Stagnini, ramai, spazzacamino:
qui al Parco la tradizione vive
Mestieri antichi e quasi dimenticati
sopravvivono tra le valli del Gran Paradiso grazie alla tenacia di abili
artigiani e a piccole cooperative. Scopriteli con noi.https://www.youtube.com/watch?v=yufuzMBRTsg
Cos’è un tombolo? Che cosa fa lo stagnino? E che cosa sono gli scapin?
Se
non siete esperti di antiche tradizioni artigiane e rurali, forse
avrete qualche problema a rispondere. Si tratta di mestieri e prodotti
tradizionali ormai dimenticati che, tra le valli del Parco Nazionale
Gran Paradiso sono ancora praticati o prodotti da rari artigiani:
scultori del legno, donne che creano delicati merletti, mastri vetrai
hanno saputo mantenere in vita una tradizione che proviene da tempi
ormai lontani e che, con i loro gesti antichi e ricchi di poesia, sanno
raccontare l’identità profonda del territorio.
Andiamo a scoprirli.
Magnin e ramai
Il
magning (il ramaio) produce oggetti in rame: paioli da polenta, caldaie
in rame cavo, padelle, fuiotti, teglie per la farinata, scalda bagna
cauda, mestolame, portaombrelli, cappe per camini o cucine, arredi per
chiese, oggetti ornamenti e suppellettili varie. Ogni fase del processo
produttivo è eseguita a mano, proprio come accadeva secoli fa: la
ricottura viene eseguita alla forgia con carbone di legna, la sagomatura
con il tornio, la cesellatura viene fatta con la con pece greca.
Anticamente
lo stagnino era un ambulante che riparava le pentole in rame e i vari
utensili da cucina, usando pezzi di stagno che aveva sempre con sé:
spostandosi di casa in casa, di paese in paese, questa figura diede
avvio nel 1600 al fenomeno dell’emigrazione stagionale. Gli stagnini
partivano infatti dalla Valle Soana per andare a lavorare in tutto il
Canavese, Eporediese e Torinese, spingendosi fino in Francia e Spagna e
facevano ritorno a casa solo nel periodo estivo, in tempo per il lavoro
dei campi.
Oggi a Pont Canavese Elio Ceretto mantiene viva la
tradizione della lavorazione del rame: visitare la sua bottega è un po’
come fare un salto indietro nel tempo.
Tel. +39.0124.85189 – Fax +39.0124.85189 – Email: Elio.ceretto@libero.it – Piazza Europa, 6 – Pont-Canavese (To)
Vetrai
Provenienti da tempi remoti anche il mestieri del vetraio e dell’ahcapinera.
Nella
seconda metà dell’ottocento, in Valle Soana comparvero i vetrai,
artigiani abilissimi che, per lavorare, si spostarono fino alla
Lombardia, nel Milanese, ma sopratutto in Savoia, in Svizzera e persino a
Parigi: la vita in valle era dura e un mestiere itinerante era garanzia
di sopravvivenza.
E proprio nella capitale francese, dove risiedeva
(e risiede ancora oggi) la più grande comunità Valsoanina, è stata
fondata nel 1906 la Società di Mutuo Soccorso Val Soanae.
Ahcapinere
Gli
ahcapin sono pantofole di panno a strati sovrapposti, trapuntati a mano
con fili di canapa dalle ahcapinere; la tomaia è di velluto ricamato
per gli ahcapin della festa, attaccata alla suola dalla parte interna o
dalla parte esterna. Queste speciali calzature fanno parte del costume
tipico della Valle Soana, composto da gonne ampie, camicie bianche,
scialle ricamati e varie decorazioni: le tchatre (Valsoanine) indossano
con orgoglio questi indumenti tradizionali, appartenuti alle loro ave e
tramandati di madre in figlia, come un bene prezioso di famiglia. Oggi
solo la signora Mariuccia, unica rimasta in valle a mantenere la
tradizione, li produce su ordinazione.
Le merlettaie di Cogne
La
storia dei merletti di Cogne ebbe inizio nel 1665, quando alcune
monache benedettine fuggite dal monastero di Cluny si rifugiarono in
Valle d’Aosta. Ospiti di alcuni comuni della Regione, esse insegnarono
alle donne del luogo l’arte del pizzo al tombolo. Nei secoli quest’arte
si è tramandata di madre in figlia unicamente attraverso l’insegnamento e
l’esperienza diretta ed è diventata una miracolosa testimonianza del
tenace attaccamento della gente valdostana alla tradizione.
Per
produrre queste piccole opere d’arte, le abili dita delle donne di Cogne
intrecciano motivi con il velocissimo gioco dei fuselli sul cuscino
circolare del tombolo (un cerchio, il “coessein”, imbottito conpaglia e
lana, sostenuto dal suo singolare “cavalot”, mobiletto in legno scolpito
col classico motivo del rosone, il monogramma di Cristo e l’anno di
fattura, nonché il nome della sua prima proprietaria): sul tombolo, a
cui il lavoro viene fissato con spilli dalla capocchia multicolore,
nascono straordinarie stilizzazioni di animali e fiori.
Cogne conta oggi 40 merlettaie riunite in cooperativa, con una produzione annua di circa 1.500 metri di ricercatissimo pizzo.
Info: Coop. Les Dentellières de Cogne – Rue Doct. Grappein, 50 – COGNE (AO) – Telefono: 0165.749282
E-mail: dentelles_cogne@yahoo.it
Scultori del legno
Certamente
il mestiere più tipico, che viene immediatamente associato alla
montagna, è quello dell’artigiano del legno. Tipica della Valle d’Aosta
la produzione di piatti, mortai, ciotole, taglieri, bassorilievi e
oggetti vari, ma soprattutto della grolla (o coppa) dell’amicizia, il
più famoso e ricercato oggetto dell’artigianato tipico locale. Il
termine grolla deriva da “graal”, che in lingua d’oil significa appunto
calice. Simbolo di amicizia e fraternità, la grolla viene usata durante
le occasioni conviviali: questa ciotola in legno, dotata di tanti
beccucci, viene riempita di caffè e grappa e passata di mano in mano tra
i vari convitati, che bevono a turno. In passato era riservata alle
occasioni speciali e conservata come preziosa reliquia, da tramandare di
padre in figlio: simbolo della famiglia, la grolla era tanto più
sfarzosa e decorata quando maggiori erano le possibilità economiche del
proprietario. http://www.lesamisdubois.com/
Sul versante piemontese
del Parco c’è poi un vero e proprio scultore, Marco Rolando, che nella
sua bottega intaglia e scolpisce oggetti di uso quotidiano e vere e
proprie opere d’arte a punta di coltello: se siete curiosi di saperne di
più o volete partecipare a corsi di intaglio del legno visitate il suo
sito www.marcorolando.com
Un mestiere antico, ormai scomparso, è quello dello spazzacamino.
In
Valle Orco gli spazzacamini arrivavano a novembre e ripartivano a
maggio: piccoli gruppi composti da un capo, il pudròc, e da uno o più
ragazzi, i gògn, in genere di 6-7 anni, si occupavano di tenere puliti i
camini e le canne fumarie delle abitazioni dei valligiani. Proprio ai
bambini toccava la parte più ingrata e faticosa del lavoro: la
corporatura minuta consentiva loro di essere spinti su per la canna
fumaria, che dovevano accuratamente scrostare dalla fuliggine. Lo
spazzacamino indossava “lu gich”, un giubbotto con il colletto alla
russa, alto e ben aderente, e una camicia di tela ben chiusa ai polsi in
modo da non far entrare la fuliggine durante la pulizia del
camino/fornello (bòrna). Altro accessorio fondamentale era il “bartun”,
un berretto a forma di sacchetto che si metteva sulla testa e consentiva
di respirare senza ingoiare troppa fuliggine.
Per scoprire altre
curiosità sul rapporto tra lavoro e territorio montano, vi consigliamo
di visitare il Centro Visitatori di Locana: tutte le info su http://www.pngp.it/visita-il-parco/centri-visitatori/locana-antichi-e-nuovi-mestieri
Per informazioni: www.pngp.it