Sabato 2 dicembre, nel centesimo anniversario della nascita di Maria Callas, il Piccolo Teatro di Milano si unisce al Callas Day e al palinsesto di iniziative voluto dal Comune di Milano per celebrare il grande soprano.
Lo fa con una serata speciale, nella sala storica di via Rovello (ore 20.30) ideata e condotta da Concita de Gregorio, dal titolo Callas Pasolini. Il mistero della voce, il mistero dell’amore. Lungo il corridoio, reale e metaforico, che unisce e separa due vite straordinarie, quelle di Maria Callas e di Pier Paolo Pasolini, segnate da un’identica solitudine, Concita de Gregorio sarà accompagnata dallo psicoterapeuta e filosofo Umberto Galimberti, dal drammaturgo e scrittore Petros Markaris, dall’artista Francesco Vezzoli e da Francesca Della Monica, didatta e filosofa della musica, con il coordinamento artistico di Davide Gasparro.
La giornata del 2 dicembre si aprirà al Teatro alla Scala con la proiezione del documentario MYCALLAS di Roberto Dassoni (alle 17.30). Inoltre, in occasione del Callas Day, Gallerie d’Italia aprirà le sue porte gratuitamente ai visitatori, per tutta la giornata, offrendo visite guidate alla mostra Maria Callas. Ritratti dall’Archivio Publifoto Intesa Sanpaolo, curata da Aldo Grasso.
Maria nella vita era impaurita e fragile. Solo quando cantava diventava assoluta padrona di sé.
Pier Paolo era incantato da quel mistero.
- Dacia Maraini
Sottocoperta l’“Edipo Re”, leggendaria barca che fu di Pier Paolo Pasolini e Giuseppe Zigaina, ha due sole minuscole cabine. Grandi appena più del lettino che contengono. Le porte sono una di fronte all’altra, separate da un corridoio di pochi centimetri – la metà di un passo. Una terza porta è quella del piccolo bagno in comune. Tra il luglio e l’agosto del 1969, durante le riprese di Medea a Grado, Pasolini – il regista – e Maria Callas – la protagonista del film – dormirono lì. Loro due da soli, ogni notte. Si amavano di amori diversi. Lei, racconta Dacia Maraini, era sicura che lo avrebbe “cambiato”, così diceva in quel suo modo un po’ infantile di esprimersi: che sarebbero infine divenuti una coppia. Lui amava l’incanto e il mistero di quella donna minuta dalla voce pigolante che in scena, improvvisamente, diventava immensa e tonante. Amava la sua fragilità e la sua potenza. Dove abita quella voce? – si domandava – da dove scaturisce, che cos’è? Lei gli lasciava fare tutto ciò che lui le chiedeva, in scena: persino restare sempre in silenzio, orbata del suo maggior talento.
Lo aspettava.
Era certa che lui sarebbe arrivato da lei ma non aveva, per formazione e cultura, lo spirito di iniziativa di andare lei da lui. Non si fa, diceva. Le donne non possono. Dunque, aspettava, e aspettava ancora che fosse lui a fare quel passo, la metà di un passo, da cuccetta a cuccetta.
Il corridoio mai attraversato è il piccolo frammento di due immense vite che raccontiamo qui.
La storia di quei due mesi: sessanta giorni che custodiscono un almanacco di simboli, di incantamenti e di misteri. Callas e Pasolini, quasi coetanei (lui del ’22, lei del ’23) si conoscono a metà della vita e si ri-conoscono. La difficoltà del vivere in un mondo in cui tutti li guardano e nessuno davvero li vede. I dolori, i disamori, le illusioni e gli abbandoni: lei reduce da Onassis, lui da Ninetto Davoli. Anche Medea, del resto, è in prima istanza una donna abbandonata. Ma la solitudine, nel caso di Callas e Pasolini, non è la conseguenza della fine di una storia d’amore: è una condizione che li connota, li convoca. Il segreto delle voci – così sottili, nella vita quotidiana, e acute, in entrambi i casi – e poi invece enormi, incommensurate: lei in scena, lui nella scrittura.
Destinati entrambi a incarnare la tragedia, a replicarne gli archetipi, a morire a cinquant’anni (lui a 53, lei a 54, poco dopo di lui). A diventare simboli – dunque immortali – del Novecento e non solo.
Ingresso gratuito con prenotazione su piccoloteatro.org