Nato dallo spettacolo vario di una ingegnosa umanità, con il sottofondo instancabile di unritornello di pace, attento alla profonda dissomiglianza fra mondi di pensiero e quelli di animo,
irrigidito contro certi compromessi sapienti e leggeri”.
Con queste parole la scrittrice Maria Pia Selvaggio descrive il libro di Nuccio Franco, Il sogno
di Safiyya, un racconto intenso, un viaggio che prende il via fra le ceneri e gli orrori della
guerra della Bosnia.
Qui il reporter Jan ritorna con i ricordi al periodo dell’adolescenza, interrogandosi sui motivi
della sua presenza in quella terra martoriata, insanguinata da massacri e terrificanti atti di
crudeltà. Nella mente ha il sorriso di Youssuf e gli occhi della figlia Safiyya, che ha lasciato in
Italia prima di partire come cronista. Sono stati loro, immigrati dal Marocco, con l’esempio e
l’amicizia, a insegnargli i valori della tolleranza, del rispetto, della comprensione.
L’autore trasmette al lettore in modo naturale e diretto, con uno stile giornalistico più che
narrativo, i valori della coesistenza, del rispetto, dell’integrazione. “Il filo conduttore del libro –
ci racconta Nuccio Franco – si sostanzia nel tentativo di trasmettere un messaggio forte,
soprattutto alle nuove generazioni, ossia il senso di tolleranza, il dialogo, il credere che nessuno
è inferiore a nessuno. Tutte cose, queste, che mi ha insegnato il mio mestiere,spesso in giro per
il mondo,come a Nevè Shalom: il confronto con l’altro, sovente definito diverso.
E poi c’è il sogno, quello dei personaggi di contribuire ad un mondo meno ignavo ed
indifferente alle umane miserie, in un dialogo rispettoso dell’altrui essere al mondo, nella forza
di credere nell’amore, al di là di schemi preconcetti, di sovrastrutture come la religione o i
rapporti sociali”.
Con Il sogno di Safiyya ,Franco trasforma in prosa narrativa le sue stesse esperienze, al fine di
trasmettere un messaggio concreto, “frutto del mio vissuto che tanto mi ha dato e insegnato come la
permanenza a Sarajevo e la sua aberrazione, la perdita di un amico, dell’Amico, l’aver conosciuto Safiyya e la
sua famiglia, Norah e Youssuf, che mi hanno insegnato il rispetto per la diversità, per la vita. Safiyya, che
rappresenta il mio alter ego, è riuscita a guidarmi con occhi di donna in questo viaggio, aiutandomi a decodificare
fatti e situazioni che stentavo a comprendere, convincendomi che la strada intrapresa insieme era quella giusta e
che la nostra amicizia aveva qualcosa in più, fatta di rispetto e comprensione reciproca”.