L’Avv. Filippo Biolé, Presidente del Consiglio di Amministrazione della Fondazione Orchestra Sinfonica di Sanremo, in ricordo di Vittorio De Scalzi, dichiara:
«Esisteva un mondo di artisti nel quale ho avuto la fortuna di crescere. Era quello di ore interminabili, di prove serali nei salotti pieni di birre e sigarette, di infinite registrazioni in sale d’incisione domestiche che invadevano di suoni gli appartamenti e, con essi, i sogni dei figli lì accanto, di talenti naturali senza pentagramma; di liti furibonde su un accordo calante che finivano poi nel chiasso delle risa scomposte attorno a lunghe tavolate in campagna sotto le stelle, in cui la cena era solo la scusa per riunirsi: musicisti, cantanti e amici di scuola, li vedevi, tutti ebbri di note, sostituirsi a cicale e grilli ammutoliti, finalmente a godersi l’autentico piacere di fare musica per la musica. Quelle feste private, spesso improvvisate, erano i loro veri concerti, per quei pochi fortunati eletti che, rispetto a chi paga il biglietto, potevano assistere al momento creativo più autentico (e alla resa più perfetta delle registrazioni più note), quello senza riflettori e l’ansia da palcoscenico, in cui gli artisti erano il loro stesso pubblico, e i più feroci critici di se stessi.
A distanza ormai di tanti anni da quei giorni, posso dirmi tra quei fortunati che hanno imparato a far musica per abitudine prima ancora di cimentarsi con l’odiato solfeggio, e soprattutto che hanno potuto avere come modelli persone che, come Vittorio De Scalzi, dalla musica traevano autentico e rinnovato piacere ogni qualvolta avvertivano, quasi con sorpresa, di aver eseguito quel passaggio o quell’accordo con la dinamica più prossima alla sua naturale perfezione, prima ancora del plauso del pubblico, che anzi può essere irritante quando non si accorge invece dell’errore.
Questi, per me, sono oggi i veri musicisti, quali erano anche i New Trolls prima ancora che sapessero di chiamarsi così. E tutto questo di certo era Vittorio, innamorato della sua musica e generoso discepolo di quest’arte. Vittorio che, ai miei occhi di bambino, di fronte a un mondo adulto che in realtà era più infantile di me nell’approccio ingenuo e umile alla musica, oggi piango. E con lui piango la scomparsa di tutto quell’universo, ma con lacrime che poco hanno a che fare con la tristezza, perché assai più prossime a un profondo senso di gratitudine.
Un addio a un’ artista inconsapevole di essere artista, per il quale il successo è stato solo la logica, quasi ovvia, conseguenza di un’umile trascinante e devota passione per l’arte. Quella passione che l’Orchestra Sinfonica di Sanremo ha condiviso nel suo ultimo concerto – solo qualche giorno fa all’Auditorium Alfano -, e che quel mondo che va ora estinguendosi credo vorrebbe venisse trasmessa a chi ascolta oggi come agli ascoltatori di domani».
Grazie per l’attenzione.