Al Museo
Nazionale del Bargello si apre la prima
mostra monografica dedicata allo scultore fiorentino Baccio Bandinelli, “una mostra ricolma di scoperte e di
sorprese – come dovrebbe essere ogni mostra fondata su studi e ricerche – che
riposiziona il cavalier Bandinelli nella costellazione dei massimi scultori
della straordinaria Firenze del Cinquecento” (Cristina Acidini).
Bandinelli fu un “universale artefice”, secondo
il giudizio del Vasari (che pure non gli fu amico): un giudizio che la mostra intende quasi provocatoriamente
confermare – in questo anno di celebrazioni michelangiolesche – per
restituire infine al Bandinelli la sua posizione di spicco nel
panorama della scultura italiana
della Maniera e per ristabilire la verità su un artista ancora ammiratissimo
nel Sei e Settecento, ma condannato all’ostracismo
dalla critica negli ultimi due secoli, fino ad oggi. La biografia del
Bandinelli – dopo quelle
di Michelangelo, del Vasari stesso e di Raffaello – è la più estesa
fra le Vite vasariane: è uno scritto tormentato,
considerando l’odio tra i due artisti, ma in cui Vasari è infine costretto ad
ammettere la grandezza di Baccio, “terribile di lingua e d’ingegno”.
I
suoi committenti principali furono dapprima i due papi di casa Medici – Leone X
e Clemente VII –
e poi il duca Cosimo I: nessun dubbio è possibile sul livello che allora si
richiedeva ad un artista per ambire a simili incarichi, che videro Bandinelli
primeggiare su tutti i concorrenti (spesso di gran nome) e assicurarsi, a
Firenze e non solo, le imprese artistiche più impegnative e più rappresentative
della prima metà del secolo, mantenendo un indiscusso credito e prestigio.
La parte
iniziale e più rilevante della mostra è stata ambientata nella Sala di Michelangelo, perché tutte le
opere lì esposte hanno a che fare con Bandinelli: quelle dei suoi maestri, come
Michelangelo e il Rustici; quelle dei suoi coetanei, come Jacopo Sansovino, il
Tribolo e soprattutto il Cellini, suo eterno nemico; quelle dei suoi allievi,
come Vincenzo De Rossi e Bartolomeo Ammannati; infine, quelle del suo
successore alla corte granducale, il Giambologna. Per comprendere finalmente
l’arte di questo controverso scultore, ciascuna delle opere presenti in sala,
in esposizione permanente, offre innumerevoli spunti di riflessione, attraverso
il confronto diretto con l’antologia bandinelliana che vi è temporaneamente
raccolta. Il Bacco, il Tondo Pitti e il Bruto di Michelangelo, che il visitatore incontrerà per primi,
fanno da premessa non solo all’arte del Bandinelli ma alla sua vita, dominata
dall’aspirazione a superare i vertici espressivi e la fama raggiunti dal
Buonarroti, che proietterà su di lui la sua ombra fino alla fine. Così il culto
di Michelangelo – allora come oggi – spiega la freddezza se non l’acrimonia
della critica verso il ‘rivale’
Bandinelli, che solo ultimamente registra l’avvio di una riabilitazione.
Il
percorso della mostra inizia con i suoi esordi d’enfant prodige nella bottega del padre Michelangelo di Viviano,
orafo di prim’ordine e fiduciario di casa Medici, esercitandosi senza sosta a
copiare gli antichi e i maestri del Quattrocento, anche in rilievo.
Giovanissimo, conferma le sue doti
straordinarie superando nel disegno coetanei
di gran talento come il Rosso, il Pontormo, Jacopo Sansovino: un’
eccellenza che gli riconosceranno tutti gli ‘intendenti’ e che dovrà ammettere
persino Vasari. La dimostrano d’altronde i tanti straordinari disegni esposti in mostra: quelli giovanili (ispirati
a Donatello, a Michelangelo, a Leonardo) e i molti altri – della collezione
degli Uffizi, ma quasi ignoti – nei soggetti e nelle tecniche più varie, spesso
tradotti poi in incisione e copiati da pittori e ceramisti; oppure elaborati
dall’artista in raffinati rilievi. E
poiché, a Firenze, si considerava il disegno l’origine e il fondamento
dell’arte, non stupisce che assai presto l’ambizione di Baccio a diventare un
artista “universale” sia cresciuta a dismisura. A parte la presenza saltuaria
di Michelangelo, la Firenze della sua prima giovinezza è soprattutto una città
di pittori: e con la pittura Bandinelli esordisce neppure ventenne. Prove
deludenti, per un così celebrato “disegnatore”, per via soprattutto del colore,
che manca alle sue corde: lo conferma la
Leda
(1512), unico suo dipinto superstite di questo tempo ed esposta al pubblico
per la prima volta, grazie al prestito
della Sorbona.
La
scelta del giovane Bandinelli si orienta dunque definitivamente alla scultura, cui già Leonardo l’aveva incoraggiato anni prima. Che il
suggerimento fosse giusto, lo dimostra
il Mercurio del Louvre, dello stesso anno, entrato ben presto
nelle collezioni del re di Francia. Ma Baccio vuole “far grande” e così è a Roma, ai capolavori dell’arte
antica e soprattutto a Michelangelo che egli lancia la sua sfida ‘titanica’,
che lo vedrà sempre sconfitto, criticato spesso fino al dileggio nonostante la
protezione dei due papi Medici, Leone X e Clemente VII. Dopo l’exploit fiorentino con
l’Orfeo in Palazzo Medici (1519), si
susseguono le ‘imprese’ romane: i Giganti
di Villa Madama, la copia del colossale Laocoonte antico (oggi agli Uffizi),
le Tombe papali in Santa Maria Sopra Minerva, altri grandi progetti incompiuti;
poi, finalmente, l’Ercole e Caco, da affiancare al David michelangiolesco sul fronte di Palazzo Vecchio: la
commissione più ambita, che riesce a strappare al Buonarroti e che sarà oggetto
di secolari derisioni e fonte di infinita amarezza per Bandinelli. Immagini
in video, mostreranno al visitatore tutte le opere monumentali realizzate da
Baccio nel corso della sua vita.
Esse spiegano perché all’insediarsi di Cosimo I, egli sia stato scelto
come scultore ufficiale della corte e come ritrattista del duca, insieme al
Bronzino: in mostra, il raffinato busto marmoreo di Cosimo I è posto accanto al
coevo ritratto del Bronzino (della
Galleria Sabauda), a sottolineare l’affinità dei due artisti e l’ascendente
di Baccio sul pittore; e ancora a diretto confronto, i due grandi busti bronzei
che raffigurano Cosimo in armi: l’uno di Baccio, l’altro di Benvenuto Cellini.
Alla metà del secolo, Bandinelli si aggiudica le più importanti commissioni
fiorentine: gli arredi scultorei della Sala dell’Udienza in Palazzo Vecchio e del
Coro della Cattedrale. Per quest’ultimo, il Bandinelli immaginò un insieme
grandioso e rivoluzionario, anche dal punto di vista dottrinario: in mostra,
accanto ai candidi marmi dell’Adamo e Eva, che – scandalosamente
nudi – testimoniavano dietro all’altar maggiore la purezza primigenia
dell’uomo, una serie di rilievi di Profeti dal recinto del coro
dimostrano nella “varietà” delle pose tutto dell’ingegno di Baccio. Il percorso
della sala si conclude con la ricostruzione (attraverso tutte le opere
originali) della “stanza” di Palazzo Vecchio in cui il duca Cosimo volle
riunite le più belle figure ‘moderne’ : e qui il Bacco di Bandinelli torna a confrontarsi col David-Apollo di Michelangelo, col Bacco di Jacopo Sansovino e col Ganimede
del Cellini.
Dopo i
disegni, i ‘modelli’ preparatori – come il San Girolamo tratto da una cera giovanile perduta (da Dresda) e la cera originale appena
scoperta del Nettuno per la fontana di Piazza della Signoria (da Montpellier) – e i bronzetti (in
esemplare unico e da sempre conservati nelle collezioni granducali), la mostra
si conclude con la terza sala che raccoglie i Ritratti, gli Autoritratti e le
“invenzioni” di Baccio Bandinelli primo fondatore, a Roma, di un’ “Accademia”
per giovani artisti. Cultore del suo nobile aspetto, barbuto come un
filosofo antico, Baccio si ritrasse più volte nel corso della vita: in
bassorilievi marmorei (esposti tre degli
esemplari più belli), ma anche in una vivissima testa in terracotta, “parlante”
e imperiosa (da Oxford). Dominano nella sala, due dipinti che lo ritraggono, da
giovane e da vecchio. Il primo è la replica più fedele e più antica di quello
che gli fece Andrea del Sarto, quando lui aveva poco più
di vent’anni e tentava inutilmente di carpire ad Andrea i segreti del colore;
il secondo – prestito eccezionale dell’Isabella
Stewart Gardner di Boston – è il grande Autoritratto a figura
intera e in veste di cavaliere di San Jacopo, l’onorificenza concessagli nel
1530 dall’imperatore.
Vorremmo
che dalla mostra uscisse appunto un “ritratto a figura intera” del Bandinelli
artista, quanto più possibile oggettivo: eliminando tutte le ridipinture e le
ombre troppo rimarcate, che la tradizione vi ha aggiunto per dar più luce ai
suoi ‘nemici’, Michelangelo e Cellini.
La
mostra, a cura di Detlef Heikamp e Beatrice Paolozzi Strozzi come il catalogo
edito da Giunti, è promossa dal Ministero dei beni e delle attività culturali e
del turismo con la Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici
della Toscana, la Soprintendenza Speciale per il Patrimonio Storico, Artistico
ed Etnoantropologico e per il Polo Museale della città di Firenze, il Museo
Nazionale del Bargello, Firenze Musei, gli Amici del Bargello e l’Ente Cassa di
Risparmio di Firenze.
Grazie all’Opera di Santa Croce,
in occasione dell’esposizione (9 aprile – 13 luglio), verrà aperta gratuitamente (per i visitatori
della mostra) la Cripta dei Caduti in cui si conserva la Pietà, già sull’altare della Cattedrale di Firenze e tra i
capolavori di Baccio Bandinelli.
Scheda tecnica
Ministero dei beni e delle attività culturali e del
turismo
Direzione Regionale per i Beni Culturali e
Paesaggistici della Toscana
Soprintendenza Speciale per il Patrimonio Storico,
Artistico ed Etnoantropologico
e per il PoloMuseale della città di Firenze
Museo Nazionale del Bargello
Firenze Musei
Amici del Bargello
Ente Cassa di Risparmio di Firenze
Titolo
della mostra
Baccio Bandinelli
Scultore e Maestro (1493-1560)
Sede espositiva
Museo Nazionale del Bargello
Periodo della mostra
9 aprile -13
luglio 2014
Soprintendente
Cristina Acidini
Direttore
del Museo Nazionale del Bargello e della mostra
Beatrice
Paolozzi Strozzi
Cura
della mostra
Detlef
Heikamp e Beatrice Paolozzi Strozzi
Segreteria
della mostra
Benedetta
Chiesi
Produzione e gestione della
mostra
Opera Laboratori Fiorentini S.p.a – Civita Group
Direzione amministrativa e del personale per la
Soprintendenza
S.P.S.A.E. e per il Polo
Museale della città di Firenze
Silvia
Sicuranza
Ufficio servizi aggiuntivi
Simona
Pasquinucci
Veruska
Filipperi e Angela Rossi
La mostra è stata realizzata
in collaborazione con il Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi:
Marzia Faietti
(direttore)
Giorgio Marini
(vicedirettore)
Comunicazione a cura di
Opera
Laboratori Fiorentini – Civita Group
Sito web
www.unannoadarte.it
Coordinamento, promozione e relazioni esterne
Opera
Laboratori Fiorentini – Civita Group
Mariella
Becherini Tel. 055. 290383 – m.becherini@operalaboratori.com
Immagine coordinata e progetto grafico per sito web
Senza Filtro
Comunicazione, Firenze
Allestimento
Ideazione e progettazione
Studio
Guicciardini e Magni, Maria Cristina Valenti
Direzione dei lavori
Maria Cristina
Valenti
Realizzazione dell’allestimento
Opera
Laboratori Fiorentini Civita Group
Video
Art Media
Studio, Firenze
Catalogo
Giunti Editore,
pp. 624. Costo € 46,00
A cura di
Detlef Heikamp
Beatrice
Paolozzi Strozzi