Buffoni, villani e giocatori alla corte dei Medici
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Andito degli Angiolini, Palazzo Pitti, Firenze
19 maggio – 11 settembre 2016
Anteprima stampa
18 maggio 2016 ore 12.00
La mostra presenta alcuni dei più bizzarri e inaspettati soggetti
figurativi ricorrenti nelle collezioni medicee che, tra Cinquecento e
Settecento, trovarono significative, e talvolta curiose,
rappresentazioni artistiche. Si tratta di scene cosiddette ‘di genere’,
un universo figurativo che nella acclarata gerarchia della pittura
barocca, permetteva di illustrare, spesso anche con intenti morali o
didascalici, diversi aspetti comici della vita sociale e di corte, quei
temi ritenuti, cioè, altrimenti bassi e privi di decoro, indegni di una
pittura alta, di soggetto sacro, mitologico o storico.
Le opere selezionate, circa una trentina, provengono per la massima
parte dai depositi della Galleria Palatina e dalla Galleria delle Statue
e delle Pitture (entrambe facenti parte del complesso delle Gallerie
degli Uffizi creato dalla recente riforma), e presentano al visitatore
personaggi marginali e devianti come buffoni, contadini ignoranti o
grotteschi, nani e praticanti di giochi tanto leciti che illeciti. Nella
società apparentemente immobile dell’antico regime, cui danno volto
nelle sale di Pitti i ritratti dei granduchi e dei gentiluomini della
corte, la pittura ‘di genere’ diviene lo strumento critico che permette
di attingere, attraverso l’arte, alla più variegata realtà del mondo.
Un campionario variopinto, quanto inaspettato, di personaggi della corte
medicea, incarna l’ambivalente mondo della buffoneria, della rusticitas
e del gioco. Sono spesso personaggi realmente vissuti, cui erano
demandati l’intrattenimento e lo svago dei signori, antidoto alla noia
sempre in agguato tra le maglie del rigido cerimoniale spagnolesco. Così
dimostrano il grottesco più sgradevole del Nano Morgante del Bronzino
e, all’opposto, la leziosità cortigiana dei Servitori di Cosimo III de’
Medici.
La comicità di questi soggetti, non esente nel profondo anche da
risvolti drammatici o almeno malinconici, si declina nei buffoni di
professione, qui rappresentati nei tre tipi: della parola – abilissimi
nelle acrobazie verbali e nelle improvvisazioni di spirito -; del fisico
– l’anomalia degli acondroplasici e dei deformi -; e, infine, della
devianza mentale come il Meo Matto di Giusto Suttermans.
“Considerati alla stregua di giocattoli viventi, di meraviglie della
natura degne di una Wunderkammer, ma anche accorti consiglieri dotati di
speciali licenze rispetto all’etichetta della corte, questi buffoni,
nani, giocolieri spuntano dai documenti d’archivio con un’identità
definita: vengono infatti ricordati per imprese (e talvolta misfatti)
che li inseriscono come persone reali nella vita della corte, la cui
biografia può esser tratteggiata con sapidi dettagli, e di molti si può
chiarire l’alto spessore umano e culturale. La posizione dei buffoni, a
metà strada tra il divertimento e la coscienza parlante del signore, li
eleva a protagonisti di un’arte giocosa e bizzarra, che permette anche
all’artista felicissime libertà espressive: e valgano da esempio i
ritratti del nano Morgante di Bronzino e Valerio Cioli, i caramogi nelle
Stagioni di Faustino Bocchi, il Meo Matto di Suttermans e tanti altri
presenti in questa mostra, oltre alle figure silvane e occupate in
strane attività che spuntano inaspettate tra le siepi del Giardino di
Boboli.” (E. D. Schmidt, Direttore delle Gallerie degli Uffizi)
Partecipano inoltre alle buffonerie alcuni rustici, come la vecchia in
abito di nozze, patetica corteggiatrice di un giovane garzone,
smascherata da un nano impietosamente arguto in un quadro bellissimo
della fine del Seicento, ma di incerta attribuzione, o come la contadina
Domenica dalle Cascine, raffigurata dal Suttermans – ritrattista
ufficiale dei granduchi – nel quadro omonimo, che risulta saltuariamente
stipendiata dalla corte per prestazioni da “buffone”.
Appartengono invece al mondo della buffoneria di mestiere Alberto
Tortelli e Giuliano Baldassarini raffigurati da Niccolò Cassana in veste
venatoria, sospesi dunque tra il piano figurativo dell’ambientazione
arcadica, non altrimenti qualificati di segni allusivi al ruolo svolto a
corte, e quello della verità biografica che ce li restituisce al
mestiere di addetti al divertimento del gran principe Ferdinando. Della
serie dei servitori fa parte anche il magnifico quadruplice ritratto di
Servi della corte medicea con cui Anton Domenico Gabbiani offre una
sorta di regesto di forme e temi, qui antologizzati nel bizzarro
campionario di personaggi – tra cui un nano, un gobbo, un moro – tutti
realmente documentati come ‘prestatori d’opera’, servile o buffonesca, a
palazzo.
Tra gli svaghi un posto non meno trascurabile di quello occupato dai
suscitatori del riso avevano i giochi, nelle molteplici fattispecie di
quelli di parola, da tavolo – in particolare le carte -, e quelli
propriamente fisici. Non mancano testimonianze pittoriche, oltre che
letterarie, di svariati personaggi di corte intenti all’esercizio di un
gioco ginnico, come l’enigmatico Ritratto di giocatore con palla. Lo
scenario meno lecito ed aulico dello svago, l’equivoca taverna ai
margini dei ‘regolari’ confini della società, esercita una fascinazione
sulla corte che ne ricerca e ne acquisisce le rappresentazioni alle
proprie collezioni, come nel Suonatore di chitarra, riconducibile al
Maestro dell’Incredulità di San Tommaso (alias Jean Ducamps?), in cui il
giocatore/musico squaderna senza pudore sul tavolo, cui si appoggia, i
proibitissimi dadi e un mazzo di carte. Similmente intriganti, nella
loro dimensione di personaggi ‘irregolari’, e per questo ‘attirati’
all’occasione della presente esposizione, i protagonisti della
movimentata Scena di gioco e chiromante in atto di leggere la mano di
Nicolas Regnier o l’umanità errante e cenciosa dei Due cantastorie
vagabondi, o quella appena più rassicurante dei Venditori ambulanti di
Monsù Bernardo.
Le forme del comico si costruiscono dunque, nel percorso che si propone,
per via del contrappunto tra norma e difformità, regola e sproporzioni,
registro alto e sregolatezza. In questo gioco di (s)proporzioni, il
brulicante e frenetico affollarsi di affaccendatissimi pigmei in alcune
opere di Faustino Bocchi, tra cui il corteo de La mascherata di gnomi
(Il gatto Mammone) e le minuscole nudità de I Nani al bagno immerse
nella vacuità d’abisso notturno della lavagna su cui sono dipinte,
rappresenta l’esito estremo della grammatica delle distorsioni, in cui
il bresciano fu maestro. Non manca nemmeno il lampo demoniaco che la
società attribuiva spesso, con enorme crudeltà, alla natura deforme
nell’inquietante Banchetto grottesco di creature più o meno umane e
fornite di corna e nello straordinario musical infernale di Orfeo
nell’Ade di Joseph Heintz il giovane, dove caramogi e nani ballano su
uno scalone da fare invidia ai migliori palcoscenici di Broadway.
Assieme ai dipinti in mostra troviamo le sculture in marmo del Nano
musicante di Agostino Ubaldini e del Nano con sonagli di Andrea di
Michelangelo Ferrucci, oltre al bronzetto del Giambologna raffigurante
l’Uccellatore, proveniente dal Museo Nazionale del Bargello. L’incisione
col Ritratto di Bernardino Ricci detto il Tedeschino, a cui Stefano
della Bella ha affidato il racconto di una delle personalità più
interessanti della buffoneria di professione al servizio dei Medici nel
primo Seicento, completa – in termini di confronto e completamento – le
tematiche rappresentate dai dipinti.
A corredo della mostra è stato predisposto un itinerario nel Giardino di
Boboli dove tutti questi personaggi, villani, contadini e nani,
giocatori e caramogi si animano, pur pietrificati, e si nascondono nei
boschetti e nelle radure come sfuggiti dall’universo pittorico che li ha
creati, ad attendere i visitatori con calembour figurativi e
comicissime espressioni.
In occasione della presente esposizione
sono stati effettuati i restauri di 14 dipinti, 2 sculture e diverse
cornici recuperate dai depositi.
La mostra a cura, come il catalogo edito da Sillabe, di Anna Bisceglia,
Matteo Ceriana e Simona Mammana, è promossa dal Ministero dei beni e
delle attività culturali e del turismo con le Gallerie degli Uffizi e
Firenze Musei.