videoinsight.

Artisti:

Lida Abdul, Mustafa Abu Ali, Bisan Abu
Eisheh, Etel Adnan, Vyacheslav Akhunov, Can Altay, Omar Amiralay, Ayreen
Anastas, Said Atabekov, Kutlug Ataman, Fikret Atay, Kader Attia, Vahap Avsar,
Mahmoud Bakhshi, Gabriele Basilico, Neil Beloufa, CANAN, Céline Condorelli,
Dina Danish, Cem Dinlenmi, Peter Friedl, Rene Gabri, Sadhi Ghadirian, Yervan
Gianikian – Angela Ricci Lucchi, Barbad Golshiri, Mona Hatoum, Malak Helmy,
Emily Jacir, Khaled Jarrar, Lamia Joreige, Alimjan Jorobaev, Hiwa K., Hassan
Khan, Abbas Kiarostami, Taus Makhacheva, Mona Marzouk, Ahmed Mater, Sabah Naim,
Moataz Nasr, Navid Nuur, Walid Raad, Koka Ramishvili, Hany Rashed, Mario Rizzi,
Ahmed Sabry, Roy Samaha, Hrair Sarkissian, Ariel Schlesinger, Hassan Sharif,
Wael Shawky, Ahlam Shibli, Eyal Sivan, Jean Marie Straub-DaniÚle Huillet,
Jinoos Taghizadeh, Lawrence Weiner, Mohanad Yaqubi, Amir Yatziv, Akram
Zaatari.

Info e prenotazioni: T.
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