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PARTISAN
Regia di Ariel Kleiman
Con Vincent Cassel, Nigel Barber, Jeremy Chabriel
Australia – 98’
Dal 27 agosto 2015 al cinema
SINOSSI BREVE
Gregori è il leader carismatico di un gruppo di donne e bambini maltrattati, il loro protettore e il loro
mentore. Tra le attività ordinarie e quotidiane che insegna ai bambini, c’è anche l’omicidio. I
problemi sorgono quando Alexander, figlio adottivo prediletto di Gregori, mette in discussione la
sua autorità. Il piccolo Alexander è come ogni altro bambino: ingenuo, curioso, sveglio. Ma è
anche un assassino perfettamente addestrato. Con ritmo incalzante, Partisan cattura lo spettatore
dentro un mondo claustrofobico, governato da un codice morale deformato, dove lo sguardo si
apre su visuali sconcertanti e il respiro viene a mancare.
SINOSSI LUNGA
Alexander è il maggiore di numerosi bambini che vivono in una struttura situata nella periferia di
una piccola cittadina. Tra le mura di questa struttura, Alexander è stato cresciuto da un patriarca
solitario di nome Gregori (Vincent Cassel), sua madre Susanna e un gruppo di donne – madri degli
altri bambini e tutte parte della sua famiglia estesa.
Gregori è una figura misteriosa, carismatica e affascinante. Ha creato un porto sicuro e nel corso
degli anni ha ampliato la sua famiglia estesa, offrendo ai vari “reclutati” un’alternativa idilliaca alla
realtà infernale che secondo lui si trova al di là delle mura della struttura. È un mondo colorato ed
energico, dove la libertà di espressione e la creatività sono incoraggiati tramite educazione aperta
e notti al karaoke. Ma è anche un ambiente completamente e totalmente chiuso in se stesso.
Alexander è come ogni altro ragazzino: giocoso, curioso e un po’ ingenuo. Ma è anche un killer
perfettamente addestrato.
Educati a fare affidamento solo sugli insegnamenti dei loro genitori, Alexander e i suoi coetanei
abbandonano la tranquillità e la sicurezza della loro comunità per eseguire gli ordini di Gregori.
Nonostante la loro naturale freddezza, ai loro occhi le loro missioni da assassini hanno sempre
avuto un’apparente innocenza e i bambini non hanno mai compreso appieno la gravità delle loro
azioni. Atletico, sveglio e il preferito di Gregori, Alexander festeggia il suo undicesimo compleanno.
Pochi giorni dopo, Gregori torna alla struttura con Rosa, una fragile e giovane madre che è stata
isolata dal mondo esterno. Rosa si unisce alla comunità insieme al suo figlio appena nato e al suo
figli undicenne, Leo.
È chiaro sin dal primo momento che Leo è diverso dagli altri bambini, sia a livello emotivo che
sociale. Ha passato molto tempo nel mondo esterno e disobbedisce a ogni singola parola di
Gregori. Posto di fronte a un atto spregevole, Leo reagisce e si ribella a Gregori di fronte all’intera
comunità. Non avendo mai assistito a un simile comportamento, Alexander è sia stupito che
incuriosito dall’accaduto.
Quando Leo nei giorni successivi scompare, Alexander si sente tradito e confuso. Cominciando a
ragionare autonomamente, inizia a mettere in discussione gli insegnamenti di Gregori – comprese
le sue missioni da killer. All’avvicinarsi del suo dodicesimo compleanno, Alexander vede gli
insegnamenti di Gregori su cosa è giusto e cosa sbagliata sotto una luce completamente nuova,
finché la tensione tra i due non porta Alexander a compiere un atto tragico e irrevocabile.
IL REGISTA ARIEL KLEIMAN
Nel 2010, i cortometraggi che Ariel Kleiman aveva girato al Victorian College of the Arts in
Australia iniziarono a ricevere le attenzioni del pubblico mondiale. La sua assurda storia d’amore,
Young Love, fu proiettata nel 2010 al Sundance Film Festival dove vinse una Menzione d’Onore
per il Miglior Cortometraggio.
Un paio di mesi dopo, il suo film di diploma da 20 minuti, l’epico dramma sottomarino Deeper
Than Yesterday, è stato presentato in anteprima mondiale alla Settimana della Critica di Cannes
e ha vinto il Kodak Discovery Award per il Miglior Cortometraggio e il Petit Rail d’Or. Il talento di
Ariel è stato evidente anche nella selezione ufficiale di Cannes 2010, con il corto Muscles.
Deeper Than Yesterday è stato distribuito e ha vinto premi nei più prestigiosi festival
cinematografici del mondo, compreso il Sundance 2011 dove ha ricevuto il Premio della Giuria.
PARTISAN è il primo lungometraggio di Ariel Kleiman. La sceneggiatura del film, co-scritta con la
collaboratrice e ragazza Sarah Cyngler, è stata premiata dal Sundance Institute nel 2012 con il
Mahindra Global Filmmaking Award, un riconoscimento assegnato in tutto il mondo a quattro
filmmaker indipendenti emergenti. Kleiman è anche stato invitato a presentare il progetto al
prestigioso Sundance Director’s and Screenwriters Lab.
DICHIARAZIONI DEL REGISTA
Non ho mai compreso il motivo per cui decido di raccontare certe storie piuttosto che altre, ho
sempre seguito un percorso più istintivo. Ragionandoci a posteriori, ho capito che ogni film che ho
girato è nato a partire da un’immagine surreale.
All’inizio del 2010, mi sono imbattuto in un articolo del New York Times che parlava della
compravendita di bambini assassini in Colombia, i cosiddetti “sicarios”. Al di là della natura
orrorifica delle storie e delle azioni commesse da questi bambini, non saprei dire perché mesi dopo
l’immagine di un bambino che sparava a un uomo adulto fosse rimasta nella mia testa così
ostinatamente. Finché ho letto per caso una citazione di uno dei miei eroi del mondo del cinema,
Luis Buñuel, il maestro del surrealismo, che aveva detto una frase tipo “non riesco a immaginare
un’immagine più surreale di un uomo che spara a un altro uomo”.
Era una dichiarazione piuttosto semplice ma più ci pensavo, più sentivo la profonda sensazione
che avrei dovuto trasformare in un film ciò che sentivo nelle mie viscere. Sapevo sin dall’inizio che
non volevo raccontare una storia che parlasse specificamente dei sicarios colombiani. Volevo
liberare la loro storia di tutti i fattori economici e socio-politici inerenti a quella precisa realtà.
Volevo raccontare una storia molto semplice e umana; qualcosa di universale, ambizioso e mitico
sulla relazione tra ragazzini e adulti; sugli adulti che vedono il mondo in un certo modo e cercano
di trasmettere la loro visione ai loro figli. Una storia sul potere del pensiero indipendente e sulla
tragedia di bambini a cui non è permesso vedere il mondo attraverso occhi sereni e ottimisti.
Mentre scrivevamo PARTISAN, io e Sarah abbiamo spesso pensato al film come fosse una fiaba;
e sotto diversi punti di vista effettivamente si tratta della fiaba del Pifferaio Magico. Nella nostra
versione, lo strumento ipnotico di Gregori non è un piffero ma la sua bocca. Gregori è arrabbiato,
infuriato con il mondo intero e, quasi per vendicarsene, allontana dalla società queste madri e i
loro figli. È un po’ come se PARTISAN riprendesse la storia dal momento in cui i bambini sono
stati portati nella caverna del Pifferaio. Lì, il Pifferaio elargisce insegnamenti e li incoraggia a
odiare la gente esattamente quanto la odia lui. Gregori ottiene questo risultato con la scusa che la
vita in questa “caverna” è più felice e sicura, ma tutto deriva dalla sua stessa anima danneggiata.
L’undicenne Alexander è in quel momento della sua vita in cui inizia a pensare indipendentemente
e PARTISAN è in gran parte narrato dal suo punto di vista emotivo. Il pubblico si unisce ad
Alexander nel suo viaggio fuori dall’infanzia, condivide la sua adorazione e il suo amore per
Gregori, il suo benessere all’interno della struttura, la sua paura per il mondo esterno e coloro che
vi abitano e la sua confusione nel momento della presa di coscienza.
Vorrei che ogni film che giro portasse il pubblico a fare un viaggio. Adoro quando un film ci lancia
in un mondo strano, estremo e imprevedibile. Nonostante questo mondo sia ben distante dalla
nostra vita di tutti i giorni, ci connettiamo e ci mettiamo in relazione immediatamente con le
emozioni che si dipanano sullo schermo. È questa esperienza la cosa che in assoluto amo più del
Cinema.
LO SVILUPPO DEL FILM
Le produttrici di Warp Films Australia Sarah Shaw e Anna McLeish hanno incontrato lo
sceneggiatore e regista Ariel Kleiman nel 2010, in seguito al successo del suo cortometraggio
Young Love, che aveva appena vinto una menzione d’onore al Sundance Film Festival. Sulla
base anche delle sue altre opere (il suo corto successivo, Deeper than Yesterday ha vinto il Petit
Rail d’Or e il Kodak Discovery Award per il miglior cortometraggio al Festival di Cannes del 2010 e
il Gran Premio della Giuria al Sundance 2011), le produttrici hanno commissionato ad Ariel e alla
sua compagna sceneggiatrice Sarah Cyngler il loro primo lungometraggio, ispirato da un articolo di
giornale e volto a esplorare il concetto di innocenza rubata.
Anna McLeish ricorda: “Il concetto che esiste un’innocenza, un’innocenza infantile che è rubata e
distorta dagli adulti, e la responsabilità che gli adulti hanno nei confronti dei bambini e di ciò che gli
insegnano… Questo concetto ci affascina tutti, soprattutto se declinato nel contesti di una
comunità chiusa, che si voglia chiamare un culto, una famiglia estesa, o una comune. C’è
qualcosa di affascinante nell’idea di comprendere come deve essere vivere questa esperienza per
un bambino”.
Ariel Kleiman parlando della sceneggiatura ha dichiarato: “Io e Sarah volevamo raccontare una
storia molto semplice ambientata in un mondo impressionista, su un bambino che impara dagli
adulti sia come si ama che come si odia. Una storia che ben presto è diventata la storia di un
ragazzo in particolare, Alexander, e di Gregori, l’uomo che ha dato forma alla sua realtà.”
Il processo completo dal concept iniziale alle riprese è durato all’incirca tre anni, dal 2010 al 2013.
La sceneggiatura di PARTISAN è stata premiata dal Sundance Institute nel 2012 con il Mahindra
Global Filmmaking Award, un riconoscimento assegnato in tutto il mondo a soli quattro film.
IL CASTING
Sin dall’inizio, allo scopo di conferire al film quel carattere impressionista alla “terra di nessuno”,
per interpretare le donne e i bambini della struttura il team creativo ha deciso di utilizzare un cast
di non-attori o attori alle prime armi provenienti da vari contesti culturali.
La responsabile per il casting Allison Meadows di Mullinars è stata incaricata di trovare non-attori
che riuscissero a portare al loro ruolo “una verità e un’umanità incredibili”, nelle parole della
produttrice Anna McLeish. “Il casting è stato complesso e su ampia scala, per trovare i giusti
bambini e le giuste donne che avessero l’inglese come seconda lingua, ma che provenissero da
una grande varietà di contesti culturali ed etnie. Sebbene gran parte del casting si sia svolto in
Australia, c’è stata un’attenzione particolare per le scuole ESL (scuole che hanno l’inglese come
seconda lingua) e i nuovi immigrati, lavorando fianco a fianco con diverse comunità etniche di
Melbourne e Sydney”.
Il casting di Gregori
Vincent Cassel si è unito al cast in un secondo momento. Dopo aver letto la sceneggiatura di
PARTISAN e aver visto Deeper than Yesterday, Vincent ha spiegato che, “è stata una delle cose
più misteriose e interessanti che io abbia mai visto. Penso che lo stile di regia di Ariel sia molto
elegante e raffinato. Prima che cominciassero le riprese, ci siamo incontrati un paio di volte solo su
Skype, ma è subito nata un’intesa”.
Dal punto di vista di Ariel Kleiman, scegliere Vincent Cassel per il ruolo di Gregori era
“assolutamente perfetto, quasi scontato. Sarebbe in grado di interpretare un gran numero di
personaggi dark e malvagi, ma a me interessava esplorare un lato di Vincent più tenero e
vulnerabile, che in Gregori si accompagna alla virilità e al potere e al controllo e al senso di
minaccia. Credo che Vincent abbia saputo splendidamente portare al suo personaggio tutte queste
differenti sfumature”.
Vincent è subito diventato un punto di riferimento per i 15 bambini del cast e li ha aiutati a tirare
fuori le loro migliori performance con incredibile generosità. “Mi sono divertito molto con loro”,
ricorda Vincent, “Quando sul set ci sono dei bambini, soprattutto se sono ben 15, non sai mai cosa
succederà. A volte se ne venivano fuori con reazioni davvero sorprendenti e carine. Girare con dei
bambini in un certo senso è più semplice, perché devi solo osservare e lasciarti andare”.
Il casting di Alexander
La ricerca dell’attore che interpretasse l’undicenne Alexander è stata una sfida difficile. Al di là
della disponibilità per le riprese, i produttori e il regista cercavano delle caratteristiche molto
specifiche.
“Il personaggio di Alexander”, spiega Ariel Kleiman, “è molto maturo e saggio per l’età che ha, e ha
affrontato esperienze che la maggior parte dei ragazzini della sua età non hanno vissuto.
Dovevamo trovare un ragazzino notevole, qualcuno capace di catturare questa caratteristica
mantenendo però un aspetto innocente e vulnerabile. Inoltre avrebbe dovuto recitare in
contrapposizione a Vincent Cassel, quindi occorrevano una presenza e un carisma tali da non
farlo passare in secondo piano rispetto a Cassel. Mentre cercavamo Alexander, ho guardato video
e foto di numerosi atleti bambini. C’era qualcosa nei loro occhi – la loro infanzia era stata
caratterizzata da una disciplina e un grado di responsabilità che era, secondo me, un po’
innaturale per i ragazzini della loro età.
In particolare, c’era questa serie di ritratti del fotografo Michal Chelbin su questi piccoli lottatori
ucraini – alcuni avevano solo otto o nove anni. Quando ho visto il provino di Jeremy, ciò che mi ha
colpito è che lui avrebbe potuto benissimo essere uscito da una di quelle immagini. Ha questa
maturità e questa fisicità, ma anche una profonda sensibilità. La sua audizione è stata molto
grezza, naturale e priva di filtri e ha subito attirato la mia attenzione.
Viveva a Sidney e frequentava una scuola francese, ed è così che l’abbiamo trovato. Sono andato
fino a Sidney per incontrarlo e ho capito rapidamente che è un ragazzo decisamente speciale e un
attore naturale”.
Per tutta la durata dei provini, Ariel ha passato molto tempo sia con i singoli attori, in particolare
con Jeremy Chabriel (Alexander) e Florence Mezzara (Susanna), ma anche con il cast al completo
per assicurarsi che su schermo si sviluppasse la giusta dinamica tra donne e bambini.
L’esperienza è stata molto piacevole per Jeremy e recitando in opposizione a Vincent Cassel, tra i
due si è creato un legame molto forte.
“Jeremy è stato molto professionale e concentrato”, riferisce Cassel, “ha un talento naturale. È
molto bello e ha uno sguardo forte. Ha capito molte cose nel corso delle riprese, il modo in cui
parla sul set e le domande che fa sull’inquadratura… credo che abbia davvero capito come
funziona ora.”
VINCENT CASSEL
Vincent Cassel è un attore prolifico e importante, noto per la coraggiosa scelta dei ruoli e la forte
immedesimazione nei suoi personaggi.
Il 2014 per Cassel è stato un anno impegnativo, tra Polisse, il film di Maïwenn vincitore del premio
della Giuria al Festival di Cannes, e Il racconto dei racconti con Salma Hayek, diretto da Matteo
Garrone (Gomorra, Reality, entrambi vincitori del Grand Prix al Festival di Cannes). Cassel ha
anche interpretato la Bestia nell’adattamento de La Bella e la Bestia diretto da Christophe Gans,
con Lea Seydoux nel ruolo della Bella. Era anche nel cast di Child 44, di Daniel Espinosa, un
adattamento del romanzo di Tom Rob Smith.
Nel 2013, Cassel ha preso parte a Il Monaco, di Dominik Moll, una storia ambientata nel
diciottesimo secolo basata sul romanzo gotico di Matthew Lewis che racconta l’ascesa e il tragico
declino del frate cappuccino Ambrosio, un rispettato monaco spagnolo. Vincent ha anche recitato
nell’attesissimo thriller di Danny Boyle, In trance, insieme a James McAvoy e Rosario Dawson.
Nel 2010 Cassel è stato visto ne Il cigno nero, di Darren Aronofsky, candidato al Premio Oscar, ai
Golden Globe, ai Critic’s Choice Award e agli Independent Spirit Award come Miglior Film e al
premio della Screen Actor Guild per il miglior cast. Prima de Il cigno nero, Cassel era nel cast di
Nemico pubblico N. 1 – L’istinto di morte e Nemico pubblico N. 1 – L’ora della fuga di Jean-
Francois Richet. Acclamati dalla critica, i due film sono stati un successo commerciale in Francia e
si sono aggiudicati dieci nomination ai più importanti premi del cinema francese, i premi César,
vincendo quelli per il miglior attore e il miglior regista. Per la sua interpretazione, Cassel ha
ricevuto gli onori per il Miglior Attore ai Lumiere Awards, all’Etoile D’Or e al Tokyo International
Film Festival.
Cassel ha iniziato la sua carriera da attore nel 1988 con ruoli minori in tv e al cinema. Nel 1995 ha
lasciato il segno recitando nell’acclamatissimo L’odio, di Mathieu Kassovitz, in cui interpretava un
giovane problematico della periferia povera di Parigi. Per la sua performance, Cassel ha ricevuto
le sue prime nomination ai premi César, come Miglior Attore e Miglior Nuova Promessa.
Dopo questa interpretazione, Cassel è apparso in oltre trentacinque film tra Francia e Stati Uniti.
Tra i più noti film francesi si segnalano L’Appartamento di Gilles Mimouni, Irréversible di Gaspar
Noe, Dobermann di Jan Kounen e Sulle mie labbra di Jacques Audiard, per cui ha ricevuto la
sua terza nomination ai premi César.
Tra i film in lingua inglese in cui è apparso, Jefferson In Paris di James Ivory, Elizabeth di
Shekhar Kapur, Giovanna d’Arco di Luc Besson, I fiumi di porpora di Mathieu Kassovitz, Il
patto dei lupi di Christophe Gans, The Reckoning – Percorsi criminali di Paul McGuigan,
Shrek di Andrew Adamson, Blueberry di Jan Kounen, Derailed – Attrazione letale di Mikael
Håfström e La promessa dell’assassino e A Dangerous Method di David Cronenberg. Ha
anche preso parte a Ocean’s Twelve di Stephen Soderbergh, in un ruolo poi ripreso in Ocean’s
Thirteen.
Cassel vive tra Parigi, Londra, Roma e Rio de Janeiro.
INTERVISTA AD ARIEL KLEIMAN – Regista
Parlaci del tuo background artistico
Sono stato alla VCA per tre anni e ho fatto più di otto film e per fortuna il mio film del secondo
anno, Young Love, e il mio film di diploma, Deeper Than Yesterday, hanno ricevuto attenzioni in
alcuni festival e mi hanno fatto notare da compagnie come la Warp, dando un’idea di quello che
sarei stato capace di fare con un lungometraggio.
Qual è stata la fonte di ispirazione per Partisan?
L’ispirazione è venuta da un articolo che io e Sarah, la mia co-sceneggiatrice, abbiamo letto sul
New York Times riguardo un giovane assassino colombiano – un quattordicenne che faceva parte
dei “sicarios” in Colombia – e l’articolo era un ritratto molto intimo di questo ragazzo e del suo
lavoro ed era molto onesto e diretto, e c’era qualcosa in quell’articolo che ci ha colpiti
profondamente. Si trattava soprattutto del modo in cui questo ragazzino parlava di quel che faceva
e il totale distacco che aveva con ciò che quegli uomini lo stavano convincendo a fare, vale a dire
uccidere persone per denaro. E nello stesso periodo ho visto il film “Cria cuervos”, di Carlos Saura.
“Cria cuervos” significa “allevare corvi” e richiama un vecchio proverbio spagnolo che recita “se
allevi dei corvi, prima o poi ti caveranno gli occhi” e questo film ha avuto un forte effetto su di me.
Questi due pensieri si sono uniti e hanno acceso una scintilla. Sin dall’inizio io e Sarah sapevamo
di non voler raccontare le vite di quei ragazzini colombiani. Invece, volevamo liberare quella
vicenda dal suo contesto politico e socio-economico e raccontare una storia molto semplice, come
una fiaba, un mondo impressionista sulla crescita e sul ruolo dei genitori. A partire da quella
scintilla ci siamo spostati molto in fretta sulla storia di questo ragazzo, Alexander, e di Gregori,
l’uomo che ha dato inizio alla sua visione del mondo.
Perché hai voluto girare questo film?
Credo che ci interessasse il rapporto genitori-figli su un piano molto basilare: il modo in cui i
genitori cercano di crescere i propri figli nel migliore dei modi. Con tutti i miei film mi piace porre il
pubblico in un mondo estremo, in cui accadono cose estreme, ma con cui possono relazionarsi su
un piano molto semplice e umano. In questo caso il tema sono i genitori che cercano di crescere i
propri figli nel migliore dei modi, ma la tragedia è che li crescono attraverso il filtro di tutte le
proprie paure, la propria rabbia e le proprie insicurezze.
Quanta ricerca avete svolto prima di girare il film?
Un sacco di ricerca! Ci sono molte cose che ci hanno colpito e sono finte nel film, ma non si
trattava di ricerche specifiche sui culti o sulle comunità chiuse, era l’ultimo dei nostri interessi.
Piuttosto, abbiamo svolto una ricerca approfondita sui personaggi misantropi. Abbiamo viaggiato
molto nell’Europa dell’Est e in Asia. E credo che quei viaggi siano stati il miglior tipo di
documentazione possibile per questo film.
Volevamo ambientare il film in una terra geograficamente non definitiva e quasi per caso abbiamo
fatto un viaggio – a metà strada tra una vacanza e un’avventura – in Georgia, perché i miei genitori
sono cresciuti in Ucraina e io e Sarah eravamo in Europa e volevamo visitare un posto diverso.
Mia madre da giovane passava le vacanze in Georgia, in visita da sua zia, e parlava sempre di
questo posto bellissimo… così siamo andati in Georgia e abbiamo incontrato questo lontano amico
di famiglia, senza denti! Era un fotografo e non parlava inglese, mentre io masticavo appena il
russo. Ci ha mostrato Tbilisi e ci siamo innamorati di quel posto… Era il 2010, quando abbiamo
iniziato a scrivere Partisan, e la Georgia sembrava proprio il luogo che stavamo cercando. Era
questo miscuglio di architetture diverse, una terra magica, con tutti questi rampicanti che venivano
fuori dagli edifici ed era davvero in rovina per via della recente guerra con la Russia, era tutto rotto
e c’era una specie di grandezza sbiadita. Quel viaggio è stato di grande ispirazione per
l’ambientazione di Partisan e nei tre anni successivi ci siamo tornati spesso. E alla fine abbiamo
fatto lì anche parte delle riprese.
Qual è stato il tuo approccio visivo al film?
La cosa più importante del complesso in cui vivono Gregori e i bambini era che apparisse molto
isolato. Quindi dovevamo trovare un edificio con un cortile – che era una parte importante della
sceneggiatura – e dovevamo trovare quello stile architettonico a Melbourne. E l’abbiamo trovato al
Morning Star State di Mount Eliza e il cortile e ciò che c’era già costruito intorno sono stati una
grossa fonte d’ispirazione su come doveva essere il complesso. Ma il complesso è una creazione
di Gregori, quindi doveva essere esattamente come Gregori lo avrebbe voluto, doveva essere un
luogo accogliente e colorato. A conti fatti Gregori sta cercando di vivere l’infanzia che gli è stata
negata, quindi è un luogo pieno di gioia, di giochi… e oltre a tutto questo c’è la presenza delle
madri, e la loro influenza estetica, e dei ragazzini, ed è tenendo a mente tutte queste cose che
abbiamo realizzato il complesso. Chiaramente nel realizzarlo – grazie anche ai nostri viaggi
nell’Europa dell’Est e in Asia – ci siamo trovati attratti da uno stile particolare, quella combinazione
stupefacente di organico e sintetico che si trova in quei posti: bellissimi spazi verdi e piante che si
alternano a colori irreali e design sintetici. In realtà tutto è dipeso molto dai personaggi. Le riprese
del mondo “esterno” effettuate in Georgia… siamo stati subito attratti dall’architettura brutale in cui
ci siamo imbattuti in quelle città e quell’architettura rappresentava visivamente la brutalità del
mondo esterno di cui parla Gregori, e quando usciamo dal complesso vediamo attraverso la
prospettiva emotiva di Alexander l’oscurità di questo mondo, in aperto contrasto con ciò che
Gregori ha creato all’interno.
Com’è stato effettuare le riprese in Georgia?
È stato spettacolare… dovunque ti giravi c’era qualcosa di stupendo da riprendere. Eravamo
arrivati dall’Australia con una troupe molto piccola, la troupe principale, e poi abbiamo lavorato con
una troupe georgiana ed è stato come un sogno. Ciò che succedeva durante le riprese a volte era
ancora più coinvolgente delle scene che stavamo girando. Un’energia simile può trasferirsi al film.
Alla fine in Georgia abbiamo girato solo per una settimana, ma a vedere il film finito è una parte
piuttosto consistente della trama.
Perché avete scelto Vincent Cassel per il ruolo di Gregori?
Beh, era una scelta ovvia! Era perfetto per il personaggio come lo abbiamo scritto, so che ha
interpretato molti personaggi dark e malvagi, ma io ero più interessato nel suo lato più tenero, il
suo lato più vulnerabile che volevo trasmettesse in Gregori insieme alla virilità, al potere, al senso
di controllo e di minaccia. E credo che Vincent sia riuscito a rendere il ruolo così splendidamente
umano!
Puoi descrivere il ruolo di Alexander e il casting di Jeremy?
Alexander è l’eroe del film, praticamente è in ogni scena e trovare qualcuno in grado di
interpretarlo è stata una bella sfida, perché è un ruolo difficile. È molto maturo, Alexander, molto
saggio per la sua età, ha vissuto esperienze che il 99,95% dei ragazzini non hanno vissuto. Quindi
stavamo cercando un ragazzino notevole, che oltretutto doveva recitare in contrapposizione a
Vincent Cassel, quindi doveva avere una forte presenza scenica. Praticamente, doveva avere una
presenza scenica equivalente a quella di Vincent! E inoltre cercavamo un ragazzino che avesse un
accento, sempre nell’ottica di creare questa terra non definitiva geograficamente anche tramite
una mescolanza di accenti ed etnie, e una volta scelto Vincent ci siamo messi a cercare qualcuno
con un accento simile e ovviamente questo, in Australia, riduce di parecchio le opzioni!
Sono andato a incontrarlo a Sidney e ho subito capito che è un ragazzo molto speciale, molto
saggio per la sua età, maturo, sensibile e un performer incredibilmente naturale.
Perché hai usato tanti attori alle prime armi?
Sono attratto dal caos, dall’imprevedibilità e dalla follia… e quando ci sono di mezzo dei ragazzini
non potrebbe andare altrimenti. Non ho nulla contro gli attori professionisti, è che sono attratto
dalle personalità reali, e questo si vede anche nei miei cortometraggi, dove sono tutti attori alle
prime armi. C’è un senso di verità in questo, qualcosa di improvviso e imprevedibile ed è un modo
di recitare molto diverso. Ho pensato che mettere a confronto un attore esperto come Vincent con
questi folli ragazzini e queste persone reali avrebbe creato qualcosa di imprevedibile e magico.
Come pensi che il pubblico reagirà al personaggio di Gregori?
Sarà affascinante, ma non saprei proprio! Secondo me è stato interpretato da Vincent con
un’umanità e un calore incredibili, ed era stato pensato proprio così… nel film fa delle cose
davvero orribili, ma penso che a modo suo Gregori sia molto umano e che le sue motivazioni siano
molto paterne. E credo sia evidente, soprattutto nella scena finale, che è una persona molto
vulnerabile e danneggiata e umana, e penso sia impossibile non provare empatia per qualcuno
che ha delle motivazioni così umane e paterne.
Come pensi che la gente reagirà quando vedrà Partisan?
Spero gli piacerà il senso di mistero del film, questo mondo in cui il film li getterà e i personaggi
che conosceranno. Spero che riescano a connettersi con Alex e con le dinamiche del film, e
magari che si connettano con il film stesso, non tanto con la violenza o il contesto, ma più con il
suo nucleo umano, quella storia universale che è al centro del film.
CREDITS
Presentato da Screen Australia e Animal Kingdom
una produzione Warp Films Australia
Protagonist Pictures
Film Victoria
e DDP Studios
REGIA
Ariel Kleiman
SCENEGGIATURA
Ariel Kleiman & Sarah Cyngler
PRODOTTO da
Anna McLeish & Sarah Shaw
PRODUTTORI ESECUTIVI
Frederick W. Green
Joshua Astrachan
David Kaplan
PRODUTTORE ESECUTIVO
Nigel Williams
CON
Vincent Cassel
Jeremy Chabriel
Florence Mezzara
DIRETTORE DELLA FOTOGRAFIA
Germain McMicking
MONTAGGIO
Jack Hutchings Chris Wyatt
SCENOGRAFIE
Steven Jones-Evans APDG & Sarah Cyngler
COSTUMISTI
Maria Pattison & Sarah Cyngler
SONORO
Robert Mackenzie
MUSICHE
Daniel Lopatin
SUPERVISORE COLONNA SONORA
Matt Biffa
CASTING
Allison Meadows
Mullinars Consultants
MAKEUP e HAIR STYLIST
Angela Conte
PRIMO ASSISTENTE ALLA REGIANathan Croft
I WONDER PICTURES
Il progetto I Wonder Pictures è un innovativo sistema di distribuzione nato nel 2013 con la volontà
di promuovere il meglio della produzione internazionale di cinema documentario che un pubblico
sempre maggiore vuole nelle sale italiane. Forte della stretta collaborazione con l’ormai ampia e
consolidata realtà cinematografica di Biografilm Festival, ha nel suo listino il meglio del
documentario di qualità e del biopic. I Wonder Pictures offre un punto di vista privilegiato sulla
cultura e l’attualità, garantendo al pubblico e all’esercizio continuità di prodotto e un’accurata
selezione di titoli.
www.facebook.com/iwonderpictures