In programma fino al 25 settembre, l’esposizione è allestita in più sedi: #PalazzoReale, #Gallerie d’Italia, #CasadelManzoni
Milano, 28 giugno 2016
– Una grande antologica contemporaneamente allestita in tre prestigiose
sedi è l’omaggio che Milano tributa a Emilio Isgrò, un artista che ha
dedicato la propria vita alla ricerca di linguaggi sempre più originali e
alla creazione di uno stile unico, che intreccia parole e segno
grafico, materia e poesia.
Curata
da Marco Bazzini, la mostra ospita al piano nobile di Palazzo Reale una
selezione di lavori storici con oltre 200 opere tra libri cancellati,
quadri e installazioni; l’esposizione continua alle Gallerie d’Italia
dove è esposta l’anteprima del celebre ritratto di Alessandro Manzoni
dipinto da Hayez e cancellato in bianco; il percorso si conclude alla
Casa del Manzoni con “I promessi sposi cancellati per venticinque
lettori e dieci appestati”.
Il
progetto è promosso e prodotto dal Comune di Milano – Cultura, Palazzo
Reale, Intesa Sanpaolo, Centro Nazionale Studi Manzoniani, dalla casa
editrice Electa e nasce da un’idea dell’Archivio Emilio Isgrò.
La
mostra nelle sale di Palazzo Reale presenta il corpus di opere storiche
modulato attraverso blocchi tematici e intervallato da grandi
installazioni, che rappresentano uno degli aspetti più significativi ma
ancora poco conosciuti della sua complessa produzione. Una scelta che
lega visivamente i diversi lavori e svela al pubblico i passaggi e le
evoluzioni che la cancellatura ha avuto nel tempo.
L’esposizione
si apre con una riflessione sull’identità e l’autorialità, temi che
l’artista ha toccato fin dalla fine degli anni Sessanta con le opere “Il Cristo cancellatore” (1968) e “Dichiaro di non essere Emilio Isgrò” (1971), per arrivare quarant’anni dopo al “Dichiaro di essere Emilio Isgrò,” l’imponente opera che ha dato il titolo alla sua antologica del 2008 a Prato.
Successivamente,
è affrontata quella che l’artista ha definito “arte generale del
segno”, ovvero l’evoluzione nel tempo della cancellatura e della poesia
visiva. Dalle prime cancellature degli anni Sessanta all’”Enciclopedia Treccani” (1970), da “I promessi sposi non erano due” (1967) alla “Costituzione cancellata” (2010), alla “Cancellazione del debito pubblico” (2011), al “Trittico del Sole” (2013) e a “Modello Italia” (2013). E, inoltre, le prime poesie visive, tra cui le famose “Wolkswagen” (1964) e “Jacqueline” (1965), insieme a un inedito “Antony and Cleopatra” (1966), alle “storie rosse” (alcune di queste mai esposte finora) e all’installazione-ambiente “Giap”, riproposta al pubblico dopo la prima esposizione nel 1975 alla Galleria Blu di Milano.
Il
percorso prosegue con il racconto del passaggio che dalle “lettere
estratte” (lettere o note musicali estrapolate dal loro contesto) ha
portato alla nascita delle macchie e alla cancellatura come gesto
incline alla pittura, ma ancora non pittorico. Il segno, nei primi anni
Ottanta, da nero si muta in bianco, e al testo scritto spesso si
sostituisce un’immagine. Le installazioni “L’ora italiana” (1985) e “La veglia di Bach”
(1985), ricostruite in mostra, rappresentano la straordinaria summa di
questa ricerca. Una ricerca che ha portato alla realizzazione del ciclo “Guglielmo Tell”, presentato nella sala personale alla 45° Biennale di Venezia (1993) e ora riallestito a Palazzo Reale. Come focus
indispensabile alla comprensione dell’opera dell’artista, sarà
riproposta al centro del percorso espositivo di Palazzo Reale
l’installazione-partitura per quindici pianoforti Chopin.
Trova inoltre spazio un’altra variante concettuale della cancellatura, i “particolari ingranditi”, dei quali Isgrò dice: “Una parola cancellata sarà sempre una macchia, ma resta pur sempre una parola. Un particolare smisuratamente ingrandito di Kissinger o di Mao sarà un’immagine cancellata, ma resta pur sempre un’immagine”.
Si deve partire dai “particolari ingranditi” per comprendere la
progressione che ha portato l’artista a ideare le sculture dedicate ai
semi d’arancia come il monumentale Seme dell’Altissimo, che ha
accolto all’Expo 2015 di Milano milioni di visitatori. Il tema del seme
s’intreccia con il filone di riflessione intorno alla cultura
mediterranea, rappresentato dal ciclo delle api e delle formiche — in
mostra anche Biografia di uno scarafaggio (1980) e Le api di Istanbul (2010) — e dal ritorno alla parola nel grandioso ciclo teatrale L’Orestea di Gibellina (documentato in mostra) che ha segnato la rifondazione del paese siciliano distrutto dal terremoto del 1968.
L’esposizione
di Palazzo Reale termina con una sala dedicata alla “trilogia dei
censurati”, un ciclo di lavori che Isgrò ha dedicato nel 2014 a
personaggi la cui sorte fu condizionata da opinioni e poteri
consolidati. Protagonisti di questo ciclo sono Giovanni Pico della
Mirandola e le sue “Conclusiones” cancellate; i notevoli ritratti
di Galileo Galilei, Girolamo Savonarola e Curzio Malaparte; e infine
Giovanni Testori con la grande opera “Dove comincia il Ponte della Ghisolfa” (2014) legata alla monumentale cancellatura nello spazio pubblico di Piazza Gino Valle al Portello.
La
mostra prosegue alle Gallerie d’Italia, sede museale di Intesa Sanpaolo
a Milano, dove nel caveau, utilizzato per la prima volta come spazio
espositivo, è custodito, come un vero e proprio tesoro per Milano e per
l’Italia, “L’occhio di Alessandro Manzoni”, una inattesa, emozionante cancellazione del famoso ritratto di Hayez.
Isgrò
riconosce nel grande scrittore il simbolo di una unità nazionale oggi
più che mai necessaria nell’Italia che cambia con l’Europa e con il
mondo. Non è un caso, infatti, che la mostra si concluda a Casa del
Manzoni, dove l’artista ritorna a distanza di cinquant’anni sul
capolavoro manzoniano cancellandone venticinque volumi, lo stesso numero
di lettori che l’autoironico, scaramantico figlio di Giulia Beccaria
prevedeva per se stesso.
Oltre
a mettere a disposizione la propria sede espositiva, Intesa Sanpaolo
partecipa all’iniziativa con il prestito di otto opere dalla collezione
del Novecento della Banca, che saranno presentate a Palazzo Reale, tra
cui le due importanti installazioni “L’ora italiana” e “Chopin”.
Emilio
Isgrò, nato a Barcellona di Sicilia nel 1937, arriva a Milano nel 1956 e
da allora questa diventa la sua città e il suo luogo di lavoro.
Con
le prime cancellature realizzate nel 1964 Emilio Isgrò ha fondato un
nuovo linguaggio di grande originalità e trasparenza. Da oltre
cinquant’anni l’artista interviene sul testo in tutte le lingue e in
tutte le forme (libri, manifesti, telex, giornali) coprendo con un segno
la quasi totalità delle parole per far emergere frasi e piccoli
frammenti: espressioni monche vòlte a ricostruire quelle identità umane
che rischiano di essere definitivamente travolte da guerre e da
conflitti non soltanto mediatici.
Ma
parallelamente alla trasformazione dei testi in un’indecifrabile,
affascinante griglia pittorica, Isgrò ha utilizzato la parola anche per
scrivere poesie, romanzi, drammi, tragedie teatrali, articoli su
giornali e riviste.
Questa
sua estrema libertà nell’uso del linguaggio lo rende una figura
pressoché unica nel panorama dell’arte contemporanea nazionale e
internazionale facendone uno degli indiscussi protagonisti.
Attraverso
un percorso ricco e lineare, Isgrò è stato tra il 1964 e il 1975 il
massimo autore e teorico della poesia visiva, prendendone le distanze
quando ha considerato esaurita la forza propulsiva del movimento; ha
anticipato l’arte concettuale, di cui però non ha mai condiviso le
regole restrittive; ha rinnovato la sua ricerca sperimentale, ritornando
alla parola e all’impegno etico; e si è confrontato, infine, con i temi
più pressanti della globalizzazione, rimettendo al centro del dibattito
la cultura mediterranea.