Roma, 30 marzo 2015. La storia del Museo di Casal de’ Pazzi parte da una zanna d’elefante. Rinvenuta nel 1981 durante i lavori di urbanizzazione della zona di Rebibbia, diede il via ad un’indagine archeologica su un’area di oltre 1.200 mq che portò alla luce il tratto di un antico alveo fluviale. Nel giacimento vennero scoperti più di 2000 fossili animali, appartenenti a specie impensabili oggi nella campagna romana (l’elefante antico, l’uro, l’ippopotamo, il rinoceronte), ma anche un frammento di cranio e oltre 1.500 manufatti in selce che testimoniano la contemporanea presenza di uomini.
Il sito risale a circa 200.000 anni fa e costituisce l’ultima testimonianza di una straordinaria serie di depositi pleistocenici che costellavano la bassa valle dell’Aniene, distrutti dall’avanzare della città.
I ritrovamenti suscitarono un immediato interesse tra gli studiosi, tanto da avviare un percorso di conservazione e valorizzazione dell’area. Dal 1996 il sito archeologico è stato preso in carico dalla Sovrintendenza capitolina e nel 2000 sono iniziati i lavori di costruzione dell’edificio del museo che oggi entra ufficialmente a far parte del Sistema Musei Civici dell’Assessorato alla Cultura e al Turismo – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali di Roma con i servizi museali di Zètema. Un Sistema estremamente diversificato che parte dall’archeologia e arriva all’arte contemporanea, riunendo 24 luoghi museali e siti archeologici di grande valore artistico e storico.
Nel corso degli anni gli archeologi del sito di Casal de’ Pazzi hanno consolidato un fortissimo rapporto con il territorio. Grazie al progetto La scuola adotta un monumento gli studenti del vicino Istituto Comprensivo di Via Palombini hanno prodotto ricerche, plastici, approfondimenti e condotto visite guidate per gli abitanti del quartiere. Il Municipio IV (ex V), le associazioni culturali del quartiere, le cooperative sociali e i detenuti del vicino Istituto di Pena di Rebibbia hanno contribuito alla realizzazione della programmazione e degli allestimenti. Infine, negli ultimi anni, diversi studenti di archeologia de “La Sapienza Università di Roma” hanno svolto tirocini formativi arricchendo, con il loro entusiasmo e le loro idee, le attività di valorizzazione dello spazio.
Il Museo inoltre è completato dalle istallazioni realizzate dall’Istituto per le tecnologie applicate ai beni culturali del Consiglio nazionale delle ricerche: ricostruzioni 3D e interattive permettono di assistere all’inondazione dell’antico letto del fiume Aniene e di esplorare il paesaggio di 200.000 anni fa, nell’ambiente del paleolitico, fra i grandi elefanti che popolavano l’area di Roma in quell’epoca.
L’itinerario di visita prevede l’osservazione del letto del fiume dall’alto di una passerella. Suggestive proiezioni evidenziano progressivamente i grandi massi e i resti fossili del giacimento tra cui zanne lunghe fino a 4 metri, denti e vertebre. Un inaspettato paesaggio “archeologico” nel pieno della città moderna i cui misteri vengono svelati con l’ausilio di una voce fuori campo. Quindi i visitatori vengono portati ad immaginare ciò che non c’è più: l’alveo si riempie di acque virtuali e un filmato ricostruisce il paesaggio pleistocenico con il fiume, le piante, gli animali e una rappresentazione 3D dell’elefante antico mentre, in sottofondo, un uomo che 200.000 anni fa viveva in quei luoghi racconta il suo mondo.
Nello spazio esterno coperto da una pensilina, alcuni pannelli sintetizzano l’evoluzione dei paesaggi e della vita nella campagna romana a partire da 3 milioni di anni fa quando a Roma c’era il mare. Nella sala espositiva è possibile ammirare alcuni dei reperti rinvenuti nel giacimento ed utilizzare la Pleistostation, un touch screen ricco di questionari, giochi, ipertesti e filmati per confrontarsi in modo ludico e interattivo con le tematiche affrontante del corso della visita.
L’area esterna al museo ripropone un giardino pleistocenico: la ricostruzione dell’insieme floristico che poteva caratterizzare le sponde dell’Aniene circa 200.000 anni fa da rivivere percorrendo un sentiero che richiama un percorso fluviale. Infine, tre aree di sosta sono dedicate alla realizzazione di laboratori didattici ed eventi.
Museo di Casal de’ Pazzi
Via Ciciliano, all’incrocio con via E. Galbani
Orari
Dal martedì al venerdì, dalle ore 9.00 alle 14.00. Ultimo ingresso ore 13.00
Ingresso contingentato, con prenotazione obbligatoria allo 060608, ogni ora max 30 persone
Sabato, domenica e festivi dalle ore 10.00 alle 14.00. Ultimo ingresso ore 13.00
Ingresso contingentato, senza prenotazione, ogni ora max 30 persone
Chiuso il lunedì, 25 dicembre, 1 gennaio, 1 maggio
Visite guidate per gruppi con prenotazione obbligatoria allo 060608
Ingresso gratuito
Info
www.museiincomuneroma.it 060608 @MuseiinComune
SCHEDA DELLA REALIZZAZIONE DELLA STRUTTURA MUSEALE
Il deposito pleistocenico di Rebibbia Casal de’ Pazzi si trova tra la via Nomentana e la via Tiburtina, non lontano dal fiume Aniene e dai numerosi altri siti paleolitici che ne costellavano in passato l’ultimo tratto.
Esso fu identificato accidentalmente durante la costruzione della strada prevista nel piano di zona. Lo scavo stratigrafico, che ha interessato un’area di oltre 1200 mq., fu eseguito dalla Soprintendenza Archeologica di Roma dal 1981 al 1986 ed ha messo in luce l’antico alveo di un fiume, databile a circa 200.000 anni fa, costituito da ghiaie e sabbie, all’interno del quale sono stati raccolti complessivamente oltre 2.000 resti ossei ed oltre 1.500 reperti litici che, per la natura fluviale del deposito, si trovavano in deposizione secondaria.
Dopo lo scavo l’area archeologica è stata ricoperta con uno strato di argilla espansa ed uno di gesso per evitarne il naturale degrado. E’ stata poi coperta da una struttura provvisoria in legno ed ondulato plastico.
Nasce negli anni ’80 il primo progetto di copertura permanente del deposito. La struttura, progettata da G. Morganti (Soprintendenza Archeologica di Roma), fu concepita in funzione della primaria necessità di proteggere il deposito dagli agenti atmosferici e dagli atti vandalici.
Secondo quanto previsto dal progetto iniziale tra il 1987 ed il 1989 furono eseguiti i primi lavori, finanziati dalla Provincia di Roma.
Nuovi e parziali interventi edilizi furono eseguiti a più riprese negli anni successivi, intervallati da lunghi periodi di abbandono. Le numerose sospensioni di cantiere hanno poi provocato un notevole degrado del manufatto edilizio parzialmente costruito.
Nel dicembre del 1996, la gestione del sito fu affidata al Comune di Roma (Sovraintendenza Comunale BB.CC.), che nella fase preliminare di ripristino dell’area ha utilizzato le figure professionali e le maestranze del Progetto POLIS (Progetto Interregionale di Lavori Socialmente Utili per Disoccupati di Lunga Durata).
Oltre ad una generale pulizia dell’area si è intervenuti liberando il deposito dai detriti accumulati nel corso degli anni e dalla originaria protezione ormai distrutta.
Il restauro del giacimento si è svolto dal marzo al settembre del 2001 a cura della PROGECOR s.r.l., secondo il progetto appositamente redatto in collaborazione con l’Istituto Centrale per il Restauro.
I materiali presenti nel deposito sono essenzialmente lapidei: blocchi di tufo rosato più compatto e blocchi di deposizione fluvio-lacustre di colore grigio-giallo.
Quest’ultimi presentavano problemi di conservazione più severi imputabili a decoesione e frammentazione delle superfici.
Sono presenti, altresì, appositamente lasciati in situ, alcuni ” testimoni” delle stratificazioni alluvionali di ghiaie e limi ed alcuni resti di faune pleistoceniche.
Tra il 2007 e il 2010 sono state eseguite le seguenti opere: copertura della scala che dà accesso alla grande sala espositiva da cui è possibile vedere il giacimento pleistocenico dall’alto di una passerella; realizzazione di una struttura in vetro e ferro per la copertura dell’area antistante l’ingresso principale, dove sono installati alcuni pannelli didattici.
Sono stati inoltre eseguiti lavori di adeguamento per l’abbattimento delle barriere architettoniche.
In una seconda fase di lavori, è stato realizzato l’allestimento museale della sala prospiciente il giacimento; qui sono state montate “vetrine” di varie dimensioni e tipologie, che contengono reperti provenienti da scavi effettuati in loco tra cui: ossa fossili di elefanti, bue, rinoceronte, ippopotamo, cervo, lupo, iena etc; parte delle selci rinvenute scheggiate dall’uomo, un frammento di cranio umano, e una grande zanna di Elephas antiquus, nonché resti fossili di piante.
E’ stato creato inoltre un articolato spazio didattico esterno con esposizione di pannelli illustrativi.
Dal 2012 al 2013 sono stati realizzati i seguenti interventi esterni: creazione di un giardino tematico, dove sono piantumate essenze che ripropongano, almeno in parte, quello che poteva essere l’habitat del periodo pleistocenico, attraverso un percorso che rappresenti un unicum con le sale interne del museo; un percorso pedonale; tre spazi attrezzati formati da gradonate che potranno essere utilizzati sia per la sosta dei visitatori, che per lo svolgimento di lezioni e laboratori didattici all’aperto.
In questi ultimi mesi sono stati ultimati gli interventi interni relativi all’adeguamento dei locali per la proiezione dei filmati multimediali.