Una nuova mostra per Il Margutta RistorArte, curata da Francesca Barbi Marinetti e organizzata da Tina Vannini, per mostrare luoghi e dettagli della Capitale in una nuova prospettiva
ROMA TRA PASSATO E FUTURO: AL MARGUTTA RISTORARTE LA FOTOGRAFIA IN MOVIMENTO DI GIANPAOLO CONTI
Invito alla Stampa
Tina Vannini e Francesca Barbi Marinetti
vi invitano all’inaugurazione della mostra personale
MY EYES ON THE ROAD
di Gianpaolo Conti
A cura di Francesca Barbi Marinetti
Inaugurazione: giovedì 9 aprile 2015 – ore 19.00
Il Margutta RistorArte
Via Margutta 118 – Roma
Sarà inaugurata oggi alle ore 19:00 presso gli spazi espositivi de Il Margutta RistorArte, in via Margutta 118 a Roma, la mostra personale di Gianpaolo Conti “My Eyes on the Road”, a cura di Francesca Barbi Marinetti e organizzata da Tina Vannini. Trentaquattro le opere in mostra, che sarà visitabile sino al 16 maggio ad ingresso libero.
Un viaggio in una Roma inedita, che ispira l’artista ma non viene copiata, simile ma mai identica a sé stessa, riscoperta e ricolorata dall’arte di Gianpaolo Conti che si allontana dalla staticità dell’immagine reale per dar nuova vita al luogo rappresentato. Dal Colosseo quadrato al Gazometro, dal vecchio tram all’Arco di Costantino, dai muri della Città alla tangenziale: Roma entra nel quadro e viene immortalata in movimento, coinvolta in un turbinio di colori e di vita, grazie all’elaborazione propria dell’artista, che della stessa immagine seleziona decine di scatti riassemblandoli in sequenze di forme e cromatismi.
L’arte digitale non è, però, una scuola o un movimento artistico d’avanguardia. E’ possibile tracciare connessioni con alcuni precedenti storici del Novecento, come Costruttivismo, Dadaismo, Fluxus, fino all’arte concettuale, a seconda degli artisti in questione, ma si tratta piuttosto di una nuova sensibilità che risponde alla misura estetica del nostro tempo. È l’innovazione di un linguaggio artistico coerente con la trasformazione degli attuali processi creativi e comunicativi.
“Quello che cerco nei miei lavori – spiega l’artista Gianpaolo Conti – è andare oltre l’immagine reale, cercare l’essenza stessa dell’immagine che colgo, scavare in profondità fino ad estrarre gli elementi più nascosti e renderli visibili. Molto spesso questo comporta il dissolvimento della cosa fotografata e la trasformazione in altro dell’immagine finale che, per me, è sempre una sorpresa”.
Gianpaolo Conti è fotografo e regista, vive e lavora a Roma. Ha iniziato giovanissimo a fotografare e dopo il diploma in regia nel 1987 realizza decine di documentari, cortometraggi e videoclip, curandone anche le riprese e il montaggio. Dal 2009 è impegnato nella regia di spot pubblicitari. Il suo linguaggio espressivo nasce proprio qui, nelle lunghe sessioni di editing in sala di montaggio, dove intraprende una sua personale ricerca sulle immagini, partendo dall’osservazione dei singoli fotogrammi, selezionandoli e riassemblandoli in sequenze di forme e colori attraverso la loro scomposizione e ricomposizione.
“Le opere in mostra di Conti – aggiunge la curatrice Francesca Barbi Marinetti – offrono uno sguardo al confine tra reale e virtuale che ci appartiene, che riconosciamo come nostro, ma ci coinvolge proprio perché ancora non ne siamo perfettamente coscienti. Parla a quell’esigenza estetica ed emotiva in noi che è ancora in fase di assestamento cosciente. Ecco quindi che il Colosseo, come il Gazometro, la Tangenziale, il Palazzo della Civiltà dell’Eur o il Cuore, diventano per l’artista elementi di riferimento unanimemente compresi per spingersi oltre, sperimentare texture, evocare altri ambiti, come la scrittura visiva, confrontarsi con una spazialità che è un altrove digitale che occupa l’immaginario collettivo e la mente pensante”.
“Quello che unisce le varie opere in mostra è la mia visione di Roma: prendendo spunto dalle icone capitoline le reinterpreto – prosegue l’artista – Tra i miei soggetti c’è ne è anche uno ricorrente: un cuore molto bello, che era stato verniciato nel 2005 su un reperto romano di travertino, per poi essere rimosso nell’arco di 48 ore. Mi piace entrare nei segni e nelle ombre di tutto ciò che mi circonda, anche nelle macchie e nelle crepe. E’ il frutto di un lungo excursus lavorativo: io fotografo da quando avevo 9 anni e, dopo quarant’anni di lavoro, la mia è una ricerca tra l’irreale e il reale: alcune foto contengono fino a 40 fotogrammi dello stesso soggetto, per creare nuove sfumature e cromature inaspettate. Mi piace stravolgere ciò che vedo per raccontare qualcosa di nuovo”.
Francesco Salvatore Cagnazzo
Giornalista e Ufficio Stampa