Dal
27 febbraio al 13 marzo al Teatro Argentina di Roma
Prima
nazionale
Candide di Mark Ravenhill – regia Fabrizio Arcuri – foto Achille Le Pera – Mascino, Nigro, Mazza .03 – Copia |
CANDIDE
di
Mark Ravenhillispirato
a
Voltaire
regia Fabrizio
Arcuri
traduzione
Pieraldo
Girotto
con
Filippo
Nigro,
Lucia Mascino,
Francesca Mazza,
Francesco
Villano
e
Matteo
Angius,
Federica
Zacchia,
Francesca
Zerilli,
Domenico
Florio,
Lorenzo Frediani,
Giuseppe Scoditti,
e
la partecipazione straordinaria di
Luciano Virgilio
musiche
composte, arrangiate ed eseguite dal vivo da H.e.r.
scene
Andrea Simonetti – costumi
Fabrizio Arcuri
video
Luca Brinchi, Daniele Spanò – live visual Lorenzo Letizia
assistente
alla regia Francesca
Zerilli – assistente
ai costumi
Valeria Bernini
Produzione
Teatro
di Roma
in
collaborazione con Centro Teatrale Santacristina
Dal
27 febbraio al
13 marzo al
Teatro
Argentina
debutta
in
prima nazionale
CANDIDE
di
Mark Ravenhill,
ispirato all’opera di
Voltaire,
per la regia di Fabrizio
Arcuri,
con Filippo
Nigro,
Lucia Mascino,
Francesca Mazza,
Francesco Villano,
e Matteo
Angius,
Federica Zacchia,
Francesca
Zerilli,
Domenico
Florio,
Lorenzo Frediani,
Giuseppe Scoditti,
con la partecipazione straordinaria di
Luciano Virgilio
e le musiche composte, arrangiate ed eseguite dal vivo dalla cantante
e violinista
H.e.r.,
una produzione
Teatro
di
Roma.
Un
Candide
“alla seconda” per un grande affresco senza tempo ricco di ironia
e suspense che smonta le certezze di ieri e di oggi, attraverso un
meccanismo teatrale che è un congegno a spasso fra le epoche. Autore
acclamato come il “nuovo arrabbiato”, fin dagli esordi con
Shopping
and fucking,
quando cominciò a imporre una nuova idea di drammaturgia, Mark
Ravenhill mette mano al Candide
nel
2013, ispirandosi all’opera
che Voltaire aveva composto nel 1759 come risposta indignata a coloro
che si erano convinti che il terremoto, che aveva raso al suolo
Lisbona quattro anni prima, fosse parte di un piano divino per il
bene dell’umanità. Mentre oggi il “terremoto” è rappresentato
da una crisi ideologica, culturale e politica, di identità, di
rappresentanza e di rappresentazione. Candide
è un ottimista, un sognatore convinto che tutto andrà per il
meglio, poi all’improvviso il mondo, che ha creduto il migliore
possibile, comincia a crollargli intorno. Due secoli dopo, Ravenhill
compone una cover dell’originale classico e ne fa uno strumento di
indagine del presente. Un canovaccio linguistico e narrativo con cui
interrogare l’idea di Occidente, mettendone
in ridicolo il pensiero e aggredendone le certezze con tragica
ironia, così come Voltaire demoliva quella che considerava l’idiozia
ideologica su cui si fondavano i poteri di Chiesa e Stato.
Un
gioco
scenico di
teatro nel teatro
di gusto shakespeariano che permette di avanzare una mossa nel gioco
della società
e far esplodere il tema del “futuro del nostro presente”. Sono 5
le
scene
e 2
le
storie
che corrono parallele, una nel passato l’altra nel presente per
incontrarsi in un improbabile futuro; a legarle i percorsi musicali,
i fili del pensiero e le parabole dei personaggi per un viaggio
attraverso i generi – la farsa, la commedia, la tragedia, il
musical – dove ogni capitolo è dedicato ad un diverso scioglimento
del pensiero di Voltaire: l’Occidente,
la sua ideologia e le sue strutture culturali e di potere; l’idea
di democrazia, le sue storture e le sue trappole.
“Candide
di Mark Ravenhill non è esattamente una riscrittura dell’omonimo
testo di Voltaire, ma una vera e propria trasposizione teatrale con
variazioni… Una stanza degli specchi è questo Candide di
Ravenhill: specchi che riproducono perfettamente o che deformano, e
che nella loro fedeltà tradiscono l’immagine originale, ma anche
nella loro distanza rivelano verità profonde e censurate. E non è
semplice dire a che epoca appartiene l’uomo Candide di Ravenhill,
anche perché nell’arco del testo del drammaturgo inglese, di
epoche se ne attraversano molte, ognuna confusa nell’altra, ognuna
in cui sembra rappresentarsene un’altra ancora – commenta
il regista Fabrizio Arcuri –
Appena si riconosce una geografia o un tempo della scena, già la
lingua o l’immaginario evocato sembrano sfuggirgli e portarci
altrove. Di certo c’è un’idea di civiltà che Ravenhill mette al
centro del suo lavoro e articola il tema del pensiero di Voltaire:
l’individualismo anarchico radicale come risposta
all’accelerazionismo ottimistico leibniziano”.
Resta
in Ravenhill la struttura del viaggio filosofico che diventa la
ricostruzione di una visione del mondo con cruenti
spaccati di realtà, storia, attualità e riflessione. Così, sulla
scena il testo prende avvio nel
‘700 con il primo
capitolo
che ospita un Candide
alla ricerca disperata della sua amata Cunegonda.
Una Contessa
lo accoglie nel suo palazzo dove gli viene rappresentata, in forma di
recita, la propria storia per convincerlo a restare con lei. Ma
rivedere la sua rappresentazione scatena in Candide
la voglia di cambiare la propria vicenda. Si passa ai giorni nostri
nel secondo
capitolo
ambientato in un albergo, da qualche parte in Europa. È il
compleanno di Sophie,
presenti tutti i familiari: è l’inizio di un’età adulta ma
anche la possibilità di farla finita. Candide
è qui presente in forma di parole, di sguardi, di squarci nella
realtà: nessuno è Candide,
ma tutti provano ad esserlo, Sophie
e poi la madre Sarah.
Siamo
ancora al presente nel terzo
capitolo
dove Candide
diventa l’ispirazione e insieme l’oggetto paradossale di un
racconto cinematografico: la madre di Sophie
riscrive la propria storia e racconta quel compleanno, affondando
nella crudezza e nel dolore, ma raccogliendo nella tragedia i segni
di un futuro possibile. Nel quarto
capitolo
ritroviamo il Candide
settecentesco che, fuggito dalla Contessa
alla ricerca della sua Cunegonda
e di un diverso modo di vivere, giungere a Eldorado: un “non-luogo
precapitalista” dove tutto sembra semplice e pacificato. Ma ancora
una volta, non rappresenta il mondo migliore per Candide
che fugge nuovamente verso il futuro.
Il
quinto
capitolo
è ambientato in un tempo posteriore, in un futuro indefinito, in cui
l’ottimismo è diventato una specie di “botulino” con cui
riempire l’anima. Rappresentante di questa nuova fase del pensiero
“post-occidentale” è ancora il vecchio maestro Pangloss
(suo
fido precettore),
morbosamente attaccato alla sua idea di quello che è “Bene”. In
questo futuro si incontrano Sarah,
la madre scrittrice, il Candide
settecentesco che era stato congelato, e una Cunegonde
di 400 e più anni: tutti insieme, a far finta di essere veri,
provando, ognuno a suo modo, a sfuggire all’impossibilità di
essere ancora vivi.
“Candide
diventa così l’incorporamento di un pensiero che prova
nevroticamente a sfuggire all’ideologia dominante rappresentata da
un Pangloss che sopravvive ai mutamenti storici. E Cunegonde a
rappresentare l’oggetto del desiderio, il simulacro di una
condizione umana migliore, e che con i suoi 400 anni di Storia ci
racconta di un’Europa vecchia e confusa in cerca di un ultimo bacio
–
continua il regista Fabrizio Arcuri – Non
bisogna compiere l’errore di pensare che questa sia solo un’altra
versione del Candide. Qui è di Candide di Voltaire che si parla e di
qualcosa molto vicino a noi: il pensiero occidentale moderno su cui
si sono costruiti i valori attuali, le immagini attuali del nostro
rappresentarci, che difendiamo o con cui entriamo quotidianamente in
conflitto. In fondo tutto si consuma sempre in quello spazio che si
crea tra ciò che siamo e quello che vorremmo essere e quindi come ci
rappresentiamo. È la regola del teatro moderno e tra i primi a
incorporarla nei suoi testi c’è Shakespeare. E Ravenhill gioca con
Shakespeare, con Candide e con noi, perché sa bene che le regole il
teatro le ha mutuate dalla vita”.
Mark
Ravenhill,
acclamata star della nuova scena inglese e columnist delle pagine
culturali del quotidiano “The Guardian”, ha debuttato come
drammaturgo nel 1995 con i monologhi Fist e His Mouth. Il successo
internazionale risale però all’anno successivo grazie a Shopping
and Fucking, messo in scena dalla compagnia Out Of Joint al Royal
Court Theatre di Londra. Il monologo The Product risale al 2005 e ha
segnato il debutto dell’autore sulla scena nelle vesti di attore.
Da sempre leader indiscusso della generazione dei “nuovi
arrabbiati” Ravenhill è autore di teatro, cinema e serie
televisive. Nominato Direttore Associato al London’s Little Opera
House a Head Theatre a Settembre 2010, ha giocato un ruolo attivo nel
rilancio del locale come terza Opera House di Londra con patron Sir
Jonathan Miller, Robin Norton Hale e il Direttore Artistico Adam
Spreadbury Maher. Nel 2012 Mark Ravenhill è diventato drammaturgo
residente della Royal Shakespeare Company.