Da ottobre, Bologna si trasforma nella capitale dell’antico Egitto.
Dal 16 ottobre 2015 al 17 luglio 2016, il Museo Civico Archeologico ospita la mostra “Egitto. Splendore Millenario”. Con il patrocinio del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, l’evento è prodotto dal Comune di Bologna, Istituzione Bologna Musei, Museo Civico Archeologico e Arthemisia Group. Curato da Paola Giovetti, responsabile del Museo, e da Daniela Picchi, curatrice della sezione egiziana.
Sotto le due torri, rivive lo splendore di una civiltà millenaria e unica che ha sempre affascinato il mondo. L’Egitto delle Piramidi, dei Faraoni, degli dei potenti e multiformi, ma anche delle scoperte sensazionali, dell’archeologia avvincente, del collezionismo appassionato e dello studio rigoroso. Il racconto di oltre quattro millenni di storia dell’Antico Egitto attraverso più di 500 opere di inestimabile bellezza.
La mostra “Egitto”, che apre al Museo Civico Archeologico di Bologna, non è solo un’esposizione di forte impatto visivo e scientifico, ma un’operazione senza precedenti nel panorama internazionale. La collezione egiziana del Museo Nazionale di Antichità di Leiden in Olanda e quella di Bologna si uniranno integrandosi in un percorso espositivo di circa 1.700 metri quadrati di arte e storia. Saranno esposti 500 reperti, databili dal Periodo Predinastico all’Epoca Romana, provenienti dall’Olanda. Insieme ai capolavori di Leiden e Bologna, la mostra ospiterà importanti prestiti del Museo Egizio di Torino e del Museo Egizio di Firenze, in un network che coinvolge le principali realtà museali italiane. Per la prima volta, i capolavori delle due collezioni saranno esposti uno accanto all’altro.
Tra le opere esposte: la Stele di Aku (XII-XIII Dinastia, 1976-1648 a.C.), gli ori attribuiti al generale Djehuty, le statue di Maya e Meryt (XVIII dinastia, regni di Tutankhamon-Horemheb, 1333-1292 a.C.), e un Manico di specchio (1292 a.C.) dalle sembianze di una giovane fanciulla con un uccellino in mano.
Per la prima volta dopo 200 anni dalla riscoperta a Saqqara della sua tomba, la mostra offre l’occasione unica di vedere ricongiunti i rilievi di Horemheb, comandante in capo dell’esercito egiziano al tempo di Tutankhamon e poi ultimo sovrano della XVIII dinastia, dal 1319 al 1292 a.C. Leiden, Bologna e Firenze posseggono questi rilievi.
Una storia plurimillenaria – quella di una civiltà unica – svelata in una grande mostra che riunisce capolavori dal mondo e che racconta di Piramidi e Faraoni, di grandi condottieri e sacerdoti, di dei e divinità, di personaggi che fecero il passato dell’Egitto e che, grazie a scoperte, archeologia e collezionismo, continuano a incantare generazione dopo generazione.
LE SETTE SEZIONI DELLA MOSTRA
Il predinastico e l’Età arcaica – Alle origini della storia
Il passaggio dalla materia grezza alla forma, dalla tradizione orale a quella scritta, dalla preistoria alla storia, rappresenta il momento fondante della civiltà egiziana. La collezione di Leiden è ricchissima di materiali che documentano il ruolo centrale della natura in questa lunga evoluzione culturale e artistica. Molti di questi oggetti, di assoluta modernità stilistica, apriranno l’itinerario espositivo, tra cui un vaso del Periodo Naqada IID (3375-3325 a.C.) decorato con struzzi, colline e acque. La scena raffigurata su questo vaso ci riporta a un Egitto caratterizzato da un paesaggio rigoglioso che i cambiamenti climatici hanno poi trasformato nel tempo. Struzzi, dipinti in rosso, assieme a elefanti, coccodrilli, rinoceronti e altri animali selvatici erano allora una presenza abituale del territorio nilotico.
L’Antico Regno – Un modello politico-religioso destinato al successo e le sue fragilità
Il periodo storico dell’Antico Regno (III-VI dinastia, 2700-2192 a.C.) è noto per le piramidi e per il consolidarsi di una burocrazia al vertice della quale c’è un sovrano assoluto, considerato un dio in terra e signore di tutto l’Egitto. Questo senso dello Stato e le sue regole terrene e ultraterrene, molto elitarie, sono ben documentati negli oggetti provenienti da contesti funerari, tra cui una tavola per offerte in calcite (alabastro). L’offerta al defunto era parte fondamentale del rituale funerario per assicurare una vita oltre la morte. La particolarità di questa tavola appartenuta a un alto funzionario di stato di nome Defdj è data dalla forma circolare, insolita, e dal ripetersi del concetto di offerta come indicato dal testo scritto, dal vasellame scolpito in visione zenitale e, soprattutto, dalla raffigurazione centrale che corrisponde al geroglifico hotep (offerta).
Il Medio Regno – Il dio Osiri e una nuova prospettiva di vita ultraterrena
La fine dell’Antico Regno e il periodo di disgregazione politica che ne segue determinano grandi cambiamenti nella società egiziana, che riconosce al singolo individuo una maggiore responsabilità del proprio destino, anche ultraterreno. Ogni egiziano, in grado di farsi costruire una tomba con adeguato corredo funerario, può ora aspirare a una vita eterna. Il dio Osiri, signore dell’oltretomba, diviene la divinità più popolare del Paese. Dal suo tempio ad Abido provengono molte stele ora a Leiden e a Bologna. Tra cui quella di Aku, maggiordomo della divina offerta, che dedica questa stele a Min-Hor-Nekhet. La preghiera che Aku rivolge al dio racconta di un’esistenza ultraterrena in un mondo concepito come tripartito: in cielo, in terra e in oltretomba.
Dal Medio al Nuovo Regno – Il controllo del territorio in patria e all’estero
La sconfitta degli Hyksos, “i principi dei paesi stranieri”, dà origine al Nuovo Regno. Una politica estera aggressiva arricchisce il Paese che vive uno dei periodi di maggiore splendore. La classe sociale dei professionisti della guerra si afferma sino al punto da raggiungere il vertice dello stato e dare origine ad alcune dinastie regnanti. La ricchezza e il prestigio di questi militari si concretizzano anche nella produzione di oggetti raffinati, come gli ori attribuiti a Djehuty, generale del faraone Tuthmosi III. L’arte orafa egiziana ci ha lasciato in eredità gioielli di grande pregio artistico e valore economico, come un elemento di pettorale presente in mostra. Questo monile, attribuito alla tomba del generale Djehuty, rappresenta un raffinato esempio. Decorato a fiore di loto blu, simbolo di rinascita e rigenerazione, doveva fungere da elemento centrale di un elaborato pettorale a numerosi fili. Il cartiglio inciso sul lato posteriore suggerisce che il gioiello sia stato donato da Thutmosi III in persona.
La necropoli di Saqqara nel Nuovo Regno
I Musei di Leiden e di Bologna possono essere considerati “gemelli” perché conservano due nuclei importanti di antichità provenienti da Saqqara, una delle necropoli della città di Menfi. Durante il Nuovo Regno, questa antica capitale dell’Egitto tornò a essere un centro strategico per la politica espansionistica dei sovrani di XVIII Dinastia. Le monumentali sepolture degli alti funzionari di stato che vi ricoprirono incarichi amministrativi, religiosi e militari, tra cui le tombe del Sovrintendente al tesoro reale di Tutankhamon Maya e di sua moglie Meryt, e di Horemheb, comandante in capo dell’esercito e principe ereditario di Tutankhamon, lo dimostrano.
Le statue di Maya e di sua moglie Meryt arrivarono in Olanda nel 1829 con la collezione di Giovanni d’Anastasi. Solo molti anni dopo, nel 1986, una missione archeologica