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Diana Bracco – Foto Iaphet Elli©

GLI ITALIANI E IL CIBO

Il rapporto Censis su un’eccellenza da
condividere

Diana Bracco, Commissario Generale di Padiglione Italia: “Da Expo 2015
un contributo per
formare dei
giovani attenti all’alimentazione e alla sostenibilità”

Milano,
5 luglio 2015
– Presentati al Padiglione Italia di Expo 2015, i risultati della ricerca «Gli italiani e il cibo. Rapporto su un’eccellenza da condividere»
realizzata dal Censis per
il Padiglione Italia. Il lavoro è stato illustrato da Francesco Maietta,
Responsabile dell’Area Politiche sociali del Censis, e discusso da Diana Bracco,
Presidente di Expo 2015 e Commissario Generale del Padiglione Italia, Aldo Bonomi,
Direttore del Consorzio Aaster, Giuseppe De Rita,
Presidente del Censis, e Maurizio Martina, Ministro delle Politiche
Agricole, Alimentari e Forestali.

“La nostra – ha affermato Diana Bracco – è stata
sin dall’inizio una grande raccolta di idee. I contenuti di Padiglione Italia
sono il frutto di un lungo lavoro, portato avanti in modo partecipato,
coinvolgendo tutti i territori attraverso un Giro d’Italia che abbiamo compiuto
con l’aiuto di De Rita e Bonomi. Il mio auspicio, dopo la lettura di questa
ricerca, è che l’Expo possa dare un ulteriore contributo nel formare dei
giovani attenti all’alimentazione e alla sostenibilità in generale”.

Aldo Bonomi e Maurizio Martina – Foto Iaphet Elli©

Per Maurizio Martina la sfida per “il post
Expo è studiare la strategia per il nostro Paese, che ha nelle tipicità il
suo punto di forza”, ma che vanno “interpretate in uno scenario
globale”, in cui anche altri Paesi, come gli Usa, “cominciano a
puntare sulle loro tipicità”. “Questa è la domanda che attraversa Expo –
ha aggiunto il Ministro – Quale sia la nuova sfida e quali sono le nuove
frontiere dove posizionare il nostro punto di forza, la distintività”.

La ricerca del Censis fotografa un popolo di appassionati,
intenditori e veri esperti. Il cibo italiano vince nel mondo perché esiste uno
specifico modello italiano, quotidiano, minuto, di massa, virale, di
rapportarsi all’alimentazione. Sono 29,4 milioni gli italiani che si
definiscono appassionati, ovvero persone a cui piace informarsi e parlare di
cibo; 12,6 milioni si ritengono intenditori, capaci di discutere con buone
nozioni su preparazioni, ricette e tradizioni; 4,1 milioni si considerano veri
esperti. E sono 19,7 milioni gli italiani appassionati di vino, 7,2 milioni gli
intenditori e 1,9 milioni gli esperti. L’enogastronomia è il nostro grande tema
nazionale, pervasivo sul piano sociale, una componente fondamentale dello stile
di vita, della cultura e dell’identità italica.

L’identità alimentare italiana: una virtuosa articolazione di
tipicità territoriali. La tipicità per gli italiani è fatta delle tante eccellenze
dei nostri territori. Ma non vince l’autarchia gastronomica localistica, bensì
l’orgoglio nazional-gastronomico, la predilezione per il complesso delle
tipicità italiane intese come garanzia di qualità e di sicurezza alimentare.
Nella vita quotidiana, la certezza delle radici si unisce però alla voglia di
sperimentare: 38,5 milioni di italiani preparano pietanze e ricette innovative
apprese da ricettari o da programmi televisivi, 29 milioni mangiano piatti
tipici di altri Paesi europei (come paella, crepes, gazpacho), 25,7 milioni
gustano piatti etnici (come guacamole e cous cous).

Mai più senza qualità nel piatto. Anche negli anni della
crisi, per gli italiani la ricerca di prezzi convenienti non è andata a scapito
della qualità. Nella scelta di un alimento, per l’87,6% conta la tipicità e il
radicamento territoriale del prodotto, per l’86,3% la certificazione Doc, Docg
e Dop, per il 59% la marca. Territorialità, trasparenza e certificazione sono
al cuore delle scelte alimentari degli italiani come garanzia di qualità,
sicurezza e salubrità del cibo.

Ma no alle ortodossie alimentari. Fatti salvi i fondamentali,
gli italiani sono però refrattari a qualunque ortodossia alimentare. Con la
crisi si è potenziata la logica soggettiva di combinare stili alimentari
diversi con grande pragmatismo. Ecco perché nel quotidiano vince l’estrema
articolazione delle diete. Nel Paese della dieta mediterranea, a oltre 20
milioni di italiani capita di mangiare nei fast food (2,8 milioni lo fanno
regolarmente). E i prodotti tipici locali o di sicura provenienza italiana
possono convivere con i surgelati (34,3 milioni di italiani acquistano
surgelati e 24,7 milioni congelano pietanze preparate da loro stessi). Nelle
abitudini degli italiani la qualità si unisce alla praticità in una logica
combinatoria all’insegna del «politeismo alimentare».

Salute, relazioni e identità: le tante cose che il cibo ci
dà. Salutare, divertente, relazionale, identitario: il cibo per gli italiani è
tutte queste cose insieme. Per il 27,9% il rapporto con il cibo è salutare,
perché è il modo per prendersi cura della propria persona. Per il 26,7% il
legame con il cibo è divertente, perché stare a tavola fa parte del nostro modo
di stare bene insieme. Per il 17,9% il cibo è anche un motivo di orgoglio e un
fattore identitario. Insomma, per gli italiani il cibo aiuta a vivere bene, a
stare bene con gli altri e a sentirsi parte di una comunità.

Cibo e relazioni, una lunga storia d’amore italiana. Sono
36,6 milioni gli italiani a cui capita di mangiare fuori casa e la convivialità
è il motivo prevalente. Sono 19,6 milioni quelli che mangiano fuori per
incontrarsi con gli amici in un ambiente diverso da quello casalingo, 10,3
milioni lo fanno per svagarsi e non cucinare, quasi 7 milioni per sperimentare
pietanze nuove, di cucine etniche e tradizioni diverse. La ragione principale
della scelta di un locale in cui mangiare è proprio la ricerca di un ambiente
tranquillo che consenta di stare bene a tavola con i propri commensali: lo
afferma il 39,4% degli italiani.

La tavola però non è imbandita per tutti: 2,4 milioni di
famiglie non hanno acquistato alimenti necessari a causa di difficoltà
economiche (un milione in più nel periodo 2007-2014: +85%). Sono 2,4 milioni le
famiglie italiane (il 9,2% del totale) che però nell’ultimo anno non hanno
avuto i soldi sufficienti per comprare il cibo necessario. Sono un milione in
più rispetto al 2007, c’è stato cioè un aumento dell’84,8%. Puglia (16,1%),
Campania (14,2%) e Sicilia (13,3%) sono le tre regioni con la quota percentuale
più alta di famiglie che vivono in condizione di disagio alimentare.

Più figli, più disagio alimentare. Il 12,2% delle famiglie
con figli minori (830.000 nuclei) nell’ultimo anno non ha potuto acquistare il
cibo necessario a causa di difficoltà economiche. Le famiglie con figli sono
anche quelle che hanno subito di più i tagli alla spesa alimentare negli anni
2007-2014: -15,6% le coppie con due figli, -18,2% le coppie con tre o più
figli.

Le
distanze sociali si ampliano anche in ambito alimentare. Con la crisi si sono
acuite le preesistenti disuguaglianze alimentari. Nel periodo 2007-2014 le
famiglie con capofamiglia operaio hanno registrato una riduzione della spesa
alimentare del 17,3% in termini reali, mentre quelle di dirigenti e impiegati del
9,7%, a fronte di una riduzione media del 12,9%. Se la sobrietà è un valore,
perché vuol dire scelta ragionata e selezione, non si può non constatare una
dinamica di erosione della coesione sociale nelle nostre comunità che ha
toccato anche il rapporto con il cibo.

Padiglione Italia Expo Milano 2015

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